Il blog di Mirella Marabese Pinketts

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Mi presento, mi chiamo Mirella Marabese Pinketts e sono la Presidente dell’Associazione culturale Andrea G. Pinketts.

Benvenuti a tutti voi che darete lievito alle mie parole dove è dominante l’emozione.

Sì, sono la madre di Andrea Pinketts. Al suono di questo nome vedo la maggior parte di voi trasalire. Un nome conosciuto e diffuso. La genialità non è ascoltare, interessati, incuriositi, all’eco di questo messaggio perchè è tale e non è un comunicato.



Anche i giganti sono fragili

Io penso che i ricordi siano il patrimonio dell'anima che sulla scia di emozioni antiche rivive episodi, avvenimenti, parole, anche solo sussurri.

Oggi, giornata nella quale la pioggia infuria e l'eco di un tempo passato per quanto è successo in Emilia Romagna, ci intristisce e impaurisce. Penso alla desolazione di chi ha perso tutto, mi riporta a un ricordo che si unisce al timore che è ormai una certezza dell'addio di noi milanesi a un simbolo color lilla che sta per lasciarci. Così, come accade sempre nella mia vita, mi lascio impadronire dai ricordi, dalla nostalgia, dal rimpianto.

Il nostro balcone, Andrea, dove quelle piante fiorite spadroneggiano in una miriade di colori, di profumi, di messaggi, sì, perché le piante parlano a chi le sa ascoltare.

Allora avevamo insieme acquistato al mercato di zona una pianta di glicine. Ne eravamo rimasti affascinati. Tu condividevi con me l'emozione di quella magia che nasce dal linguaggio dell'anima. Portammo a casa questo alberello e giorno dopo giorno ne seguimmo la crescita, la fragilità, il profumo avvolgente di una unicità che dura nel tempo. Appunto, il tempo inesorabile che allontanò te fanciullo, preso dal ritmo travolgente della vita ludica, dalla magia delle piante e dei fiori ed io rimasi sola a seguire la loro evoluzione, il loro sfiorire, il loro spegnersi.

Anche il nostro piccolo glicine seguì l'inesorabile trascorrere del tempo e si spense durante un'estate torrida. Ma io, anche oggi, ho ricordato. Non dimentico nulla di come e quando abbiamo vissuto insieme. Mi hanno aiutato i quotidiani che hanno scritto dell'esistenza di un glicine vecchio di quasi cent'anni, meraviglioso del suo vigore e splendore che negli anni ha attecchito e che è diventato il punto d'incontro fulgido, profondo e possente di noi milanesi.

È un pezzo della nostra città, della nostra storia, anche la mia, perché io conobbi per ragioni di lavoro e frequentai il Circolo Volta, sede dei membri degli ex combattenti e reduci.

Ho un luminoso ricordo del presidente di questo circolo che mi coinvolse in varie iniziative sociali e mi gratificò della sua stima. Questo avvenne molti anni fa, il glicine allora regnava sovrano dando a piazza Baiamonti un alone lilla che spandeva la sua magia resistendo al tempo che toglie splendore anche ai ricordi più vitali. Ho il ricordo di questo grande salone che sapeva anche un po' di vecchio, dove il valzer a quel tempo era estremamente di tendenza. Ricordo l'onore che mi fece il presidente invitandomi a ballare un valzer viennese. Io avevo un vestito color rosa antico di mohair e taffetà fosforescente. Ricordo quella scena, di cui mi sentivo protagonista ammirata e invidiata, con nostalgia. Che tempi belli erano quelli, oggi non esistono più. Oggi c'è solo il desiderio di abbattere e di infierire su quei ricordi che sono il nostro patrimonio umano e culturale. Oggi il glicine è in pericolo, lo vogliono abbattere strappandolo a quelle radici che sono l'amore dei milanesi, per costruire al suo posto il museo della Resistenza, iniziativa davvero lodevole, senza dubbio. Ma Milano è grande e abbattere il glicine è come toglierci il cuore.

Le firme per evitare questo scempio sono a tutt'oggi più di cinquantamila, firme di sconosciuti, di gente comune, di artisti, di nomi che hanno fatto grande Milano.

Andrea, figlio mio amatissimo, sull'onda lilla di questi nostri ricordi, aggiungo le nostre firme.

Andrea G. Pinketts che onora Milano, che pensa con nostalgia a quei nostri intimi alberelli di glicine sperando che il grande albero sia risparmiato.

