Rassegna stampa

Radio Itineraria, estratto del 22 nov.23 - 


Libero
21 novembre 2023

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8 agosto 2023

Libero
18 luglio 2023

la Repubblica
17 luglio 2023

CORRIERE DELLA SERA
17 luglio 2023

Il Decoder
27 giugno 2023

Milano Nera

20 giugno 2023

MystFest Cattolica 2023. 

5° Premio Andrea G. Pinketts a Samuele Bersani

Il grande sudore.

Le calde estati gialle e noir di Pinketts al Mystfest

Nell’anno degli anniversari – quinto da che Andrea G. Pinketts ci ha lasciato e cinquantesimo del Mystfest, due ottimi motivi per presenziare alla serata di sabato primo luglio nella frizzante piazza Primo Maggio di Cattolica: la presentazione della nuova collana Harper Collins che ripubblica le opere di Pinketts e l’assegnazione del quinto Premio Pinketts al cantautore Samuele Bersani.

L’Associazione Pinketts, che ha raccolto il testimone dall’autore scomparso nel 2018, rinsalda il legame con Cattolica e il Mystfest.

Milano come Cattolica (“A Milano di notte c’è il mare…” come scrisse Pinketts) e Cattolica come Milano (unite dall’amore per la cultura), il celebre scrittore è ancora tra noi con i suoi romanzi e il suo senso della frase.

Alla 50° edizione del Mystfest si parlerà della nuova collana firmata Harper Collins, curata da Carlo Carabba, che ripubblica la saga di Lazzaro Santandrea, protagonista e alter ego dello scrittore Andrea G. Pinketts che, fin dal suo esordio, con Cattolica e il suo festival ha stretto un legame indistruttibile, letterario e non solo.

Nella serata di sabato primo luglio in piazza Primo Maggio, dopo lo scrittore texano Joe R. Lansdale, il cantautore Morgan, la libreria La Scugnizzeria e Cecilia Scerbanenco, custode e curatrice delle opere del padre, il Mystfest assegnerà il 5° premio Pinketts offerto da SGR Per la Cultura a Samuele Bersani, cantautore sopraffino, pluripremiato e amato dal pubblico, al quale la madre di Pinketts dedica una lettera scritta con il cuore.

Per tutta la durata del Mystfest, sarà fruibile gratuitamente online il racconto “Il grande sudore” di Andrea G. Pinketts, al link https://www.andreagpinketts.it/il-grande-sudore-di-andrea-g-pinketts .

Nella serata, in rappresentanza dell’Associazione Pinketts, ci saranno Andrea Carlo Cappi, Elisabetta Friggi, Rossella Marino e la seguente lettera a Samuele Bersani di Mirella Marabese Pinketts, fondatrice dell’Associazione:

1 luglio 2023, Mystfest Cattolica – 5° Premio Pinketts a Samuele Bersani

Abbassa la tua radio per favore se vuoi sentire i battiti del mio cuore

Così cantava, anni orsono, Alberto Rabagliati.

Quella radio non esiste più, la canzone nemmeno.

Noi abbassiamo la radio e le canzoni di un tempo non ci appartengono più.

Spegniamo tutte le radio del passato e accendiamo le radio di oggi, abbiamo l’onore di ospitare il monarca riminese Samuele Bersani, cantautore che ha trascorso tutta l’infanzia e l’adolescenza a Cattolica.

Il tuo linguaggio musicale, le tue parole espresse con commozione e veridicità suscitano emozioni che il tempo rinvigorisce e dà loro un’esistenza che si prolunga nel tempo e nel futuro.

I tuoi messaggi musicali e canori ci incantano e rivelano delle verità che spesso per pudore nascondiamo o veliamo per far meno sentire il vero significato che talvolta può anche ferire.

Il tuo passato è gravido di premi e la tua strada e tutta in salita.

È una fortuna averti qui. Grazie di averci fatto l’onore della tua presenza dando a questo festival il fasto del passato e la certezza del futuro.

I tuoi brani musicali sono densi di messaggi, toccano i temi più difficili del nostro tempo impietoso.

Andrea G. Pinketts, mio figlio, al quale la generosità di Cattolica con il Mystfest celebra da tanti anni il ricordo incancellabile e il rinnovarsi magico del suo talento e della sua carismatica presenza fisica e spirituale, sorride abbracciato a Fernanda Pivano, a Lucio Dalla, a Lucio Battisti, a tutti gli artisti che ci hanno preceduto ma che godono del nostro esistere e della musicità che ci hanno lasciato rinnovando emozioni e messaggi che ci aiutano a vivere. Sono tutti presenti e ti plaudono, Samuele, insieme a tutti noi.

Accendiamo le nostre radio, per favore, per sentire i battiti dei nostri cuori.

Mirella Marabese Pinketts ringrazia, ancora una volta, Simonetta Salvetti e tutta l’organizzazione del Mystfest, la sindaca Franca Foronchi e stringe tutta Cattolica in un abbraccio, insieme all’onnipresente amato figlio che palpita vivente e presente, sfumato nell’essenza fisica dalla sabbia azzurra e celestiale di questo mare magico incantato.

Mirella Marabese Pinketts – Associazione Pinketts.

MystFest 2023 -26 giugno – 2 luglio 

50 anni di giallo a Cattolica (1973 – 2023)

Associazione Andrea G. Pinketts – Milano

Fonte: MilanoNera

La RAGIONE
20 maggio 2023

Fonte: laragione.eu

tuttolibri di La Stampa
Sabato 13 maggio 2023
il Venerdì di Repubblica
Venerdì 5 maggio 2023

il Giornale
Giovedì 4 maggio 2023

CORRIERE DELLA SERA
Venerdì 28 aprile 2023

LE MATTINE: ORA DARIA

Radio CAPITAL

Daria Bignardi e Raul Montanari: “Lo scrittore Andrea G. Pinketts”

Estratto della PUNTATA DEL 01.05.2023


il GIORNALE Milano
Domenica 30 aprile 2023

Andrea G. Pinketts,
i romanzi al bar e le notti tra artisti: la dedica di mamma Mirella (il giorno del suo compleanno)

di Luca Caglio

La bellezza, il lusso di un grande scrittore accessibile a tutti, uomo distinto e d’istinto, autore de «Il senso della frase» che meglio ne definisce la cifra stilistica. Mirella Marabese (91 anni): «Tra me e Andrea c’era un rapporto simbiotico, d’amore»

All’ultimo Ambrogino è stato insignito della Medaglia d’oro alla memoria. Gli fosse stata consegnata in vita, l’onorificenza per i cittadini milanesi più meritevoli, Andrea G. Pinketts sarebbe salito sul palco del teatro Dal Verme improvvisando un discorso lucido e geniale. Perché «G. sta per Genio». Svelando magari di avere scritto molte pagine dei suoi romanzi al bar, tra fumo di sigaro e fiumi di birra, ispirato dalla varia umanità che si confessa al bancone. Poi sarebbe tornato a «Le Trottoir alla Darsena», il locale-studio con sala dedicata, per un altro giro di brindisi in vista dell’ennesima notte tra artisti, avventori, amici e ammiratrici. Rincasando all’alba a bordo di un taxi. Come Lazzaro Santandrea, l’alter ego letterario fedelissimo al suo stile di vita. Il personaggio con cui ha attraversato e raccontato Milano.

La bellezza, il lusso di un grande scrittore accessibile a tutti, uomo distinto e d’istinto, autore de Il senso della frase che meglio ne definisce la cifra stilistica, capace infine di lavorare al suo ultimo libro (E dopo tanta notte strizzami le occhiaie) da una stanza dell’ospedale Niguarda dove il 20 dicembre 2018 è morto per un carcinoma alla gola.

Nella Milano d’agosto che si svuota per le ferie, il vuoto umano lasciato da Pinketts è lo stesso di un’opera d’arte trafugata, ma con la magnifica consolazione di una bibliografia noir visitabile: l’omonima associazione culturale ne sta curando l’archivio e la ripubblicazione delle opere con l’aggiunta di contenuti speciali, inediti, grazie allo scrittore Andrea Carlo Cappi ed Elisabetta Friggi, da sempre «il braccio tecnologico» dell’autore. A presiederla c’è la madre di Pinketts, Mirella Marabese (91 anni), che del figlio continua a parlare al presente e che sulla lapide ha fatto scrivere «Senza tempo». Oggi, venerdì 12 agosto, il Genio compie 62 anni.

Celebrando l’anniversario della nascita di suo figlio, signora Mirella, lei scrive che il tempo non è un grande medico.
«Il dolore resta immenso. Tra me e Andrea c’era un rapporto simbiotico, d’amore. Mi telefonava più volte al giorno, abitavamo a cento metri di distanza, veniva sempre a mangiare da me. Essergli stata madre, un privilegio. Non gli ho mai detto addio, e viceversa: una forma di rispetto per ripararci dalla sofferenza. Se mi tuffo nei suoi libri torno a vivere. Ne avverto l’essenza spirituale. Forse un’anima non può avere futuro, ma uno scrittore sì. Andrea vivrà».

Come si passa un giorno così?
«Da sola, schiscia schiscia, raccolta in un silenzio assoluto. Ricordando i dolori del parto, l’Andrea bambino. Sono immagini anche dolci. Mi ha telefonato la proprietaria del Trottoir, Michelle Vasseur, per porgere gli auguri a mio figlio. Non sono gesti scontati, la memoria umana è labile, figurarsi per i compleanni dei non parenti, ma lui è rimasto scolpito. Ho ereditato tutti i suoi amici. Andrea, geniale e generoso. È un altro giorno, comunque, a mandarmi in difficoltà».

Quale?
«La festa della mamma. Quando mi portava sempre una gardenia in regalo. Se oggi ne vedo una, la compro, poi la porto sul balcone. Ne sento il profumo. Non è un modo per consolarmi, non esiste consolazione. Mentre esiste l’impegno con l’associazione per divulgare i suoi romanzi, per ingigantire la sua figura. La gente dimentica: quanto si parla oggi di Buzzati? Andrea ha scritto anche poesie, era sensibile e timido».

Timido?
«Se mi sentisse, mi sgriderebbe. Non lo avrebbe ammesso. Si presentava in modo roboante, poteva vestirsi da saltimbanco, ma si trattava di una maschera esibita in pubblico. La sua parte esteriore. E quando parlava, come se fosse a teatro, tutti ascoltavano in silenzio. Anche il bere, l’alzare il gomito, gli serviva per smorzare una fragilità definita dall’animo sensibile. Delicato. C’era inoltre un tentativo di emulare scrittori a lui cari come Hemingway e Bukowski, con il vizio dell’alcol. Ma anche Vittorio Gassmann era sempre ubriaco».

Che rapporto aveva con il denaro?
«Pessimo, nel senso che non gli interessava. Lo regalava, a volte lo smarriva: davanti a una persona povera apriva il portafoglio. A un certo punto gli ho fatto un po’ da amministratrice. Sa, però, cosa lo colpiva in assoluto? I ragazzi handicappati. Quando ne vedeva uno, i suoi occhi diventavano liquidi».

Lo stile Pinketts è una dichiarazione d’intenti.
«Un libro di Pinketts si riconosce dalle prime righe. C’è l’ironia, la profondità, la sorpresa. Sono scritti impegnativi. Aveva la mania delle parole, non vacillava, le sceglieva con sicurezza. Anch’io ho scritto un libro durante il lockdown, s’intitola Quando mi punge vaghezza. E leggo ancora molto, fino alle 2 di notte».

Andrea e le donne. Una debolezza?
«Non direi. La letteratura era una debolezza. Le donne gli davano la caccia, ma non ha mai avuto un grande amore, semmai un harem di devote. Era narcisista come tutti i grandi uomini. Ha visto quanto era bello? Una statua greca. E poi aveva una cultura enciclopedica, poteva parlare di tutto eccetto che di sport».

E tutti potevano parlare con lui.
«Aiutava i colleghi meno fortunati, si spendeva con gli editori, risparmiava le critiche. Arrivo a dire che Andrea formava gli artisti. Era anche un animo ingenuo, più scoperto alle brutture della vita, ma non mi ha mai parlato dei grandi drammi. Era come se volesse dare una giustificazione a chiunque. Noi due, insieme, non ci siamo mai annoiati».