Le firme per annullare questa iniziativa sono vertiginosamente aumentate e ci sfiora il viso una carezza color lilla, indenne (a questo punto) dalle decisioni comunali e affini.

Abbiamo condiviso l'amore per gli animali

Andrea, amatissimo figlio, nella breve vita che tu hai vissuto, abbiamo condiviso tutto: l'amore per la poesia, per la letteratura, l'interesse profondo con sete di conoscenza di quello che avviene nell'universo. Abbiamo gioito, amato, sofferto, pianto insieme, nella nostra comunione spirituale. Ora, sta accadendo qualcosa che mi turba, mi pone tanti problemi che vorrei condividere con te ma io, tua madre, conosco già la tua risposta, come sempre frutto della tua profonda sensibilità, della luce che illumina le tue parole. Abbiamo condiviso l'amore per gli animali: ne seguivamo la nascita, il percorso, le malattie e, infine, con grande dolore, il distacco definitivo.

Ognuno di noi, nella nostra infanzia, ha avuto un orsacchiotto, amico tenero e morbido che allontanava i fantasmi della notte con il suo tepore e la sicurezza che ci dava, quale tenero compagno peloso. Non credo, e me ne rammarico, che oggi i bambini anelino a questo tipo di rapporto che è l'inizio dell'amore straordinario e coinvolgente per gli animali. 

Oggi, tutto il mondo è coinvolto da un episodio che ci ha sconvolti, turbati, se vogliamo, anche inorriditi. Un'orsa e la tragedia nella Val di Sole in Trentino ha tolto la vita futura, le speranze, ad Andrea Papi, colpevole di passeggiare nei boschi incantati del Trentino. 

L'orsa ha diciassette anni ed è seguita da tre cuccioli. Le stanno appresso con l'amore e il bisogno che tutti i cuccioli ed esseri umani hanno per le loro mamme. Gli orsi amano la solitudine, il silenzio, ma come tutte le creature viventi (qualche perplessità nel riferirmi agli orsi, ai lupi, a tutti gli animali che popolano la terra come essere creature viventi), hanno bisogno di attenzione, di amore, di carezze. 

Dovunque tu sia, Andrea, puoi conoscere attraverso vie misteriose, gli episodi contenuti nel mio libro Quando mi punge vaghezza: la storia di un orso vagabondo e godereccio che ogni sera, dopo la mezzanotte, scende dalla montagna del Molise. Ad accoglierlo, la generosità di un uomo: il proprietario di una locanda a valle è di un cuore sensibile e attratto dalla necessità degli animali. Prepara una scodella abbondante di salsiccia mirandese di cui l'orsa è ghiotta. Anche gli avventori della locanda a mezzanotte presenziano commossi a questo rito. L'hanno affettuosamente chiamata Valciccia e, a debita distanza, le esprimono il loro affetto. Quando Valciccia si allontana per ritornare nel suo elemento naturale, nel bosco, tutti avvertono la bellezza, la benevolenza della sua presenza e la mancanza assoluta di pericolo.

Mi torna alla memoria la storia di un leoncino che a Londra negli anni '70 fu adottato da due studenti che intrecciarono con lui un ménage à trois dove, anziché la paura, trionfò l'amicizia che come noi sappiamo, è più forte dell'amore. Fu un rapporto di insegnamento, di fiducia reciproca, dove si mescolavano paradossalmente, sentimenti che illuminarono la loro vita. Passò un anno e il leoncino ovviamente crebbe fino a diventare quasi un gigante. Furono costretti a causa della sua crescita a dirgli addio e a reinserirlo nel suo habitat naturale. Il distacco fu doloroso ma inevitabile. A distanza di parecchio tempo, più di un anno, i due studenti furono presi dalla curiosità di vedere come il leoncino si fosse ambientato nella nuova dimora. Grande fu la loro felicità e commozione quando il leone li riconobbe ed espresse la sua gioia con dei ruggiti tenerissimi. Dunque, anche gli animali hanno dei sentimenti e li esprimono come possono, come sanno, magari anche con una zampata che, vista la loro mole, può lasciare un segno. I ragazzi inglesi che hanno adottato il lenone si chiamano Anthony Bourke e John Rendall e La gioia di ruggire insieme è il libro che hanno scritto per immortalare l'esperienza di amicizia, amore, gioia contagiosa che il leoncino ha loro donato.

L'orsa che nel bosco trentino incontrò il ragazzo incauto e spaventato, aveva al seguito i suoi tre cuccioli. Forse, volle difenderli, proteggerli. Forse.

Io ho perduto Andrea, l'unico mio amatissimo figlio. So cosa significa essere mutilati del grande amore tra madre e figlio. Abbraccio i genitori, con la consapevolezza che la sciagura che stanno vivendo lascerà nel loro futuro tracce sanguinose per sempre.

Ma l'orsa è un animale e agisce con ferocia e con l'istinto. Negli animali, segni di spavento ne acuiscono l'aggressività. L'uomo è intelligente e può imparare a difendersi, o meglio, a non farsi notare. Esistono oggi dei mezzi che servono a spaventare gli animali dotati di cattive intenzioni e ferocia innata e non consapevole. Un campanellino portato addosso avverte gli animali della presenza degli uomini, li spaventa e li induce alla fuga. Uomo, sdraiati a terra, fingi di non esistere, non mostrare la tua paura!

Andrea, dovunque tua sia, tu che ne hai il potere, suggerisci a chi pensa di abbattere l'orsa. Lei ha le mammelle pregne di latte, i suoi cuccioli hanno fame. 

L'ultima notizia che riguarda l'orsa ci tiene il cuore in sospeso: è stata catturata e rinchiusa in una gabbia. Si ipotizza, nella migliore delle ipotesi, di creare nel bosco un grande recinto per lasciarla libera nel suo elemento naturale, dove possa godere di una libertà, sia pure condizionata dalla prudenza. Io che scrivo, sono nata a Trento e conosco la sensibilità e il senso del dovere che è nei cuori dei trentini, nascosto da un'apparente crudezza e freddezza dei sentimenti. Mi permetto di esprimere al presidente della Regione, Maurizio Fugatti, la consapevolezza della difficoltà emotiva nella sua decisone. Aggiungo anche che qualunque questa decisione sia, ha tutta la mia comprensione e il mio rispetto, intuendo la difficoltà di una decisione così dolorosa. Perché l'orsa ha le mammelle pregne di latte e i suoi cuccioli hanno fame.

Podcast

Franco Califano (30 marzo 2013 – 30 marzo 2023)

Adorabile canaglia, non hai mantenuto la promessa: non escludo il ritorno.

Ti abbiamo aspettato, ti aspettiamo.

Altri hanno tentato di prendere il tuo posto, ma mai uno come te può donarci l’emozione della tua voce, le tue canzoni, il tuo saper essere sempre protagonista assoluto di una vita sregolata ma dominata da un disincantamento sofferto ma leggero, un soffio eterno di poesia espresso con la tua voce, con il tuo sguardo profondo che esprimeva i palpiti della tua anima.

Hai vissuto a trecentosessanta gradi mai pentendoti di nulla, da quella caduta dalla scala che ti pose in una posizione diversa che oscurò e limitò la tua fama di Califfo.

Andrea mi parlava di te, eravate amici.

L’ammirazione era reciproca, la fratellanza si vive anche di lontano.

Io ho perduto Andrea, ma la mia camera è interamente tappezzata dalle foto dei personaggi che hanno animato la sua vita un po’ spericolata, come la tua, insofferente alle regole.

Una profonda sensibilità vi univa, mascherata da una goliardia qualche volta un po’ amara, nascosta abilmente da un’apparente gioia di vivere.

Ci sono due foto tue e di Andrea, insieme; così, ogni momento della mia giornata e delle mie notti, mi tenete compagnia, Andrea e il Califfo. Io accarezzo le vostro foto, scolpite nel mio cuore, nella mia memoria, nella mia nostalgia.

Ma credimi, Califfo, avevi promesso che saresti forse ritornato, ma tu, come Andrea, non sei mai andato via.

Dall’altra parte vi vedo cantare “Tutto il resto è noia” ma non la vostra fratellanza di artisti, non le vostre personalità affini, non la vostra sensibilità che ha creato quei capolavori.

Allora, io, madre di Andrea, canto con voi “Tutto il resto è noia”. Andrea aggiunge, sottobraccio a te, “La musica è finita”.

La tua musica non finirà mai.

Le tue note sono scolpite nel cielo accompagnate dalla tua malinconia che è stata riservata compagna di tutta la tua vita, accompagnata da un sorriso disincantato.

La signora della notte, velata di nero, ha frantumato i rami fulgidi della vostra creatività e del vostro essere.