Il pensiero di Mirella Marabese per l’amato figlio Andrea G. Pinketts
«È il dodici di agosto. La tua Milano, la nostra Milano, è avvolta in un silenzio irreale. Sembra immersa in una nuvola. Non ti piaceva il silenzio, Andrea. Dove sei ora, credo che il silenzio non esista. È animato da un trionfo di ricordi, dalle presenze, dalle mille voci che danno vita all’etere e lo rendono palpitante come un cuore che pulsa. Sei tu, Andrea, con tutti gli affetti, gli amori, che hanno dato spazio alla tua vita? Lo scintillio delle stelle. Non si spengono queste stelle, bambino mio. La loro voce è abbacinata come i ricordi di chi ti ha amato, come il rimpianto di chi è rimasto, come la nostalgia che fa male al cuore. Non passa, sai, la nostalgia. Io credevo, come è facile credere e illudersi, che quella mancanza lascerà il posto a un tranquillo dolore senza spine. Non esiste, è un luogo comune che il tempo sia un grande medico, una mano presa come una carezza leggera rendendo i suoi spazi accettabili, come sopiti. Vedi, invero, il tempo invece acuisce le distanze, affila i suoi aculei penetrando nelle ferite lacerandole senza pietà e senza la possibilità di essere rimarginate. Lo sgomento nel quale ci hai lasciati, la perdita della tua vitalità vivifica, l’eco trionfante della tua voce, delle tue risate, come amavi ridere! Nella tua filosofia di vita, come tu la volevi, come l’hai vissuta. Oggi, dodici agosto, la nostalgia ha prevalso sullo sgomento, sulla mancanza. È un pozzo senza fondo. Perdonami. Che il cielo ti doni, della mamma i sospiri, della tua quiete la nostra quiete».

12 agosto 2022 (modifica il 12 agosto 2022 | 17:40)

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22 Dicembre 2021 

Andrea G. Pinketts, la vera Milano svelata in tutti i suoi libri

Il servizio che Cronaca Vera dedica al grande scrittore Andrea G. Pinketts. 

MILANO- Viene da dire: “Finalmente!” A tre anni dalla morte di Andrea G. Pinketts, scomparso il 20 dicembre 2018, la città si è ricordata di uno scrittore che l’ha raccontata come pochi altri. Scrivendo i suoi romanzi a penna, nelle sale fumose de Le Trottoir – sorta di porto di mare per intellettuali e artisti – , tra una birra e un toscano. Il Comune lo ha premiato con l’onorificenza più alta, l’Ambrogino d’Oro, conferito alla memoria sotto forma di medaglie e attestati di civica benemerenza. È un riconoscimento dato a milanesi di nascita o di adozione, viventi o scomparsi: personaggi della cultura e dello sport, individui impegnati per la collettività e figure che hanno segnato la storia cittadina.

L’Ambrogino d’Oro ritirato da Andrea Carlo Cappi, Elisabetta Friggi e Rossella Marino

L’edizione speciale de Il vizio dell’agnello, secondo romanzo di Andrea G. Pinketts – GUARDA

L’AMICO

Il premio è stato ritirato dagli esponenti dell’Associazione Culturale che ne porta il nome: la giornalista Elisabetta Friggi, già sua assistente per le ricerche e la comunicazione in rete; lo scrittore Andrea Carlo Cappi, suo amico, editor e collega; e Rossella Marino, autrice del libro-intervista “Per qualche strana ragione io piacevo” (Edizioni del Gattaccio), un percorso nella vita e nelle opere Pinketts. Cappi, già autore dei romanzi su Martin Mystère e Diabolik, commenta: «La medaglia d’oro alla memoria è un riconoscimento importante, l’unico che in un certo senso gli mancava. In vita, Pinketts ha ricevuto premi prestigiosi: come scrittore, il Gran Giallo al MystFest di Cattolica e il Premio Scerbanenco al Noir in Festival; la medaglia d’oro dell’Assemblée Nationale de la Republique Française per meriti artistici e culturali; il premio ‘Una Remington per la strada’ per il suo lavoro come giornalista investigativo. Ma Pinketts è uno scrittore molto legato alla sua città. Prima di raccontarla, l’ha esplorata, potremmo dire navigata perché, per citare una sua frase celebre, ‘A Milano di notte c’è il mare’»

La riedizione di Lazzaro, vieni fuori, primo romanzo di Pinketts – GUARDA

LA MAMMA

«Andrea amava Milano» rammenta la madre dello scrittore, Mirella Marabese Pinketts. «Era un milanese DOC. Ha descritto i vicoli, le osterie, i giardini timidi e non coltivati, le stradine fumose e accidentate con il pavé, i palazzi ricchi di un passato ormai ridotto, quando va bene, a salone di bellezza, di rappresentanza, sfilate di moda e negozi di cineserie. Andrea ha annusato l’odore di Milano, quello vero. Traspare da tutti i suoi libri».

consegna del premio

Io, lui e Pinketts: Edoardo Montoya vs Lazzaro Santandrea – GUARDA

Ma lo scrittore premiato non si limitava a questo. Nella prefazione alla raccolta di racconti “Menegang-Milano noir dagli anni ‘50 a oggi” (Borderfiction Edizioni), Cappi rievoca la cosiddetta Scuola dei Duri, con cui nel 1993 Pinketts invitò altri scrittori a raccontare i lati oscuri di quella che definiva «una città stufa di essere considerata ‘da bere’, come facevano i pubblicitari, e da mangiare, come facevano gli amministratori». E a Milano Pinketts regalò un’intensa attività culturale, con gli incontri letterari aperti al pubblico, da lui ideati e condotti in vari locali ogni giovedì dal 1992. Ricorda Cappi, che lo affiancò in quell’attività per oltre vent’anni: «L’ultimo fu nel novembre 2018, un mese prima di lasciarci, all’Ospedale di Niguarda in cui era ricoverato: un evento della manifestazione BookCity, dedicato proprio a Milano nei suoi libri». Oggi l’Associazione Culturale Andrea G. Pinketts, fondata dalla madre, ripubblica i suoi libri in nuove edizioni arricchite da brevi saggi e articoli dello scrittore sui temi da lui trattati: dopo “Lazzaro, vieni fuori” e “Il vizio dell’agnello”, per il 2022 è prevista l’uscita de “Il senso della frase”, considerato da molti il suo capolavoro.

Andrea G. Pinketts con gli scrittori noir Andrea Carlo Cappi e Sergio Rilletti


IL PERSONAGGIO

Andrea G Pinketts, il genio dimenticato e l’associazione di amici diventa editore

Una nuova veste per “Lazzaro, vieni fuori”

  • 4 Novembre 2021
  • Andrea Monticone

04 NOVEMBRE 2021


Il primo novembre è appena passato e quasi distrattamente puoi pensare che, di nuovo, come è ormai da tre anni, non c’è Andrea G. Pinketts a cominciare come sua tradizione un nuovo romanzo. Magari seduto a un tavolino del Trottoir, là dove Milano diventa Brera, ché si tratta di un altro mondo e pazienza se i Navigli soffrono di gentrificazione, il romanticismo non muore. E chissà se i Baustelle potrebbero pensare a lui, nei panni del «romantico a Milano».

Andrea G. (che stava per Genio, era solito dire, anche se la fredda anagrafe ci ha tolto il fascino rivelandoci che si chiamava Andrea Giovanni Rodolfo Pinchetti) non c’è più e in qualunque altro mondo o circostanza ci sarebbe la coda per celebrazioni, riscoperte della sua opera, edizioni antologiche, vanno bene anche ripubblicazioni economiche. Giornalista investigativo, ex pugile, scrittore pulp quando questa parola non andava di moda (e se non il padre di certo è stato lo zio dei Cannibali, di quegli zii che ti passano un sigaro e un bicchiere di nascosto), è stato soprattutto quello che uno scrittore deve essere: uno che gioca con la scrittura, che trasforma il linguaggio, che ti fa la letteratura e peraltro se ne sbatte dei premi – lui che pure ne aveva collezionati -, dei circoletti e delle classifiche.

Se Andrea non c’è più, c’è ancora Lazzaro Sant’Andrea, il suo alter ego letterario, l’investigatore della vita più che della cronaca, un po’ bandito un po’ angelo, ragazzo adulto, un po’ Pinketts e un po’ Pinchetti, quanto Pinketts-Pinketti poteva essere Lazzaro Sant’Andrea. “Lazzaro vieni fuori”, il suo romanzo d’esordio, esce adesso in una nuova veste, arricchita da contributi speciali e da una nota di Andrea Carlo Cappi, amico, editor di Pinketts, complice in quel di Andora per il festival noir, scrittore sotto pseudonimo per Segretissimo. Un romanzo – che, vedi i casi della vita, riecheggerà potente quando da giornalista Pinketts seguirà il caso del mostro di Foligno, divenendo investigatore – con la sigla “Associazione culturale Andrea G. Pinketts”, ossia gli amici che si fanno editori. Ciao Andrea, quanto ci manchi (soprattutto quando alcuni provano a definirsi scrittori noir, anzi scrittori).

2021_11_04_CRONACAQUI.pdf

10 SETTEMBRE 2021

Premio Torre Crawford 10/12 settembre. Presentazione della riedizione de Il vizio dell’agnello di Andrea G. Pinketts

10-12 Settembre 2021 –
Al Festival Premio Torre Crawford
a San Nicola Arcella (CS)
Andrea Carlo Cappi presenta con il regista Aldo Lado
la riedizione del romanzo di Andrea G. Pinketts  
“Il vizio dell’agnello” 

Venerdì 10 settembre, 17.30, Giardino delle Mele, via Nazionale 48, S. Nicola Arcella (Cosenza)

IL SECONDO ROMANZO DELLA SAGA DI LAZZARO SANTANDREA

*con tre contenuti extra               

Descrizione

Lazzaro Santandrea, detective in una Milano allucinata di fine anni Ottanta, sotto lo pseudonimo di Dottor Totem, specialista in tabù, riceve nel suo studio una varia umanità che lo crede cartomante, sessuologo, pranoterapeuta. In realtà lui, picaresco e freudiano quasi trentenne, attende la propria nemesi. Gli si presenta sotto forma di due ottantenni insospettabili, i quali rivelano che la loro bambina, Branka, già vincitrice di un premio di bontà, è diventata “un mostro” che avvelena i piccioni in Piazza del Duomo. Ma ora la “bambina”, stanca dei volatili, punta a una vittima più gustosa: l’uomo. Branka ha il vizio dell’agnello, sordido, nascosto, quello della vittima sacrificale ma… con le zanne.

Prefazione di Andrea Carlo Cappi.


Andrea G. Pinketts
(1960-2018), milanese, scrittore e giornalista investigativo, vincitore di varie edizioni del MystFest e di un Premio Scerbanenco, è stato insignito della medaglia d’onore dell’Assemblée Nationale de la République Française per meriti artistici e culturali. È noto sia per le sue raccolte di racconti, sia per i romanzi della chanson de geste del suo alter ego Lazzaro Santandrea, che dopo l’esordio in Lazzaro, vieni fuori    torna ne Il vizio dell’agnello.                  

***

Dopo i suoi storici interventi a Lezioni di Indisciplina, in collaborazione con l’Università della Calabria, nel weekend dal 10 al 12 settembre 2021 Andrea G. Pinketts torna in provincia di Cosenza – per la precisione nella suggestiva località turistica di San Nicola Arcella – per un nuovo evento culturale: il Festival Premio Torre Crawford.    

                                           
Associazione Culturale Andrea G. Pinketts. Fondata nel 2019 da Mirella Marabese Pinketts, madre dello scrittore, conta nel suo staff persone che per lungo tempo hanno collaborato alle attività di Andrea G. Pinketts nella sua Milano e in tutta Italia. Il nostro compito è occuparci del patrimonio letterario lasciato dal celebre scrittore milanese, ripubblicare i suoi testi non reperibili sul mercato, promuovere la sua opera letteraria, organizzare o collaborare a iniziative culturali dedicate alla sua figura, al suo ricordo e alla sua opera.



10 Settembre 2021

Editoria, “Il vizio dell’Agnello” di Pinketts sbarca al Festival Premio Torre Crawford

Torna, in libreria, il secondo libro del geniale scrittore Andrea G. Pinketts. Quel Vizio dell’agnello che ha conquistato il cuore di migliaia di fan. Pinketts, tra le tante cose, è vincitore di varie edizioni del MystFest e di un Premio Scerbanenco, è stato insignito della medaglia d’onore dell’Assemblée Nationale de la République Française per meriti artistici e culturali. È noto sia per le sue raccolte di racconti, sia per i romanzi della chanson de geste del suo alter ego Lazzaro Santandrea, che dopo l’esordio in Lazzaro, vieni fuori torna ne Il vizio dell’agnello. Questa è la trama. Lazzaro Santandrea, detective in una Milano allucinata di fine anni Ottanta, sotto lo pseudonimo di Dottor Totem, specialista in tabù, riceve nel suo studio una varia umanità che lo crede cartomante, sessuologo, pranoterapeuta. In realtà lui, picaresco e freudiano quasi trentenne, attende la propria nemesi. Gli si presenta sotto forma di due ottantenni insospettabili, i quali rivelano che la loro bambina, Branka, già vincitrice di un premio di bontà, è diventata “un mostro” che avvelena i piccioni in Piazza del Duomo. Ma ora la “bambina”, stanca dei volatili, punta a una vittima più gustosa: l’uomo. Branka ha il vizio dell’agnello, sordido, nascosto, quello della vittima sacrificale ma… con le zanne.  Il libro torna in vita grazie all’attivismo dell’Associazione A.G. Pinketts, che ha costruito una nuova edizione da collezione. Il romanzo verrà presentato oggi al Festival Premio Torre Crawford, a San Nicola Arcella (CS). A raccontarlo il regista Aldo Lado con Andrea Carlo Cappi


30 agosto 2021

Quella Milano americana di Andrea Pinketts


Nella Milano di Andrea Pinketts,

di notte, c’è il mare, “un mare di persone nascoste dall’oscurità, che che nuotano da un locale all’altro per pescare o farsi pescare, un po’ esche un po’ squali disinvolti”. Un mare di guai, in burrasca, alla ricerca disperata di divertimento prima del giorno, di equivoci e persone equivoche. Una marea umana, attirata da migliaia di fari al neon, dagli appartamenti borghesi ai locali edonisti, col nome internazionale. È una Milano americanizzata, sotto le luci della Hollywood reaganiana e della pubblicità di Publitalia, da bere, ma sorseggiata con avidità, conscia di toccare il fondo del bicchiere. “Una città malata, malata come sono un po’ tutte le città di questo periodo”. 
Tra le ombre dei noir di Scerbanenco e i riflettori dei film dei Vanzina, gli scenari pulp e tarantiniani e i
personaggi grotteschi e surreali. In questa città deformata e frenetica si aggira Lazzaro Santandrea, alter ego e protagonista del secondo romanzo di Pinketts: “Il vizio dell’agnello”. Romanzo riproposto dall’Associazione omonima, per tenere viva la memoria e l’opera dell’uomo il cui secondo nome sta per Genio. In questa seconda ballata pinkettsiana, Lazzaro Santandrea, scampato ai rischi della crescita e delle responsabilità, si aggira con fiera immaturità in scenari allucinati calamitato da improbabili calamità. Lo fa fuori da ogni convinzione, progettualità, responsabilità, età, patente e licenza. Fuori da ogni regola continua ad essere l’eccezione vivendo situazioni eccezionali. Si finge, infatti, uno psicologo abusivo, confuso per sessuologo, adescatore, cartomante, al fine di scrivere un romanzo che gli permetterà di raggiungere la gloria. Lo pseudonimo del Dottor Totem, esperto in tabù, diventa il magnete per una corte dei miracoli tra cui svettano una coppia di anziani apolidi che gli affidano il caso della loro eccentrica figlia. Una bambina di sessant’anni che dopo aver vinto il premio come “angiolotta” di bontà e gentilezza, inizia ad avvelenare piccioni e clochard, seminando il terrore e il panico. Questa serial killer infantile, vestita come una ragazzina, con la precoce tendenza all’omicidio. Col vizio dell’agnello, la crudeltà nascosta dall’innocenza, la ferocia ingannata grazie alla gentilezza. Le disavventure di Lazzaro lo porteranno, alla ricerca della verità su questo insolito personaggio, in vicissitudini strabilianti, accompagnato da attori falliti, tassisti furiosi ex agenti di borsa, narcoterroristi neri indemoniati, tra procurati allarmi, pedinamenti sparatorie, etilici aperitivi pre, post ed intra inseguimenti. Ronin metropolitano in una Milano in cui sono tutti vermi e lui cerca di essere “un verme solitario”. Ne il vizio dell’agnello, Pinketts combina divertimento e mistero, violenza e comicità, Scerbanenco e Bukowski, l’innocenza e la crudeltà. Un carosello insanguinato con un personaggio leggendario e famigerato, un duro col cuore di meringa, con uno stile allucinato e ammaliante, come se il mostro di Firenze facesse stand up comedy, col vizio di voler sempre stupire ed intrattenere il lettore e la dote da vecchio lupo di mare milanese, di riuscirci.

IL GIORNALE - 27 AGOSTO 2021


20 Luglio 2021

Successo per l’AG Noir Festival, sotto il segno di Pinketts.

Anche quest’anno si è tenuto con successo l’AG Noir Festival ad Andora, in Liguria. “Il festival, come spiega il sito ufficiale, si presenta fin dalla sua prima edizione, avvenuta nel 2015, con un fitto programma di conversazioni con scrittori, proiezioni di film, cortometraggi, incontri con giornalisti, avvocati e criminologi e progetti espositivi, a cui si aggiunge un Concorso Letterario dedicato ai racconti inediti di scrittori esordienti che abbiano compiuto 18 anni di età”. “Il Festival agisce su più palcoscenici: dalla spiaggia, con le “Colazioni noir”, al centro città, che ospita il palco del Pre-Festival, per arrivare alla storica location nell’Anfiteatro degli scenografici Giardini di Palazzo Tagliaferro, che ogni anno in concomitanza dell’evento ospita anche la Fiera del Libro “Buona Letteratura – Noir e non solo”: un incontro dedicato al mondo dell’editoria indipendente che permette agli appassionati della lettura di incontrare le ultime produzioni e le proposte di editori e librai che hanno fatto della cura e della qualità la loro filosofia”. Quest’anno il festival si è mosso sotto il segno dell’ispiratore maximo, nonché monarca assoluto del noir italico, Andrea G. Pinketts. L’associazione che si occupa di curare la memoria dello scrittore ha presentato la nuova edizione de Il vizio dell’agnello. Così la madre dell’artista, la signora Mirella Pinketts, ha raccontato il rapporto speciale tra suo figlio e il festival: “Andora, luogo caro a mio figlio Andrea, dove l’arte, la cultura, beneficiano dell’aria, non soffrendo del bisogno di estraniarsi dal quotidiano, arricchisce l’anima e i sensi. Dopo tanto orrore, squallore, dolore, devo immergere il mio pensiero in un prato verde dove nascono fiorellini innocenti, multicolori, nel vento, nelle bufere, negli uragani, senza temere le furie del tempo dato che dopo tornerà il sole che ridarà loro vita e allontanerà, magari in modo burrascoso, le piante di cactus che crescono fra loro con le loro spine possono ferie, pungere. Mi attira allora l’immagine evocativa: il rosso che è l’espressione della violenza, il giallo e il nero che formano un triangolo, e con la potenza dei colori, evoca la follia, rappresenta un pugnale, una spada. C’è anche il bianco che è sorgente di luce, il cappello evoca il padrino di questo art-festival da cui Andrea non andrà mai via. Il suo logo è indistruttibile. Otto anni prima Andrea aveva accettato la sfida postagli dal vulcanico sindaco Mauro Demichelis, creare il festival AG NOIR. Oggi, l’immagine realizzata dal concept artist Giacomo Guccinelli è un tributo dell’artista all’insostituibile Andrea G. Pinketts. Testimoniare AG NOIR con il viso e l’immagine visibili solo a metà. C’è anche un altro simbolo, l’impermeabile bianco e il cappello che da modo di ricordare il padrino. Gli artisti dialogano, creano a modo loro. Il linguaggio è comune, l’ intesa è profonda. Grazie di questo omaggio signor Guccinelli, lo terrò caro, testimone del ricordo e della nostalgia di mio figlio. Ma Andrea c’è, onore al sindaco Mauro, alla deliziosa Christine, a tutte le persone che hanno contribuito a rendere questo festival indimenticabile”.

15 Luglio 2021

Perché Pinketts non può essere letto solo una volta…

A Milano di notte c’è il mare…’

Una delle perle letterarie del romanzo ‘Il vizio dell’agnello’, frase protagonista all’AG Noir festival di Andora, grazie al reading dell’attore Fabrizio De Giovanni, fondatore del Teatro Sociale e di Radio Itineraria a Milano.

Andora chiama Milano oggi proprio come sette anni fa quando il sindaco andorese Mauro Demichelis abbraccia con entusiasmo e coraggio l’idea esuberante dello scrittore Pinketts: creare un festival letterario Noir nella città di mare.

I presenti posso testimoniare: Christine Enrile, direttrice e conduttrice del festival, apre la prima edizione, con una sedia e un microfono. Oggi, personaggi, scrittori, criminologhi e giornalisti, fanno riempire tutte le sedie (o quasi visto l’epoca pandemica in atto) della piazza adibita a palco del Palazzo Tagliaferro con un pubblico verace e appassionato.


‘Gli amici sono coperte…

È vero Andrea, i tuoi amici Andrea Carlo Cappi (editor di Pinketts) ed Elisabetta Friggi (il tuo braccio destro e tecnologico) insieme alla tua mamma creano due anni fa l’associazione culturale Andrea G. Pinketts ripubblicando i libri della saga del protagonista dei tuoi romanzi e tuo alter ego Lazzaro Santandrea, detective suo malgrado, il Cyrano di una Milano dagli angoli bui eppure luminosi.

Il senso della frase’

Assolutamente sì. Nella pagina Facebook a te dedicata @PinkettsLibri le tue perle di saggezza vengono lette e rilette, commentate e seguite da più di 20.000 seguaci, devoti, amici, estimatori e nuovi lettori.


Ah sì! E io lo dico a Pinketts’

La tua profetica frase ‘Nel 2030 diventerò un classico’. E noi lo diciamo ai tuoi lettori: ci stiamo lavorando, davvero.

Perché Pinketts non può essere letto una sola volta viste le molteplici chiavi e i diversi piani di lettura che emergono solo leggendo e, fidatevi è meglio, rileggendo e rileggendo.

Nelle nuove edizioni oltre la trama, i funambolici calembur, le ballate, gli spontanei neologismi che inseguono lo spirito del tempo, le puntuali e approfondite prefazioni dello scrittore Andrea Carlo Cappi e gli inediti che completano quel quadro d’indagine iniziato come giornalista investigativo e sfociato nella narrativa, nella tua Milano, quella dei diseredati dei barboni, gli emarginati, gli esclusi. E ancora, gli assassini, i folli, i serial killer. Perché come dicevi tu ‘Il Noir è l’ultimo romanzo sociale’.

5 Luglio 2021

Il 9 Luglio, serata speciale con
Il Vizio dell’agnello di
Andrea G. Pinketts
al
Festival AG Noir
di Andora.

AG NOIR Festival di Andora

*Reading letterario- Fabrizio De Giovanni legge Pinketts

*Proiezione book trailer “Il vizio dell’agnello”

*Video intervista Mirella Marabese Pinketts

DescrizioneLazzaro Santandrea, detective in una Milano allucinata di fine anni Ottanta, sotto lo pseudonimo di Dottor Totem, specialista in tabù, riceve nel suo studio una varia umanità che lo crede cartomante, sessuologo, pranoterapeuta. In realtà lui, picaresco e freudiano quasi trentenne, attende la propria nemesi. Gli si presenta sotto forma di due ottantenni insospettabili, i quali rivelano che la loro bambina, Branka, già vincitrice di un premio di bontà, è diventata “un mostro” che avvelena i piccioni in Piazza del Duomo. Ma ora la “bambina”, stanca dei volatili, punta a una vittima più gustosa: l’uomo. Branka ha il vizio dell’agnello, sordido, nascosto, quello della vittima sacrificale ma… con le zanne.Prefazione di Andrea Carlo Cappi.