Un sole celestiale, come avviene per le piante, ha rinvigorito le vostre radici e ne sono emersi rami fioriti che non conoscono la caducità.

Ha vinto la poesia, il talento, l’essere sulle onde di “Tutto il resto è noia”.

Pia Cirllo. L’avvocatessa da record.

Così nel 2018 veniva omaggiata Pia Cirillo dalla cronaca e dalla stampa.

Piccola grande donna, era l’amica fidata che custodiva i pensieri, le incertezze, il cuore di Patrizia, unite da intelligenza, rispetto e profondo affetto. Ma chi è Patrizia?

Proprio di fronte a casa, dove abitava e abita Andrea, c’è una presenza, un’edicola che dal 1975 ci fa compagnia con la sua presenza gentile, rassicurante e soprattutto intimamente partecipe alle vicende e all’evoluzione culturale e professionale di Andrea; il suo vagabondare in tutta Italia per incantare il suo pubblico parlando, come solo lui sapeva fare, dei suoi libri, dei suoi progetti che erano una catena d’amore.

Quando Andrea tornava dai suoi viaggi di lavoro, prima ancora di salutarmi mi chiedeva:

«La Patrizia è aperta?»

Per lui, per noi, Patrizia era ed è il benvenuto di Milano.

Patrizia, all’uscita dei libri di Andrea, organizzava eventi, dove lui presentava i suoi libri, raccogliendo un pubblico attento e partecipe. Fu così che avvenne l’incontro tra una grande donna e un grande uomo. Scoppiò una scintilla di entusiasmo reciproco.

Andrea mi parlò dell’avvocatessa Pia Cirillo, dei suoi successi professionali, della sua intelligenza, della sua comprensione per le debolezze umane.

L’avvocatessa si prodigò soprattutto a favore delle donne e di chi si trovava in difficoltà per essere assistito da legali di qualità. La sua vita professionale è stata densa di successi ottenuti grazie anche alla sua umanità e al suo principio al quale si è attenuta tutta la sua lunga vita: l’imputato, qualsiasi reato avesse commesso, ha avuto sempre il diritto di essere difeso.

Un grave incidente subito a causa di una moto che la investì, la isolò dal mondo forense.

Benché molto anziana, riprese la sua attività che era per lei ragione di vita, dedicandosi alla difesa dei più deboli e di esseri umani degli ambienti delinquenziali, gli esseri più fragili e più esposti a delinquere.

Avevi ragione, Andrea, a essere affascinato da questa piccola grande donna che ci ha lasciato all’età di novantanove anni. Là, dove sei, ci si può incontrare e rinnovare l’intesa spirituale? Patrizia spera che possa avvenire.

  

MILANO ALL NEWS

POSTED ON 27 MAGGIO 2018 BY MILANO.ZONE

Pia Cirillo, avvocato da record: “Indosso la toga a 95 anni” – Cronaca

Milano, 27 maggio 2018 – Correva l’anno 1948, quando l’avvocato Pia Cirillo indossò per la prima volta la toga, a Bari, ottenendo l’assoluzione di un uomo accusato di truffa per essere salito sul tram senza fare il biglietto…

Festa del papà -19 marzo

19 marzo – festa del papà

Festa, sinonimo di allegria. Cos’è l’allegria? Personalmente, non sono stata mai una persona allegra, non mi si addice; direi che nemmeno mi piace.

Associo la parola festa al raduno annuale degli alpini, con tanto di rispetto per gli alpini, è chiaro; ma la parola festa si addice ad abbondanti libagioni, dove l’acquavite regna sovrana.

Oggi, 19 marzo - festa del papà,  il mio cuore si stringe nel rinnovato dolore di aver perduto mio padre da molto tempo. Un dolore che gli anni passati hanno ammorbidito ma non annullato e non tanto da ricordarlo come una festa. Anzi, la parola festa per ricordare i papà mi sembra quasi un’offesa, mi sembra quasi blasfemo.

E allora, mi riaffiora alla memoria il momento più drammatico della mia vita quando Andrea, mio figlio bambino, aveva sei anni e perse il suo papà.

Squillò il telefono e Andrea disse: «Forse è papà!» ed io allora gli risposi: «No, bambino, papà è andato in cielo per costruire il grattacielo più bello del mondo!»

Mio figlio bambino, con la sensibilità che negli anni lo avrebbe sempre distinto, mi disse: «Allora, papà e morto».

Come posso accettare la festa del papà?

E ancora, passarono gli anni... e in via Lorenteggio ci fu la consueta festa di San Giuseppe.

Andrea ci andò e incontrò la professoressa Mura, insegnante prediletta di Andrea, che vide in anticipo quello che Andrea sarebbe diventato, e gli chiese: «Cosa hai comprato Andrea?»

E lui rispose: «Una cravatta per il mio papà.»  Il papà che lui aveva perduto quando era bimbo e di cui non accettava la morte, dopo sette anni.

Non ne parlai con mio figlio. Lui racchiudeva segreta nel suo cuore la mancanza del padre.

Perciò, festa del papà... e tutti i figli piccoli o adulti che non hanno più il papà?

Figli che accusano nel loro percorso di vita più difficile la mancanza di una guida paterna.

Festa del papà? Non me ne vogliano i venditori di dolciumi vari, di oggetti spesso inutili, di cadeau di cattivo gusto. È il mercato dei sentimenti, io la penso così, la mamma e il papà devono essere onorati nel cuore e nel rimpianto.

Milano, 19 marzo 2023

Maurizio Costanzo

Mi affascina accompagnarmi con coloro che ci hanno lasciato e sono ora in un’altra dimensione. Come accetteranno di non avere più voce per comunicarsi il loro disorientamento, il loro non essere? L’energia sopravvive perché sarebbe disumano che quanto abbiamo vissuto, sofferto, amato, si dissolvesse così, come un alito di vento.

Allora, come sempre, invoco Andrea.

Il suo respiro mi aiuta a rivedere, a ricordare persone, episodi del suo passato.

Quando Maurizio Costanzo nel corso di un incontro al teatro Parioli gli chiese se fosse credente, vista la singolarità del suo personaggio, e come viveva la sua fede, Andrea rispose suscitando una risata del conduttore e di tutto il pubblico.

Era talmente credente che poco prima si era battezzato un’altra volta e consacrato alla religione dei mormoni. Io, da casa, a Milano rimasi ovviamente sbigottita temendo anche la reazione di Maurizio Costanzo. Trovavo quest’affermazione, se vogliamo, un po’ azzardata visto che viviamo in un paese cattolico.

Costanzo da gran signore com’era e ben disposto sempre ad accettare le bizzarrie del suo pubblico, rise di questa conclusione ludica alla sua domanda molto seriosa.

Andrea aveva, come tutti i giovani del resto, ammirazione per il personaggio eclettico e affascinante di Maurizio.

Andrea suscitò una seconda volta l’interesse del conduttore verso il suo giovane ospite della puntata precedente, preceduto dalla sua fama di scrittore di sensazionali gialli che avevano ottenuto il rispetto della critica e il riconoscimento di un premio al festival giallo di Cattolica.

In questa puntata era presente anche Marina duchessa Lante della Rovere, personaggio dagli atteggiamenti, per l’epoca, anticonformistici e tali da attirare l’attenzione e l’ammirazione del pubblico sul palco del Parioli.

Costanzo la presentò ad Andrea il quale si esibì in un baciamano che nulla aveva da invidiare ai blasonati viveur di allora.

Io, da casa a Milano, fui sorpresa dall’eleganza di questo baciamano che faceva supporre frequentazioni di alto lignaggio.

Diverso, per dire, non si usava se non forse nei circoli esclusivi dalle presenze femminili, dove i giovani facevano quest’omaggio alle signore etichettandole come cariatidi.

Credo che Costanzo con il suo consueto savoir-faire abbia gradito l’exploit cavalleresco del suo giovane ospite. Oggi, figlio fanciullo, che Maurizio Costanzo ci ha lasciato creando in noi sgomento e rimpianto, questi episodi mi hanno fatto sorridere e hanno attutito il rammarico che tutti noi abbiamo per la perdita di Costanzo.

Grazie, Andrea, tu sai come farmi ricordare e alleviare il rimpianto per l’amico che ha alimentato le nostre serate con la sua cultura, la sua ironia, il suo savoir-faire, la sua conoscenza dell’animo umano.

Milano, 24 febbraio 2023

CARLO BORSANI - Oggi, Andrea rivive con me l’immagine del prezioso amico che l’ha raggiunto nelle sfere celesti

Il passato è denso di ricordi, di avvenimenti, di incontri, di volti. Ed emerge un’immagine che è scolpita nel cuore e nella mente di Andrea e di Mirella.