Andrea G. Pinketts (1960-2018), milanese, scrittore e giornalista investigativo, vincitore di varie edizioni del MystFest e di un Premio Scerbanenco, è stato insignito della medaglia d’onore dell’Assemblée Nationale de la République Française per meriti artistici e culturali. È noto sia per le sue raccolte di racconti, sia per i romanzi della chanson de geste del suo alter ego Lazzaro Santandrea, che dopo l’esordio in Lazzaro, vieni fuori    torna ne Il vizio dell’agnello.                    

***Fabrizio De Giovanni, è tra i fondatori della Compagnia ITINERARIA TEATRO con la quale ha partecipato, dal 1994, a tutti gli spettacoli prodotti sino ad oggi.Nel 1991 comincia una collaborazione con la Compagnia teatrale di Dario Fo e Franca Rame allo spettacolo Parliamo di donne, per oltre 90 repliche in tutta Italia. La sua collaborazione con Dario Fo e Franca Rame, è proseguita fino al 1998, anno in cui ha preso parte allo spettacolo di teatro civile Marino libero! Marino è innocente!, sulla riapertura del Caso Sofri.

Associazione Culturale Andrea G. Pinketts. Fondata nel 2019 da Mirella Marabese Pinketts, madre dello scrittore, conta nel suo staff persone che per lungo tempo hanno collaborato alle attività di Andrea G. Pinketts nella sua Milano e in tutta Italia. Il nostro compito è occuparci del patrimonio letterario lasciato dal celebre scrittore milanese, ripubblicare i suoi testi non reperibili sul mercato, promuovere la sua opera letteraria, organizzare o collaborare a iniziative culturali dedicate alla sua figura, al suo ricordo e alla sua opera.

30 Giugno 2021

Torna in libreria “Il vizio dell’agnello” di Andrea G. Pinketts, autore di culto del noir italiano

di Gianmarco Aimi

I libri fuori catalogo sono rieditati dall’associazione nata dopo la sua scomparsa, per riscoprire un autore di culto del noir, che in Francia venne insignito della medaglia d’onore per meriti culturali

È stata presentata in anteprima al MystFest di Cattolica, il festival del giallo e del mistero, la riedizione di un libro culto per gli appassionati del genere. Si tratta de Il vizio dell’agnello dello scrittore Andrea G. Pinketts. L’associazione culturale che porta il suo nome, infatti, prosegue a spron battuto nell’attività per far conoscere o riscoprire uno degli autori simbolo del noir in Italia. Vincitore di varie edizioni del MystFest, del Premio Scerbanenco, di tanti altri legati all’attività di giornalista d’inchiesta e di scrittore – oltre a essere stato insignito della medaglia d’onore dell’Assemblée Nationale de la République Française per meriti artistici e culturali – Pinketts quindi continua a vivere attraverso i suoi libri e i mille aneddoti che ormai sono diventati leggenda, da Milano alla cittadina romagnola.


Una ristampa che contiene tre contenuti inediti dello stesso autore: Jackie la Squartatrice, Scerbanenco va alla guerra, Nato a teatro. La trama, vede protagonista il suo alter ego Lazzaro Santandrea, detective in una Milano allucinata di fine anni Ottanta, sotto lo pseudonimo di Dottor Totem, specialista in tabù, riceve nel suo studio una varia umanità che lo crede cartomante, sessuologo, pranoterapeuta. In realtà lui, picaresco e freudiano quasi trentenne, attende la propria nemesi. Gli si presenta sotto forma di due ottantenni insospettabili, i quali rivelano che la loro bambina, Branka, già vincitrice di un premio di bontà, è diventata “un mostro” che avvelena i piccioni in Piazza del Duomo. Ma ora la “bambina”, stanca dei volatili, punta a una vittima più gustosa: l’uomo. Branka ha il vizio dell’agnello, sordido, nascosto, quello della vittima sacrificale ma… con le zanne. Con prefazione di Andrea Carlo Cappi, il volume è acquistabile direttamente dal sito dell’Associazione Andrea G. Pinketts.

A tre anni dalla scomparsa, il premio a lui dedicato quest’anno al MystFest è stato assegnato a Esposito La Rossa della Scugnizzeria di Napoli e la madre dell’autore, nonché presidentessa dell’Associazione, ha scritto questa lettera per ringraziare gli organizzatori e ricordare il suo figlio geniale.


La lettera di Mirella Marabese Pinketts

I decenni che passano lasciano dei segni che non si cancellano e m’impediscono di appagare le brame del mio spirito che anelerebbe ad essere errante dovunque. Ma l’anima è libera. Vola via, annullando ogni ostacolo. È dominata da un sentimento che è il miracolo dell’amore, è una vibrazione tumultuosa del cuore, vittorioso e onnipotente. Per questo, i decenni si sfaldano dando loro nuova vita, un’energia possente, un rinascere.

E siamo qui, Andrea e io, appagati e pronti a un prodigio di un sentimento che la lontananza e il distacco fisico non annullano.

Questo palco ospita il 48° festival di Cattolica (21/27 giugno) dove l’arte, la cultura, la conoscenza, si alleano con un’ospitalità fragrante, sorridente e armoniosa della gente che ci vive. È come sentirsi abbracciati con un calore che riscalda il cuore.

Mio figlio Andrea che, come per prodigio, tutti voi sentite accanto, ha scritto nel libro ‘Il vizio dell’agnello’: “A Milano di notte c’è il mare”.

A Cattolica, il mare c’è sempre. Se ne sente il mormorio delle onde che parlano, a chi sa ascoltare, dando loro il benvenuto.

Andrea è fiero della Stella di Sceriffo che il sindaco Micucci gli offerse consegnandogli l’onorificenza nelle cui vesti mio figlio riuscì ad individuare centosei camorristi che furono poi arrestati, ripulendo così la città da un marasma che la offendeva con loschi intrighi.

Seguirono poi altre pericolose inchieste giornalistiche che uscirono per la rivista Esquire. A Foligno riuscì ad individuare il mostro che uccideva per puro sadismo, vittime innocenti.

S’introdusse anche, con generosa e consapevole irriverenza, nella setta degli adoratori di Satana dove, fra fuochi propiziatori, nudità esposte generosamente, effluvi misteriosi (e penso) tali da ottenebrare il cervello, riuscì a rendere più verosimile questa pericolosa intromissione nella setta dei Bambini di Satana. Ottenne anche il battesimo in nome di quel dio fasullo ed eretico, insistente nelle fantasie diaboliche ed ottenebrate da questi adepti. Ne uscì indenne, ma certamente consapevole del rischio corso. Nel 1996 Panorama pubblicò l’inchiesta giornalistica.

Mi raccontò tutto questo, e lascio immaginare a voi, il mio sgomento al  suo rientro ma la sua immagine rimasta pulita, generosa, per bene, vinse anche questa prova. Ancora, Panorama riportò questa eccezionale inchiesta e il successo fu enorme. E ancora mi turba l’esperienza vissuta da lui e ringrazio il nostro Dio. Andrea era intellettualmente attirato da queste mirabolanti inchieste. Io, confesso, molto meno.

Un’altra esperienza fu l’inchiesta giornalistica, che vissi con ammirato e silenzioso stupore: Andrea passò un mese fra i senza fissa dimora, gli emarginati, i drogati. Il loro rifugio era nei meandri della Stazione Centrale. Andrea divise un sacco a pelo e vari cartoni, dove, ne sono certa, ebbe la protezione di Morfeo, grazie Morfeo. Ritornò a casa afflitto da un persistente prurito. .

Fermare Andrea nell’indagine sociale, dettata da una profonda umanità espressa, sarebbe stato come arrestare sul circuito di Monza un pilota di Formula Uno. Emerge nei miei ricordi Alberto Ascari, facendo parte, allora, dell’entourage delle nostre amicizie.

Da questo tipo di esperienze, travestimenti, investigazioni, quale infiltrato e giornalista investigativo per Panorama ed Esquire, è nata l’idea della “Scuola dei Duri”.

Come Andrea dichiarò “La “Scuola dei Duri” è una sorta di “Bar letterario”, a metà tra un circolo ed un salotto. Un posto aperto a tutti dove chiunque può intervenire, proporre, leggere i propri scritti, o semplicemente ascoltare. Con l’attività della “Scuola dei Duri” sono riuscito a far pubblicare giovani talenti che altrimenti non avrebbero trovato spazio e considerazione nel mondo dell’editoria.”.

Questo è Andrea, lo sceriffo amato e irriverente. Questa nomina rinvigorisce anche il patto di amicizia profonda fra il sindaco Micucci e la cara e dolcissima Simonetta. Micucci si portò via un po’ del nostro cuore. Era sempre vestito di bianco e gareggiava con Andrea per abbagliare il pubblico, con le loro mise e i loro cappelli. Per i prodigi che compie l’energia e l’amore, li vedo entrambi sul palco, amici fraterni, complici.

Il 3° Premio Pinketts si apre su uno scenario che ha qualcosa di magico, di irreale.

Amici. Amici, gente, persone, che hanno visto mio figlio ancora una volta Star di questa serata. Nessuno dimentica. Nessuno ti dirà mai addio.

Sono a Napoli, città nella quale avrei voluto vivere. Ne amo il colore vivace, cangiante. Ne amo l’intensa capacità di amare, i vicoli, le stradine con i panni stesi. Ne amo i protagonisti illustri. Il grande Totò, Eduardo de Filippo, Massimo Ranieri, Luciano De Crescenzo, Roberto Murolo e Mario Merola, ed altri, in ogni campo artistico.

Ne amo anche il vocio assordante che in questa città, che è nostro vanto, esprime gioia di vivere unita a una malinconia latente.

Ed entro in una libreria di periferia: La Scugnizzeria di Scampia a Napoli.

Le librerie hanno un odore particolare, non quelle moderne dove imperano scaffali di acciaio o simili. Le librerie di quartiere odorano di cultura, di vissuto, di saggistica, di curiosità, di inchiostri vegetali.

C’è un’aria particolare. I libri, di tutti i generi, adatti a qualsiasi età, occhieggiano negli scaffali come un invito e ritorno allora a Cattolica dalla quale peraltro non mi sono mai mossa, merito della potenzialità dell’energia che non ha confini, e incontro Rosario Esposito La Rossa, scrittore, editore e fondatore della Scugnizzeria che è diventata nel tempo il riferimento culturale di Scampia con le porte invitanti e spalancate a tutto il mondo. L’obiettivo primo, ed è edificante, è un monito contro la violenza, l’ignoranza intellettiva e del cuore. E’ un impegno sociale che crea rapporti umani, che vuole migliorare chi legge, chi studia, chi ricerca ma anche chi è attirato dal malaffare, da chi al posto dei fiori ha nel cuore diavoletti o serpentelli, ignari di quanto viene loro offerto dal regno editoriale di Rosario Esposito La Rossa che ha portato una ventata di pulizia morale, di generosità, di impegno sociale. Napoli se n’è accorta. Dovrebbe essere imitato in tutta Italia.

Rosario sarà questa sera sul palco per ricevere il premio che porta il nome di Andrea. E’ il terzo premio Pinketts al Mystfest che dopo aver omaggiato nella prima edizione lo scrittore texano John Lansdale, nel secondo anno il musicista Morgan, ora consegna il riconoscimento a una libreria.

A Napoli c’è una tradizione che quando ne parlarono i giornali, mi commosse. Nei bar, se bevi un caffè ne paghi due, è il caffè sospeso. Usanza ampiamente raccontata dal compianto Luciano De Crescenzo. Quando si era felici si andava al bar e si pagavano due caffè. Uno lo si beveva e l’altro lo si lasciava per chi non aveva la possibilità.

Ebbene alla Scugnizzeria questo pensiero delicato è abituale. Alla Scugnizzeria, libreria di Melito e Scampia, hanno attivato il Libro Sospeso. Ma come funziona? Stesso concetto del caffè. Arrivano in libreria persone da tutta la città che comprano un libro e poi lasciano un sospeso.