Andrea da quattro anni è anima vestita di energia che vive il passato, il presente e credo fermamente anche il futuro.

Oggi, Andrea rivive con me l’immagine del prezioso amico che l’ha raggiunto nelle sfere celesti: Carlo Borsani, uomo vero, gentiluomo di antico stampo, un signore di modi, di aspetto e di contenuto. Non lo dimenticheremo mai.

Nello scrivere il suo nome mi trema il cuore e so che Andrea, dovunque sia, prova come me il sentimento che ha nome amicizia, che sopravvive a qualsiasi abissale lontananza e distacco fisico.

È viva in me l’intensità emotiva dei nostri incontri.

Il primo novembre di molti anni, dove ci incontravamo con la mia amata Benedetta al Campo Dieci del cimitero di Musocco davanti alla tomba del tuo papà, cieco di guerra, medaglia d’oro, assassinato dalla malvagità di chi covava nel cuore sentimenti d’odio politico e dissennato.

Tu non eri ancora nato, Carlo. Ti nutrivi nel ventre di tua madre, sposa inconsapevole della grandezza dell’uomo che ti veniva tolto in un modo così atroce.

Il primo novembre di ogni anno io condividevo con te e la mia amata Benedetta un momento di comunione di cui andavo fiera; Andrea, di lontano, per il suo lavoro di scrittore e oratore eclettico, divideva con me il legame che ci univa alla famiglia.

Ci incontravamo di frequente in momenti di riunione con gli amici comuni.

Sempre serate nelle quali rinnovavamo gli ideali politici con l’entusiasmo che ci animava, oserei dire quasi fanciullesco, raro in questi tempi, completamente assenti.

Ci mancherai caro amico.

Ci mancherà l’esempio che quest’uomo ci ha dato, l’esempio di cristallina onestà, di insegnamento, di valori profondi che danno luce alla tua immagine. In tutti noi che ti abbiamo seguito nel tuo percorso umano e politico, la tua lezione di vita lascia una traccia del tuo valore e dei tuoi principi.

Ho avuto durante mia vita professionale il riconoscimento per quanto mi sono prodigata nell’ambito delle mie funzioni. Ricordo una frase che Carlo mi disse che mi fece avvampare d’orgoglio: «Dà loro una mano, Mirella.» Lui sapeva che io ero solita dare tutto il mio cuore superando le inevitabili difficoltà. Grazie, caro amico.

Abbracciamo l’amata Benedetta e le staremo accanto.

 Andrea e Mirella.

***

Mirella Marabese Pinketts piange con l'amata Benedetta il commiato di

Carlo Borsani

consolata che il cielo ha accolto un'anima eletta. Andrea e tutti gli amici che lo hanno preceduto sono presenti nel ricordo e nel rimpianto.

Milano, 5 febbraio 2023


Duemilaventidue...

Duemilaventidue, non ti perdoniamo. Sei passato indipendentemente dalle stagioni, che sono ormai capricci temporali, lasciandoci sbigottiti, privi di quelle persone che nella nostra vita sono stati fari luminosi, intelligenza creativa, di equilibrio, di insegnamenti che nel tempo avrebbero dato splendidi frutti.

Forse ci insegneranno a vivere meglio, a essere consapevoli di quel poco che avremo, che sarà molto in confronto a quello che abbiamo perduto e che non potremo ritrovare se non con le illusioni che ci aiutano a vivere un domani incerto.

Ci porterai via la distruzione di un passato creativo e rassicurante, ci ridarai la sicurezza, la stabilità, soprattutto quello di cui abbiamo bisogno: la speranza e ancora un po’ di quel paradiso che abbiamo perduto.

Ti chiediamo che quel fiore appassito che è la nostra vita oggi, riprenda vigore e profumo.

Allora ti perdoneremo, ti ameremo e brinderemo con te e con quel bambino roseo appena nato che porta una gerla piena di speranza.

Non è stato un distacco, non è stato un addio, solo un momento di nostalgia

Il paradiso non esiste, non è un luogo, non ha limiti, non ha confini, non ha pareti. È uno stato d’animo dentro di noi.

Se facciamo una riflessione: se c’è, ci aiuta ad atti di generosità, di comprensione umana, di tolleranza, di perdono di pazienza. Come si presenta? Se non c’è il silenzio, l’egoismo, l’avarizia, la maldicenza. Aiutaci paradiso! 