Una libreria davvero speciale. Quarant’anni per vedere nascere una libreria nell’area nord di Napoli. Dove prima si vendeva la droga oggi si ‘spacciano’ libri.

Rosario Esposito La Rossa è stato insignito del titolo di Cavaliere del lavoro “per atti di eroismo, per l’impegno nella solidarietà, nell’integrazione, nel soccorso, per l’attività in favore dell’inclusione sociale, nella promozione della cultura, della legalità e per il contrasto alla violenza”.  Questo riconoscimento fu dato anche al padre di Andrea, l’ingegner Luigi Pinchetti nel lontano 1965.

Io, grata di questo tripudio che Cattolica offre a mio figlio, dono il mio cuore a questa città, al Sindaco Mariano, all’adorabile Simonetta e a tutto il pubblico che anima questa serata. Rosario, Andrea e io siamo onorati di averti conosciuto. L’energia è benedetta.

L’amato sindaco Mariano Gennari, la squisita direttrice Simonetta Salvetti, hanno voluto ancora una volta, onorare Andrea e perpetuare la sua versatilità intellettuale e il suo coraggio, offrendo il 3° premio Pinketts, a Rosario e alla Scugnizzeria, libreria dell’anima dove i valori trionfano sul malcostume, sull’ignoranza, sulla grettezza, sulla mancanza di valori. Grazie Cattolica.

Annuso l’aria del mare che a Milano c’è solo di notte ma a Cattolica regna sovrano sempre.



25 Giugno 2021

Mystfest, Roberto Saviano oggi a Cattolica. C' è grande attesa al MystFest per l' arrivo di Roberto Saviano, oggi ospite d' eccezione.

C’è grande attesa al MystFest per l’arrivo di Roberto Saviano, oggi ospite d’eccezione. Un personaggio che non ha bisogno di presentazioni, al festival con il suo ultimo libro Gridalo, edito da Bompiani. Sul palco con lui, in un’indagine sui meccanismi della propaganda, della censura e della manipolazione, lo scrittore Carlo Lucarelli, altro caposaldo della letteratura italiana. La presentazione avrà un accompagnamento originale ed inedito: Alessandro Baronciani, illustratore sia dell’immagine grafica delle ultime edizioni del MystFest, sia delle illustrazioni contenute nel libro di Roberto Saviano, disegnerà dal vivo mentre l’autore racconterà in prima persona le storie contenute nel libro.

L’incontro sarà preceduto dall’assegnazione del terzo Premio Andrea G. Pinketts, lo Sceriffo di Cattolica, che dopo Joe R. Lansdale e Morgan, viene ritirato quest’anno dallo “spacciatore di libri” Rosario Esposito La Rossa de La Scugnizzeria di Scampia. Il giovane editore e attivista, nominato Cavaliere dell’Ordine al merito della Repubblica italiana dal Presidente della Repubblica e il suo originale progetto ricordano l’impegno rigoroso di Andrea G. Pinketts nel giornalismo: nel 1992 grazie ai suoi reportage sulla mafia per Panorama ed Esquire ha contribuito all’arresto di 106 camorristi a Cattolica (da cui il titolo di sceriffo). Ha contribuito inoltre all’incriminazione della setta dei Bambini di Satana a Bologna e a delineare il profilo di Luigi Chiatti, il mostro di Foligno. Il premio va quindi ad una realtà che come Pinketts si rivolge principalmente agli ultimi. Il riconoscimento è offerto da Sgr per la cultura, per l’occasione sarà presente anche l’Associazione Andrea G. Pinketts, che collabora all’assegnazione del premio.

La Scugnizzeria è un bellissimo progetto nato nel cuore di Scampia, è la casa degli scugnizzi, un luogo dove la porta è sempre aperta. 140 mq di rivoluzione in periferia, tra Scampia e Melito, una sala polifunzionale dove vengono presentati libri, cineforum, mostre. Un centro di formazione per i ragazzi del territorio e uno spazio per corsi di teatro, cinema, editoria e molto altro. Una piazza di “spaccio” creativa. La prima enolibreria dell’area nord di Napoli, dove si vendono o scambiano libri di case editrici indipendenti. A gestirla Rosario Esposito La Rossa, giovane editore che è riuscito a realizzare un sogno e con la sua casa editrice (Marotta e Caffiero) è arrivato fino a Stephen King, che ha scelto di pubblicare con loro l’ultimo suo capolavoro: Guns.

La serata sarà condotta dalla giornalista Simona Mulazzani. La giornata si aprirà alle 18 ai bagni 70/71 Oasis (in via Ferrara-angolo via Carducci) per il secondo appuntamento con la rassegna Gialli sotto l’ombrellone. L’iniziativa si svolge in collaborazione con la Biblioteca comunale di Cattolica e i bagnini della Regina e invita il pubblico del festival in spiaggia per la presentazione delle novità editoriali. Parteciperanno Oriana Ramunno che presenterà Il bambino che disegnava le ombre (Rizzoli Editore) e Fausto Vitaliano autore di La sabbia brucia (Bompiani Editore).



25 Giugno 2021

Editoria, torna Pinketts con il "Vizio dell'agnello"

di Tiziano Rapanà

Torna, in libreria, il secondo libro del geniale scrittore Andrea G. Pinketts. Quel Vizio dell’agnello che ha conquistato il cuore di migliaia di fan. Pinketts, tra le tante cose, è vincitore di varie edizioni del MystFest e di un Premio Scerbanenco, è stato insignito della medaglia d’onore dell’Assemblée Nationale de la République Française per meriti artistici e culturali. È noto sia per le sue raccolte di racconti, sia per i romanzi della chanson de geste del suo alter ego Lazzaro Santandrea, che dopo l’esordio in Lazzaro, vieni fuori torna ne Il vizio dell’agnello. Questa è la trama. Lazzaro Santandrea, detective in una Milano allucinata di fine anni Ottanta, sotto lo pseudonimo di Dottor Totem, specialista in tabù, riceve nel suo studio una varia umanità che lo crede cartomante, sessuologo, pranoterapeuta. In realtà lui, picaresco e freudiano quasi trentenne, attende la propria nemesi. Gli si presenta sotto forma di due ottantenni insospettabili, i quali rivelano che la loro bambina, Branka, già vincitrice di un premio di bontà, è diventata “un mostro” che avvelena i piccioni in Piazza del Duomo. Ma ora la “bambina”, stanca dei volatili, punta a una vittima più gustosa: l’uomo. Branka ha il vizio dell’agnello, sordido, nascosto, quello della vittima sacrificale ma… con le zanne.  Il libro torna in vita grazie all’attivismo dell’Associazione A.G. Pinketts, che ha costruito una nuova edizione da collezione. Il romanzo verrà presentato oggi al Mystfest di Cattolica, dove verrà assegnato il Premio Pinketts. Quest’anno il riconoscimento sarà dato alla libreria La Scugnizzeria di Napoli. In una lettera, Mirella Marabese Pinketts ha spiegato la scelta che ha spinto a premiare la libreria: ” Sono a Napoli, città nella quale avrei voluto vivere. Ne amo il colore vivace, cangiante. Ne amo l’intensa capacità di amare, i vicoli, le stradine con i panni stesi. Ne amo i protagonisti illustri. Il grande Totò, Eduardo de Filippo, Massimo Ranieri, Luciano De Crescenzo, Roberto Murolo e Mario Merola, ed altri, in ogni campo artistico. Ne amo anche il vocio assordante che in questa città, che è nostro vanto, esprime gioia di vivere unita a una malinconia latente. Ed entro in una libreria di periferia: La Scugnizzeria di Scampia a Napoli. Le librerie hanno un odore particolare, non quelle moderne dove imperano scaffali di acciaio o simili. Le librerie di quartiere odorano di cultura, di vissuto, di saggistica, di curiosità, di inchiostri vegetali. C’è un’aria particolare. I libri, di tutti i generi, adatti a qualsiasi età, occhieggiano negli scaffali come un invito e ritorno allora a Cattolica dalla quale peraltro non mi sono mai mossa, merito della potenzialità dell’energia che non ha confini, e incontro Rosario Esposito La Rossa, scrittore, editore e fondatore della Scugnizzeria che è diventata nel tempo il riferimento culturale di Scampia con le porte invitanti e spalancate a tutto il mondo. L’obiettivo primo, ed è edificante, è un monito contro la violenza, l’ignoranza intellettiva e del cuore. E’ un impegno sociale che crea rapporti umani, che vuole migliorare chi legge, chi studia, chi ricerca ma anche chi è attirato dal malaffare, da chi al posto dei fiori ha nel cuore diavoletti o serpentelli, ignari di quanto viene loro offerto dal regno editoriale di Rosario Esposito La Rossa che ha portato una ventata di pulizia morale, di generosità, di impegno sociale. Napoli se n’è accorta. Dovrebbe essere imitato in tutta Italia. Rosario sarà questa sera sul palco per ricevere il premio che porta il nome di Andrea. E’ il terzo premio Pinketts al Mystfest che dopo aver omaggiato nella prima edizione lo scrittore texano John Lansdale, nel secondo anno il musicista Morgan, ora consegna il riconoscimento a una libreria. A Napoli c’è una tradizione che quando ne parlarono i giornali, mi commosse. Nei bar, se bevi un caffè ne paghi due, è il caffè sospeso. Usanza ampiamente raccontata dal compianto Luciano De Crescenzo. Quando si era felici si andava al bar e si pagavano due caffè. Uno lo si beveva e l’altro lo si lasciava per chi non aveva la possibilità. Ebbene alla Scugnizzeria questo pensiero delicato è abituale. Alla Scugnizzeria, libreria di Melito e Scampia, hanno attivato il Libro Sospeso. Ma come funziona? Stesso concetto del caffè. Arrivano in libreria persone da tutta la città che comprano un libro e poi lasciano un sospeso. Una libreria davvero speciale. Quarant’anni per vedere nascere una libreria nell’area nord di Napoli. Dove prima si vendeva la droga oggi si ‘spacciano’ libri. Rosario Esposito La Rossa è stato insignito del titolo di Cavaliere del lavoro “per atti di eroismo, per l’impegno nella solidarietà, nell’integrazione, nel soccorso, per l’attività in favore dell’inclusione sociale, nella promozione della cultura, della legalità e per il contrasto alla violenza”. Questo riconoscimento fu dato anche al padre di Andrea, l’ingegner Luigi Pinchetti nel lontano 1965. Io, grata di questo tripudio che Cattolica offre a mio figlio, dono il mio cuore a questa città, al Sindaco Mariano, all’adorabile Simonetta e a tutto il pubblico che anima questa serata. Rosario, Andrea e io siamo onorati di averti conosciuto. L’energia è benedetta. L’amato sindaco Mariano Gennari, la squisita direttrice Simonetta Salvetti, hanno voluto ancora una volta, onorare Andrea e perpetuare la sua versatilità intellettuale e il suo coraggio, offrendo il 3° premio Pinketts, a Rosario e alla Scugnizzeria, libreria dell’anima dove i valori trionfano sul malcostume, sull’ignoranza, sulla grettezza, sulla mancanza di valori. Grazie Cattolica. Annuso l’aria del mare che a Milano c’è solo di notte ma a Cattolica regna sovrano sempre”.



17 Giugno 2021 

Icaro Tg | MystFest 2021 | 48° Premio Gran Giallo città di Cattolica - Servizio di Simona Mulazzani 


17 GIUGNO 2021

COSE LETTERARIE

Il vizio dell’agnello del grande Andrea G. Pinketts. Riedizione con contenuti speciali in anteprima al Mystfest di Cattolica

IN USCITA IL SECONDO ROMANZO DELLA SAGA DI LAZZARO SANTANDREA

IL VIZIO DELL’AGNELLO di  ANDREA G. PINKETTS

In anteprima al MYSTFEST di Cattolica 21-27 Giugno 2021

MYSTFEST DI CATTOLICA 25 GIUGNO

* Assegnazione III PREMIO PINKETTS

* Anteprima e book trailer “IL VIZIO DELL’AGNELLO”

“Una metropoli di pazzi, cani, barboni con un’attrazione fatale per il diverso e per il torbido che si nasconde dietro la normalità.”(Cesare Medail)

Con 3 contenuti speciali di Andrea G. Pinketts: Jackie la Squartatrice
Scerbanenco va alla guerra
Nato a teatro
Prefazione di Andrea Carlo Cappi

*Riedizione con contenuti speciali

Data di uscita: 21 giugno 2021

a cura dell’Associazione Culturale Andrea G. Pinketts – Milano.