Ci guarda dall’alto ma è anche accanto a noi, presenza invisibile ma che non ci fa sentire soli appena ascoltiamo la sua voce che si chiama coscienza.

Ma sì, d’altra parte è uno scherzo delle nuvole che amano giocare fondendosi abbracciandosi una all’altra a guardare la vita, il futuro, il tempo a venire. 

Il paradiso è dentro di noi, nei nostri momenti di bontà, di generosità, di slanci emotivi ma oggi ventiquattro dicembre il paradiso è muto, nelle nuvole c’è un silenzio che mi sgomenta: è l’attesa, qualcosa che avverrà, che muterà il nostro destino e le nostre attese. L’attesa è lunga ma palpita come il pigolio di un uccellino appena nato.

Laggiù sulla terra che è invasa da grida di lamenti e urla derivate dalla paura intorno, le case crollano lasciando scheletri di un vissuto che non esiste e dove un bimbo non potrebbe sognare un desco disgregato sul quale nessuno mai potrà più riunire la famiglia. Il terreno dissestato è il pericolo di cadere, il mescolarsi alle macerie e completa quest’apocalisse di distruzione. Qualche ombra cerca ansiosa un po’ del paradiso che ha lasciato e che non ritroverà, le mani si piegano in due in un’inutile ricerca.

È la guerra dove ha preso dimora la cattiveria più infame, il desiderio di possesso di una terra benedetta; dove ha preso dimora la violenza e la volontà malefica di recidere senza pietà, di sterminare l’anelito alla libertà anche per la propria terra, il rispetto per le proprie memorie. È la guerra, è un annullamento del paradiso di cancellare tanta iniquità.

È il venticinque dicembre, il paradiso tace, non arrivano suoni e canti di angeli, il silenzio delle arpe e dei liuti, ma gli occhi di Dio hanno il colore dell’acqua, le ombre vi nuotano formando immagini del tempo passato, del presente e del futuro. I loro tentativi di materializzarsi per dare ai propri cari dei tentativi di comunicazione falliscono e si allontanano fluttuando nell’infinito. Ma dove accadono i miracoli?

Allora il paradiso esplode in una miriade di colori, le stelle brillano di luce divina, giocano con gli astri e tutti i pianeti mentre il destino degli uomini prende forma e speranza.

Il sorriso di Dio si fonde in questa luce e nel colore del suo cielo, del suo regno; gli angeli danno voce alle arpe e ai liuti, musiche e canti celestiali emanano l’incanto divino.

È il venticinque dicembre, un infante nudo trova nel fiato di un bue e di un asinello il calore per sperare. La mangiatoia dove si è sgravata Maria è come un cuscino di colombe bianche che con lo sfarfallio delle loro ali emanano un avvolgente profumo d’incenso. È il venticinque del dodici, ci inchiniamo riverenti.

 

Il venticinque dicembre è anche una data che la memoria non attutisce, che infierisce negli anni dei ricordi, rumori, risa, strepitio di pacchi, dono di chi magari di memoria un po’ distratta ha dato come dono e accade.

Io mi metto in un silenzio che mi accarezza leggero come una libellula vagabonda e nel silenzio tu taci. Sei tu, io sento la tua carezza che mi sfiora l’anima che si protende in uno spasimo d’amore. E ricordo e rammemoro e sorrido.

Ricordo i nostri natali mio amato figlio, le tue attese gioiose e infantili, i tuoi “Oooh!” di meraviglia nello svolgere i regali che la follia di tua madre ti portava. Natali diversi, epoche diverse, gente diversa, tutto diverso. Ora nelle strade, nelle case, non più; ma nella mia anima s’insinua un palpito che mi porta in alto, sempre più su. Si chiama nostalgia.

Allora, angeli, cherubini, arpe, creature celesti che ti osannano; il paradiso c’è mio amato figlio, è una nuvola armoniosa che gioca in volteggi esoterici con scatti tutti nuovi.

Il tuo sorriso, la tua intelligenza, la tua innocenza, il grande potere evocativo della tua scrittura. Sei tu, ti vedo, ti sento, ma gli spazi celesti giocano nel nostro ritrovarci.

Ma non è stato un distacco, non è stato un addio, solo un momento di nostalgia.

Saga Egmont, l'audio libro di "Il vizio dell'agnello"

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Io ti risponderò tak for nu (grazie...)