Descrizione

Lazzaro Santandrea, detective in una Milano allucinata di fine anni Ottanta, sotto lo pseudonimo di Dottor Totem, specialista in tabù, riceve nel suo studio una varia umanità che lo crede cartomante, sessuologo, pranoterapeuta. In realtà lui, picaresco e freudiano quasi trentenne, attende la propria nemesi. Gli si presenta sotto forma di due ottantenni insospettabili, i quali rivelano che la loro bambina, Branka, già vincitrice di un premio di bontà, è diventata “un mostro” che avvelena i piccioni in Piazza del Duomo. Ma ora la “bambina”, stanca dei volatili, punta a una vittima più gustosa: l’uomo. Branka ha il vizio dell’agnello, sordido, nascosto, quello della vittima sacrificale ma… con le zanne. Prefazione di Andrea Carlo Cappi.

Andrea G. Pinketts (1960-2018), milanese, scrittore e giornalista investigativo, vincitore di varie edizioni del MystFest e di un Premio Scerbanenco, è stato insignito della medaglia d’onore dell’Assemblée Nationale de la République Française per meriti artistici e culturali. È noto sia per le sue raccolte di racconti, sia per i romanzi della chanson de geste del suo alter ego Lazzaro Santandrea, che dopo l’esordio in Lazzaro, vieni fuori torna ne Il vizio dell’agnello.


Corriere Adriatico 12-06-21


Corriere Romagna 11-06-21


HOMECULTURANEWS

11 GIUGNO 2021 16:36

MystFest 2021, l’ospite più atteso è Roberto Saviano

Il festival del giallo più longevo d’Italia rilancia dopo la pandemia e propone un programma ricchissimo tra letteratura, musica e cinema. Il premio Pinketts a La Scugnizzeria di Scampia

di

GIANMARCO AIMI

Torna a Cattolica dal 21 al 27 giugno il MystFest 2021 – 48° Premio Gran Giallo città di Cattolica, appuntamento imperdibile per gli appassionati di giallo e mistero. Tra gli ospiti di quest’anno, spicca in particolare Roberto Saviano che sarà presente con il suo ultimo libro Gridalo. Fra gli altri, attesa l’esibizione musicale di Federico Poggipollini, e poi ancora gli Equ, Paolo Cevoli e i grandi nomi della letteratura: Massimo Carlotto, Carlo Lucarelli, Barbara Baraldi, Franco Forte, Piergiorgio Pulixi e Matteo Strukul.

L’Amministrazione Comunale di Cattolica conferma così anche quest’anno il suo impegno nei riguardi del più importante e longevo concorso dedicato al giallo che è stato trampolino di lancio dei più importanti scrittori italiani di genere. Un impegno ripagato dall’alto numero di racconti partecipanti al concorso che quest’anno sono più di 200 e saranno valutati da una giuria d’eccezione composta da Barbara Baraldi, Massimo Carlotto, Giancarlo De Cataldo, Maurizio de Giovanni, Carlo Lucarelli, Valerio Massimo Manfredi, Ilaria Tuti. Con loro il direttore de Il Giallo Mondadori Franco Forte e la direttrice del festival Simonetta Salvetti. Un’edizione che torna a svilupparsi nell’arco di un’intera settimana declinando il giallo nella letteratura, la musica, il cinema e l’arte, con un’attenzione anche ai più piccoli. Qui il programma completo.

 

Si partirà con un omaggio a Dante Alighieri con lo scrittore Matteo Strukul, la musica degli Equ – che a Dante hanno dedicato un album – e un laboratorio creativo per piccoli detective in una rilettura in chiave felina del viaggio dantesco. A Carlo Lucarelli il compito di indagare i temi della verità e della giustizia con Piergiorgio Pulixi e della propaganda e della manipolazione con Roberto Saviano, che presenterà Gridalo, accompagnato dalle illustrazioni dal vivo di Alessandro Baronciani. Note in giallo nella musica d’autore con Federico Poggipollini, storico chitarrista di Luciano Ligabue e un omaggio al noir italiano con la proiezione del film La donna della domenica di Luigi Comencini. Inoltre, in occasione dei 750 anni della città, il MystFest va alla scoperta dell’Atlantide italiana a largo di Cattolica tra storia e leggenda con l’archeologo subacqueo Michele Stefanile e il comico Paolo Cevoli. Infine, Barbara Baraldi, Massimo Carlotto, Franco Forte, Vincenzo Vizzini e Diego Lama presenteranno i loro ultimi lavori.

 

Sempre al centro della scena i premi: il Premio Gran Giallo città di Cattolica che nel 2021 giunge alla sua 48esima edizione e il terzo Premio Andrea G. Pinketts, che dopo aver premiato Joe R. Lansdale e Morgan, viene ritirato quest’anno dallo “spacciatore di libri” Rosario Esposito La Rossa de La Scugnizzeria di Scampia. Verranno inoltre consegnati il Premio Alberto Tedeschi e il Premio Alan D. Altieri.

Quest’anno il festival si apre maggiormente alla città e, oltre alla location storica di Piazza 1° Maggio, sceglie gli stabilimenti balneari per la rassegna “Gialli sotto l’ombrellone”, presentazioni in spiaggia – in collaborazione con la Biblioteca comunale di Cattolica e i bagnini della Regina – delle novità editoriali di Marcello Nucciarelli, Flavio Villani, Oriana Ramunno, Fausto Vitaliano, Elisa Bertini, Luca Di Gialleonardo e Liudmila Gospodinoff. L’artwork del manifesto è curato anche per questa edizione dall’illustratore Alessandro Baronciani. Le serate saranno condotte dalla giornalista Simona Mulazzani.


24/02/2021

Un grande scrittore Andrea G. Pinketts, Milano e il “noir”. La “mala” milanese del primo dopoguerra con le edizioni Le Milieu


I libri delle edizioni “Le milieu” ce li racconta Nicola Erba, un’immersione nelle storie della mala milanese del primo dopoguerra: Il bandito dell’Isola – Ezio Barbieri e “Vita di un bandito” Andrea De Maria (la banda di Via Osoppo. Poi un viaggio “noir” in una Milano trasformata, un trentennio dopo, attraverso la scrittura di un grande autore: Andrea G. Pinketts, fondatore della “Scuola dei duri”. Ne parleremo con lo scrittore Andrea Carlo Cappi ed Elisabetta Friggi dell’Associazione Culturale Andrea G. Pinketts www.andreagpinketts.it

Ascolta ora!


La Stampa | 10 aprile 2021


CulturaIdentità | 07 marzo 2021

I segreti di Twin Pinketts

Di Francesco Subiaco

Geniale ed ironico, inquietante e divertente, tra il mostro di Foligno e i nuovi mostri di Risi. È il primo volume della trilogia di Lazzaro Santandrea di Andrea G. Pinketts: “Lazzaro vieni fuori”.

Opera che vede una nuova edizione, grazie all’azione infaticabile della Associazione Andrea G. Pinketts, che, promossa dalla madre e dagli amici dello scrittore milanese, ne diffonde e promuove la diffusione attraverso una nuova riedizione(l’opera è del 1992), a circa tre anni dalla sua scomparsa. Si tratta di “una fiaba nera,comica e paurosa” che si muove nella surreale cornice trentina di Bellamonte, tra nani illusionisti, pulcinella alpini, psichiatri loschi, cosplay improbabili di Raimondo Vianello. In una storia che mischia noir e parodia, rivisitando il giallo, in maniera surreale, istrionica, unica. Attraverso le disavventure etiliche ed allucinanti di Lazzaro Santandrea, una vera “calamita perle calamità”, alterego del’autore, scapestrato e improvvisato detective, attirato magneticamente da situazioni grottesche e pulp. Tra Pulp fiction e Dalla parte di Swann, in una incursione nel mondo di un infanzia brighellesca e i ritrovamenti casuali di cadaveri , inseguendo le ombre del proprio passato e di un misterioso serial killer. Immergendo il lettore in una prosa tra Swift e lo swing, uno stile surreale, ricco di giochi di parole, scherzi linguistici, che si alternano e danno il cambio a pittoreschi, quanto profondi, ritratti psicologici di personaggi indimenticabili. Fatti di incontri fugaci con nuove fiamme, possibili sospettati, curiose attrazioni viventi. Uniti dal suo protagonista e narratore, la cui voce ricalca il timbro, il gergo di Pinketts. Lazzaro, questo anti Marcel proustiano(“Per molto sono andato a letto tardi. La differenza tra me e Proust”) che sa improvvisare tutti i mestieri, che riesce a fingersi membro del SISMI e capobanda di un gruppo vigilantes trentini, che se avesse mangiato quanto bevuto in questo romanzo “peserebbe una tonnellata”. Che ha tanti difetti, ma possiede “il senso della frase, il sesso della frase, il suono della frase, il significato della frase”, trasformando ogni riga in battuta, ogni battuta in una piccola verità:”La maturità è un’invenzione dell’uomo che non può ammettere di non essere migliorato” e ”Mai attaccare bottone con una sarta: conosce il trucco”. Unendo all’originalità linguistica, l’esperienza da giornalista investigativo, lo sguardo acuto del cronista di nera, che fa leggere, annusare e capire i piccoli dettagli del crimine. Che mostra i serial killer, come scrive nella splendida Appendice, come “ciechi che vedono solo nel riflesso di terrore negli occhi delle vittime”. Mostrando in quel Trentino, “che come è noto, ho inventato io”, la feroce vicenda di un assassino di bambini, la corte dei miracoli che lo accompagnano, che accrescono, sfumano e alludono al segreto di un finale sconvolgente ed inaspettato. Corte di personaggi laytoniani, tra cui figura anche la madre Mirella, tra le maggiori promotrici della diffusione dell’opera pinkettsiana, ritratta con affettuosa ironia. In Lazzaro vieni fuori, Pinketts inizia quella chanson de geste che il ciclo di Lazzaro, scrivendo un “manuale di istruzioni per l’uso” del suo autore, come sottolineato nella prefazione di Cappi, tra Bukowski e Ellroy, le maschere carnevalesche e le muse inquietanti. Seguendo le disavventure di questo “serial killer della parola” alla ricerca dei misteri di Twin Pinketts…

CulturaIdentità_07_03_2021.pdf

IL GIORNO | 25 Febbraio 2021

2021_02_25_IlGiorno_low.pdf

VIVIMILANO | 13 gennaio 2021

2021_01_13_VIVIMILANO.pdf

IL GIORNALE | 20 Dicembre 2020

2020_12_20_IlGiornale.pdf

CORRIERE DELLA SERA  | 19 Dicembre 2020

Lazzaro continua a venire fuori perchè Pinketts non se ne va via

di CRISTINA TAGLIETTI

Corriere della Sera 19 Dicembre 2020 53.pdf

ROLLINGSTONE - 11 dic. 2020 -

È resuscitato Lazzaro Santandrea, alter ego di Andrea Pinketts

Il primo libro della saga ‘pinkettsiana’ viene ristampato ed è ora acquistabile anche online, grazie all’associazione dedicata allo scrittore noir milanese

di GIANMARCO AIMI

Fra Peter Pan e il Mostro di Düsseldorf, fra Mary Poppins e Mary Reilly, fra pedofili e cinefili, fra Swift e swing, la genesi della letteratura pinkettsiana. Il primo romanzo del celebre scrittore milanese Andrea G. Pinketts Lazzaro, vieni fuori torna in libreria in una nuova edizione arricchita di ben quattro contenuti speciali (“Non sono angeli”, “X”, “Mister Y” e “Consigli per gli acquisti”). La saga di Lazzaro Santandrea – acquistabile sul sito dell’Associazione a lui dedicata – investigatore improvvisato e alter ego dell’autore, inizia proprio con questo romanzo noir ricco di suspense. La sua ironia sarcastica e irriverente entra nel tessuto sociale, indagando su crimini efferati e irrisolti. Al centro della vicenda l’uccisione di un bambino a Bellamonte, in Trentino, dove Lazzaro è tornato per ritrovare sé stesso e la propria infanzia. Una fiaba d’azione dove, il Bene e il Male si scontrano e, bene o male, ne escono sconfitti. Quando i cani latrano e i maiali abbaiano, quando i nani e i giganti si incontrano nello stesso piccolo paese, allora è il caso che Lazzaro intervenga. La prefazione è di Andrea Carlo Cappi.



Andrea G. Pinketts (1960-2018), milanese, scrittore e giornalista investigativo, vincitore di varie edizioni del MystFest e di un Premio Scerbanenco, è stato insignito della medaglia d’onore dell’Assemblée Nationale de la République Française per meriti artistici e culturali. È noto sia per le sue raccolte di racconti, sia per i romanzi della chanson de geste del suo alter ego Lazzaro Santandrea, che esordisce appunto in Lazzaro, vieni fuori.

La lettera della madre di Andrea G. Pinketts

Ad Andrea,
verranno ancora altri 2020, si perderanno nell’infinito.
Il tuo nome, tutto quello che hai dato alla letteratura, ai tuoi racconti, alle tue poesie, alle tue prefazioni, alle tue presentazioni, è qui, in primo piano, nella vita di tutti i giorni.
Ti avvolge come una grande fiamma che è alimentata dal nutrimento dei ricordi, del rimpianto, della nostalgia.
Mio amatissimo figlio, le lacrime dell’anima sono invisibili ma sono una linfa vitale che stimola il mio coraggio e la mia sopravvivenza.
Quando te ne andasti, ti dissi che non ti avrei mai detto addio.
Oggi, ancora una volta, mi viene dato da te un dono inestimabile. Le mani mi tremano, congiunte sul cuore come uno scrigno benedetto o come una presenza di un’eco che è immortale. Le schiudo e trovo il tuo primo libro edito nel 1992 “Lazzaro, vieni fuori”, il tuo personaggio imprevedibile Lazzaro Santandrea che supera i confini dell’essere perché è segnato nel tempo e non nella dimenticanza, tipicamente umana.
Ti ritrovo in ogni pagina, le tue avventure mirabolanti, dove irrompe la tua voce, forte, sicura, cinica, romantica, filosofica, caustica, irridente, autentica e me ne giunge l’eco.
Ti ho lasciato andare, tu non mi hai lasciata. I tuoi amici e collaboratori, e tutti quelli che seguiranno, dell’associazione che porta il tuo nome non ti hanno lasciato. Sono al mio fianco e mi sorreggono e fanno in modo che quanto hai lasciato non segni i confini del tempo.
I tuoi amici sono come dei fulmini che attraversano il cielo, rumorosi, coloratissimi, imperiosi, come sei tu che con il loro fulgore vuoi consolare la tua assenza, ma ti sentiamo presente, ci accompagna la tua generosità, il tuo idealismo, le tue verità.
Di questo te ne siamo sempre grati. Il cammino non si è interrotto, prosegue.
Le lacrime dell’anima di tua madre sono invisibili, appena un po’ lenite per incitarmi alla tua presenza-assenza. Ne parlerò sempre al presente e dalle lacrime dell’anima ti accompagna il mio sorriso appena un po’ svelato.

Mirella Marabese Pinketts


ROLLINGSTONE - 26 nov. 2020 -

HOME /CULTURA /NEWS                                                        26 NOVEMBRE 2020 19:03

Addio a Pogo il Dritto, il tassista-amico di Pinketts diventato personaggio letterario

È scomparso pochi giorni fa Duilio Pogliaghi, il migliore amico dello scrittore e anche dell’alter ego dei suoi romanzi. Aveva 59 anni. «Era il protagonista un po’ allucinato di tutti i libri di Andrea»

di 



Andrea G. Pinketts e Pogo il Dritto

Sembra che questo 2020 voglia toglierci, non solo gli affetti più cari ma persino la voglia di sognare. Così in un anno che si è già risucchiato Gigi Proietti, Sean Connery, Stefano D’Orazio e ieri Maradona (e ne dimentichiamo tanti altri, oltre alle migliaia di vittime del Covid), ora si accanisce addirittura sui personaggi di fantasia come Pogo il Dritto.

Che poi tanto di fantasia non era, ma che lo era diventato grazie alla penna di Andrea G. Pinketts, lo scrittore di noir scomparso nel 2018 che nei suoi funambolici romanzi era in grado di elevare amici, parenti, semplici compagni di bevute, nani e ballerine a veri e propri personaggi letterari. È il caso di Duilio Pogliaghi, in arte Pogo il Dritto, nella vita reale (e nella fiction) tassista milanese di 59 anni, che è scomparso in questi giorni. Era il migliore amico dello scrittore e affiancava in ogni peripezia anche il suo alter ego Lazzaro Sant’Andrea come fedelissima ed enciclopedica spalla “grazie a dosi eccessive di Trivial Pursuit e sigarette”. Ed è proprio grazie a figure strambe come Pogo, che è possibile districarsi fra le trame labirintiche dell’autore con “il senso della frase”.

Duilio Pogliaghi, in arte Pogo il Dritto

In uno dei romanzi è così descritto: “Pogo il dritto, da ‘Togo il dritto’, un biscotto che furoreggiava negli anni settanta. Duilio Pogliaghi che si costruiva da solo gli stereo. Pogliaghi che si comprava i Levi’s quando al liceo erano uno status symbol, poi andava al mare, in gennaio, si immergeva nell’acqua battendo i denti su un’immancabile sigaretta, usciva dal mare e si rotolava sulla sabbia coi jeans nuovi per collaudarli. Poi, saggiandosi le umide incrostazioni, diceva a sé stesso e a noi con aria di approvazione: ‘Si, sono proprio resistenti’. Pogliaghi e il tabacco. Pogliaghi si fumava, a quattordici anni, due pacchetti di Stop senza filtro al giorno. Al mattino si svegliava con una tosse sismica. Arrivava a scuola, si picchiava i pettorali della sua magrezza come fosse stato Tarzan, poi diceva: ‘Ho tossito tutta la notte. Ma resisto ancora’. Si comportava con i suoi polmoni, con la sua salute, allo stesso modo con cui si comportava coi jeans. Li collaudava spremendosi al massimo”.

Di seguito, anche il ricordo di Mirella Marabese, madre di Andrea G. Pinketts

A Pogo

Anche tu Pogo, anche tu amico fraterno di Andrea, ci hai lasciati e il vuoto è ancora più opprimente come una porta chiusa. Due anni sono passati da quando Andrea ha preso commiato, è ieri oggi domani, però noi, i tuoi amici, non accettiamo questo tuo addio, con gli occhi dell’amore, del rispetto che tu incutevi per la tua cultura senza freni, per la tua curiosità dell’anima umana con le sue trasgressioni di cui tu e Andrea eravate ludici protagonisti con i vostri voli lucidi e consapevoli delle vostre fragilità.
Tu Pogo il Dritto sei stato il protagonista un po’ allucinato ma sempre presente di tutti i libri di Andrea, il filo conduttore dell’amicizia che si rinnova.
Tu Pogo il dritto non starai mai in silenzio, non ti si addice.
Noi, amici, udiamo la vostra risata scrosciante le vostre voci irridenti, l’eco delle vostre verità, per questo noi sorridiamo.

Mirella Marabese Pinketts

2020_11_26-RollingStone.pdf

SOLOLIBRI - 12 SETTEMBRE 2020 -


Ah sì? E io lo dico a Pinketts! Volume 1 di Andrea G. Pinketts

Associazione Culturale Andrea G. Pinketts, 2020 - Un volume per ricordare un grande uomo e un grande artista, con situazioni e personaggi fuori dagli schemi che appaiono vividi e reali.

Roberto Baldini, Pubblicato il 12-09-2020

Ah sì? E io lo dico a Pinketts!

  • Autore: Andrea G. Pinketts
  • Genere: Gialli, Noir, Thriller
  • Categoria: Narrativa Italiana
  • Anno di pubblicazione: 2020

Andrea G. Pinketts era un grande uomo e un grande autore. Scriveva, come milioni di altre persone, ma aveva, come dire, il senso della frase e questa è stata la sua grande eredità. A chi sia andata non si sa, l’unica cosa certa è che chi lo amava non lo ha dimenticato e non lo farà mai.

Per questo motivo è nata l’Associazione Culturale Andrea G. Pinketts, con sua madre come presidente. Per ricordarlo e per ricordarci che lui c’era sempre per tutti, dall’uomo più famoso del mondo al ragazzo che gli si avvicinava, timoroso, per potergli stringere la mano, come un giorno ho fatto io.

Questo piccolo grande volume raccoglie storie di Andrea vecchie di decenni, piccole grandi perle che i suoi ammiratori rileggeranno con piacere. E chi si avvicina per la prima volta a un suo libro, comprenderà all’istante la grandezza di Andrea.
Potrei riassumervi qualche trama, ma non servirebbe a nulla, dovete leggere voi stessi per capire la sua anima.

Ah sì? E io lo dico a Pinketts! è un libro per ricordare un grande artista, ma soprattutto una bella persona, e un modo come un altro per diffondere cultura, che non guasta mai. Un libro universale, situazioni e personaggi fuori dagli schemi che appariranno vividi e reali, per questo li ameremo all’istante. Un libro da leggere e rileggere, per ricordare chi ci ha lasciato cose belle.


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Un libro perfetto per...

Per chi ama perle di cultura.


REPUBBLICA - 12 AGOSTO 2020 -


REPUBBLICA - 06 AGOSTO 2020 -


ROLLINGSTONE – 17 luglio 2020 –


FAN PAGE – 20 maggio 2020 – Estratto dall’intervista alla scrittrice Barbara Garlaschelli

...

Nell’arco della tua carriera hai affrontato vari generi, ma forse proprio per questo feeling con la parte nera della vita hai raggiunto il successo con il noir, vincendo anche il Premio Scerbanenco nel 2004. Come vedi oggi la scena letteraria in Italia?

Spesso mi hanno accostato alla Gioventù Cannibale ma in realtà non ne ho fatto parte. Io e Nicoletta Vallorani, che è ancora la mia sister, ruotavamo intorno alla Libreria del Giallo gestita a Milano da Tecla Dozio e abbiamo aderito alla “Scuola dei duri” fondata da Andrea Pinketts. Sono stati anni stupendi, perché oltre a essere appassionati alla scrittura eravamo amici. Ci conoscevamo tutti, compresi i bolognesi come Carlo Lucarelli o Marcello Fois. Alcuni sono diventati famosissimi, come Lucarelli che era già allora il più in vista. Però devo dire che è rimasto la persona che era: un timidone con un senso dell’umorismo pazzesco, nonostante appaia ombroso. Tanti scrittori a Carlo dovrebbero fare un monumento, perché ha mantenuto costante l’atteggiamento che ci animava e cioè quello che se individui un talento cerchi di aiutarlo. Non come forma di raccomandazione, ma di riconoscenza verso chi ha aiutato noi per primi. Ecco, della scena attuale devo dire che manca totalmente quello spirito diffuso tra gli autori.
...

Tra gli scrittori della Gioventù Cannibale, che ha fondato la “Scuola dei duri e tra i più disponibili con i giovani, c’era senz’altro Andrea Pinketts. Che ricordo hai di lui?

È sempre stato molto accogliente verso gli altri, andando alle loro presentazioni, scrivendo le prefazioni agli esordienti. Ha mantenuto lo spirito che avevamo tutti noi alle origini. Quante avventure con Andrea, dal Mystfest al Noir in Festival di Courmayeur. Io e la Vallorani eravamo sempre le uniche donne e lui si comportava da grande gentiluomo. Delle altre donne nei paraggi ha fatto strage di cuori. Una volta mi hanno chiesto se fossi innamorata di Pinketts, ma devo dire di no. Però gli ho voluto molto bene come amica. Ci siamo conosciuti benissimo e sapevo già come sarebbe andato a finire, perché la sua scelta di vita era quella. Abbiamo passato insieme anni d’oro, dove c’era una competizione positiva. Adesso non la sento più a Milano, figurati a Piacenza

FANPAGE – 02 marzo 2020 – Estratto dall’intervista alla scrittrice Barbara Alberti 

E lei che scrittrice si considera?