Caro Davide,

è un tardivo pomeriggio di novembre e mi è grato rispondere alla tua mail di un anno fa, nella quale esprimevi a Elisabetta Friggi e ad Andrea Carlo Cappi, il tuo interesse a pubblicare per la casa editrice danese nella quale operi, Saga Egmont, l'audio libro "Il vizio dell'agnello"...

Ora, a compimento del progetto voglio entusiasmarmi e ringraziarti!

Sono la madre di Andrea G. Pinketts e presidente dell'associazione culturale a lui dedicata. Il nostro compito, è far sì che la letteratura duri nel tempo, come insegnamento attuale e futuro.

Nell'incantevole Copenaghen spero che, attraverso il tuo lodevole impegno, la sua "voce" possente ma anche melodiosa e avvincente possa valicare i confini e suscitare emozioni violente, curiosità e desiderio di approfondire chi è lo scrittore Andrea G. Pinketts, come vive, cosa pensa. Ne parlo al presente, da madre, da lettrice onnivora.

Natale è già nell'aria e nel paese dove tu hai la buona ventura di vivere emana un profumo spirituale che alleggerisce i cuori e dona la gioia dell'attesa. Tutte le porte sono già adornate di fiori, di ghirlande colorate che presagiscono la festa nell'attesa che in Danimarca è sentita come un rito religioso, non di forma ma di spiritualità. Mi è spontaneo pronunciare la vostra famosa parola Higge, l'amore e la gioia e il dono che, insieme al profumo della cannella, brilla nelle luci e ne rende il profumo dilagante e rasserenante. Mi offri, caro amico, una tazza di cioccolata calda con la cannella? Ne sento il calore profumato che attenua il freddo, il buio, che nella vostra regione si alterna a lunghi periodi di sole accecante. Una curiosità, com'è il clima di Natale da voi? Grazie di accogliere questa mia ingenua curiosità che potrei, sì, appagare con mezzi tecnologici, oggi tanto in uso, ma io che sono una donna romantica preferisco sentire dire alla vostra maniera, arcaica, che sa di gentilezza, cordialità. Perciò se saprò da te che il cielo ha a Natale colore azzurro terso e buio misterioso, io ti risponderò tak for nu (grazie...). Grazie per oggi, stasera.

Mi affascina che il paese in cui hai scelto di vivere sia uno fra i più felici al mondo. Qual è il segreto? Io credo sia l'amore e l'immensa sensazione che si dà alle piccole cose, alla semplicità, all'uguaglianza sociale. Janteloven esalta i valori dell'uomo, indipendentemente dal valore economico e professionale, grande conquista e lezione del saper vivere nel rispetto reciproco.

I reali, la regina Margherita II in particolare, hanno una visione della monarchia moderna e adeguata ai tempi; vivace, svelta e priva di orpelli. I cocchi dorati non esistono! Esiste la bicicletta, il suo mezzo di trasporto; la regina è chiamata, infatti, la regina della bicicletta. Il suo vessillo, dice la leggenda, è una bandiera che sventola dal 1219 e tale è rimasta svettando felice su questo Stato, indipendente e libero. Higge, sii felice.

Dalla Danimarca, a distanza di decenni, lo scrittore Hans Christian Andersen nelle sue favole ancora ci commuove e, forse, ci fa ancora piangere, ma è una commozione velata di nostalgia. Domina la storia, la letteratura... nella trama dell'Amleto, Shakespeare ha creato l'inimitabile e sempre carico di storia cruenta e tragica principe Amleto. Il suo angoscioso "essere o non essere" che ancora oggi non ha risposta. Il castello nella cittadina di Elsinore (Helsingør) sulle sponde del mar Baltico è muto in uno spettrale e mortifero silenzio. La storia drammatica, ma sempre culturalmente e letteralmente vivace, nasce nel castello di Kronborg che, come tutti i castelli, nasconde segreti arcani e venusti.

C'è un simbolo che ritrae chi agiva nel porto di Copenaghen. È una statua che raffigura una giovane donna, è la famosa sirenetta tratta da una novella di Andersen. La sua voce è triste perché rappresenta l'amore. La sirenetta ha sacrificato la vita per l'amore. L'amore è un sentimento nobile ma spesso distruttivo. È la novella con la quale, ancora una volta, lo scrittore danese Andersen ha toccato il nostro cuore.

Io, con la mia mano trepida e carezzevole, sfioro il viso per asciugare le sue, le mie, le nostre lacrime.

Mirella Marabese Pinketts

Qui, Andrea Carlo Cappi per Saga Egmont