Ho scritto molto male fino a 20 anni. Se rileggo le cose di allora, mi verrebbe da menarmi. Andavo bene a scuola, nei temi discretamente, ma ho scoperto dopo il miracolo della scrittura con la quale puoi essere tanti altri rispetto a te stesso. Delle biografie sono molto orgogliosa.

Ricollegandomi a quella che scrisse su Majakovskij ricordo che in un articolo lo paragonò allo scrittore Andrea Pinketts, prematuramente scomparso.

Caro Pinketts, l’ultimo artista romantico travolto dai suoi eccessi. Sapeva benissimo che si sarebbe rovinato. Ho dei ricordi bellissimi di lui. A una conferenza noiosissima, in fondo alla platea vedo arrivare quest’uomo dell’Avana, con abito e cappello bianchi, con un sigaro e un bicchiere in mano. È morto con un bicchiere in mano. Un grande artista della vita. Mi ricordava Majakovskij, per entrambi erano giganti. Dei giganti indifesi.


AVVENIRE – 19 dicembre 2019 – Il ricordo. Pinketts, lo scrittore che abbracciava l'umanità – di Cosimo Argentina 

Un anno fa moriva, a causa di un cancro, una delle figure più profonde e affascinanti del nostro panorama letterario: un grande artista della parola e dei sentimenti, in cerca di senso ulteriore

Per uno di Taranto le serate dell’inverno milanese erano fredde e umide, sicché me ne andavo per locali o mi infilavo in qualche galleria d’arte o ancora leggevo il calendario degli eventi culturali sui quotidiani e mi imbucavo tra il pubblico. È stato così che una sera ho conosciuto Andrea G. Pinketts. Il locale si chiamava Post, in corso Garibaldi, era prevista la presentazione di un libro giallo, c’erano venticinque persone. L’orario diceva 20.30, ma dalle scale che portavano a un seminterrato lui scese verso le dieci. «Signoriii! Signori diamo inizio alle danze! Che lo show cominci!». Aveva questa voce potente che caricava come una molla e indossava un vestito chiaro con una cravatta sgargiante. Un cappello a tesa larga e il sigaro tra i denti. «Signoriii!». Con la destra teneva un boccale di birra e quella sera mi fece amare un libro che in condizioni normali non avrei nemmeno preso in considerazione. Conosceva anche le virgole di ciò che andava a presentare e quel momento era la consacrazione di un rito dove lui era il grande sacerdote e l’autore del testo uno sbiadito comprimario che se ne stava seduto in un angolo in silenzio osannante. A dispetto della sua aria guascona e finto aggressiva stare lì ad ascoltarlo mi provocò un senso di benessere.

Quell’uomo era un grande e non sapevo ancora perché, ma lo intuivo per istinto. Poco tempo dopo andai in libreria e comprai Il senso della frase e Il vizio dell’agnello. Due romanzi Feltrinelli che aveva pubblicato non da molto tempo e feci la conoscenza con Lazzaro Santandrea, l’alter ego di Pinketts, ma soprattutto venni a contatto con una penna straordinaria e un autore che sapeva fare letteratura senza spocchia, con ironia e con un senso di umanità che veniva fuori da ogni pagina per quanto noir. Diventai un suo adepto. Se cambiava locale, per le sue esibizioni, io cambiavo locale. Se presentava un suo libro in qualche libreria io c’ero. Ad avvicinarmi venivo preso da soggezione e alla fin fine mi bastava ascoltarlo cantare le canzoni di Califano o Fred Buscaglione tra una citazione di Dostoevskij e una di John Fante per respirare cultura, ma non quella artefatta e di maniera, bensì la cultura che avresti potuto apprendere standotene seduto a un tavolo in compagnia di Ernest Hemingway. Lui stesso era molto hemingwayano.

Grande carisma, un magnete che catalizzava tutti, un senso della vita da vivere a 360 gradi, uno sberleffo al dolore, alla morte e a sentimenti come l’invidia, l’odio e la cupidigia. Quando gli chiesi con una certa umiltà e timore reverenziale se volesse presentare il mio libro, il mio esordio narrativo, alcuni anni dopo, prima bluffò dicendo che non lo avrebbe mai fatto e poi mi abbracciò e mi disse che sì, mi avrebbe presentato ovunque e comunque. Non ho mai capito come la pensasse in tema di religione, ma aveva un animo cristiano più di molti farisei che conosco. La sua era una personalità concentrata sul bene, sul bene di chiunque. E più vedeva una persona in difficoltà più le andava incontro. Lo spirito cristiano, in senso ampio e alto, lo portava a comprendere gli ultimi. E gli altri lo ripagavano con una fedeltà spinta fino al parossismo. Personaggi variopinti bordavano la sua corte, ma Pinketts faceva capire a chiunque che lui era lì e su di lui si poteva contare.

Dopo Il senso della frase ho letto tutti i suoi libri. Scrivendo, ha messo in scena la commedia umana milanese come pochi. Gigioneggiando sulla pagina ha tirato fuori pennellate che resteranno. Il suo ultimo romanzo, E dopo tanta notte strizzami le occhiaie, è un omaggio alla vita e al suo mondo nel momento in cui deve aver compreso che la sua esistenza terrena andava esaurendosi. Eppure la sua vis comica non lo ha mai abbandonato e quando andai alla sua conferenza nell’atrio dell’ospedale Niguarda riuscì a farmi sorridere più volte con il suo modo irriverente di sbeffeggiare il cancro che lo aveva aggredito. Così come il suo personaggio letterario Lazzaro Santandrea, Pinketts non è vero che non aveva voluto crescere, piuttosto era cresciuto, e tanto, da un punto di vista personale, sociale e umano, ma aveva conservato l’essenza delle creature pure, i bambini appunto.

Quando mi è capitato di incontrarlo da solo, al bar Trottoir, l’ho trovato tragico, profondo e malinconico. Abbiamo sempre parlato di tutto e mi colpiva il suo modo di trovare il bello e il positivo in ogni circostanza. Mai una critica gratuita verso un collega. Gli altri scrittori li omaggiava e non c’era verso di fargli dire qualcosa di negativo su un’opera letteraria per quanto discutibile. Il suo carisma lo ha portato a diventare un personaggio pubblico, prima attraverso il Maurizio Costanzo Show, poi in vari altri programmi televisivi. Quando era in presenza di gente non si risparmiava e dava alla gente quello che curiosi e accoliti volevano: uno showman che non deludeva mai. Per lui l’alcol era una via per avvicinarsi ai miti che gli aveva fatto conoscere Fernanda Pivano, miti come Hemingway, Scott Fitzgerald, Kerouac, Faulkner, Bukowski, ma era anche una via di fuga da una timidezza di fondo tipica delle personalità complesse e schive.

Scriveva i suoi romanzi a penna, in stampatello, tenendo la penna come la potrebbe reggere un bambino. Aveva la sua sala di scrittura nel bar Trottoir, la sala Pinketts. La gente di notte arrivava per vedere lui. Il locale si riempiva e il suo tavolo era preso d’assalto da belle donne, scrittori alla ricerca dell’ispirazione perduta, narratori con il loro dattiloscritto inedito in mano, bevitori incalliti, umanità disarcionata dalla vita standard. A un anno dalla sua morte (ma uno come Pinketts non muore mai sul serio), mi piace ricordarlo quando sorrideva senza aprire la bocca e mi diceva: ho in mente una storia. Iniziava la stesura dei suoi romanzi sempre e rigorosamente il primo novembre, il giorno di Ognissanti, forse perché, anche grazie a quel suo modo unico e surreale di accostarsi al lato evangelico della realtà, Andrea G. Pinketts nel salpare coi i suoi deliri, fantasmi e racconti voleva avere accanto a sé una presenza ieratica e propiziatoria.


 IL GIORNO – 07 dicembre 2019 – Nel nome di Andrea G. Pinketts. Un anno dopo - di Stefania Consenti

Il ricordo privato di Mirella Marabese, mamma dello scrittore di noir: "Era sensibile come pochi, un duro con un cuore da meringa"

Milano, 7 dicembre 2019 - «Sotto quell’aspetto un po’ guascone, era molto tenero, un duro con un cuore da meringa” come lo definiva la Fernanda Pivano. Sensibile come pochi. Noi parlavano di tutto, di letteratura, teatro e poesia, e, per questo, mi manca molto». Mirella Marabese, la mamma quasi novantenne di Andrea G. Pinketts, scrittore di noir, giornalista, morto di cancro a 58 anni, l’anno scorso, ci accoglie con molto calore, e autentica gioia, nel soggiorno di casa, in piazza Bolivar, al Giambellino, con la cagnetta Ardita che abbaia per richiamare la nostra attenzione. E ci spalanca le porte del cuore, e dei suoi ricordi.

Un anno senza Andrea e il suo genio....

«Non è stato facile anche se mi vede? Cerco di truccarmi, pettinarmi e di portare con dignità questo lutto, così come avrebbe voluto lui. Non riesco nemmeno a piangere, ho un macigno ma è lì. Mi consola la scrittura, ho iniziato a scrivere un libro... Un piacere, quello di scrivere, che ho riscoperto dopo molti anni. E poi ho scoperto di avere tanti amici, i suoi, che dal giorno in cui non c’è stato più affollano le mie giornate. Sono orgogliosa di essere stata sua madre, era un artista e come tutti i grandi artisti era un uomo tormentato. Una personalità spiccata che ha mostrato sin da piccolo segni di insofferenza alle regole. A scuola, era troppo colto, era avanti e si annoiava. Quante preoccupazioni mi ha dato!

Andrea scriveva nei bar, il Trottoir è stata la sua seconda casa...

«Vero, lì trovava ispirazione. Ma tornava sempre a casa a mangiare, io me la cavo piuttosto bene con i fornelli. Sono contenta però di averlo cresciuto libero, non ho cercato di imbrigliare il suo talento, anzi l’ho sempre sostenuto, incoraggiato. Era ed è un grande del quale ancora non è stato ben compreso l’immenso valore».

Andrea era un mammone...

«Eravamo due anime in simbiosi ma litigavamo! Anche sulla politica, io sono di destra, anche se nella vita mi sono comportata come una donna di sinistra e lui invece era un liberale ed anarchico. Sa cosa diceva? “Mamma andiamo più d’accordo al telefono che di persona”. Ma lo capivo, è cresciuto senza il papà, mio marito è morto che lui aveva appena sei anni, con due donne, io e e mia madre bloccata a letto. Aveva bisogno di aria, fame di libertà. Dormiva fino a tardi al mattino e poi usciva, girava ore per Milano. Oserei dire che annusava gli odori di ogni anfratto della città, da quella più borghese e altolocata del centro sino ai vicoli di periferia. Era una ricerca continua la sua. Amava Milano ma non la città delle archistar. E ha sdoganato il genere noir... ma non voglio dirle io queste cose. Fernanda Pivano lo adorava e pure Barbara Alberti. Barbara scriveva che “Andrea era la letteratura, uno scrittore e un comico eccezionale, grande bevitore come Jack London, gigante come Majakovskij. Andrea era da solo tutta un’avanguardia”. Sì, un grande bevitore, del resto Tennessee Williams era un appassionato di rum, e Charles Bukowski a proposito scriveva: “Va così, rum e pera, perché ci sono dei momenti forti che ti lasciano l’amaro in bocca, e altri talmente belli da farti dimenticare quel retrogusto sgradevole che ha la vita».

Aveva mille fidanzate...

«Falene».

Milano sembra ricordarlo troppo poco.

«Si meritava l’Ambrogino quest’anno, sono dispiaciuta, peccato che Milano, la sua città amatissima, non abbia riconosciuto un suo figlio talentuoso e geniale... Ad ogni modo per mio volere quest’anno è nata l’Associazione Culturale Andrea G. Pinketts che continuerà la sua eredità letteraria».


ROLLINGSTONE – 03 ottobre 2019 – Estratto dall’intervista al cantautore Francesco Baccini

Ho saputo che ultimamente ti sei lanciato anche nel cinema.

Oggi preferisco il cinema e guardo quelli che producono i dischi come dei pazzi. Mi sto allontanando dal mondo della discografia. Ho il cassetto pieno di canzoni, per almeno tre album, ma non li voglio pubblicare. Ho altri progetti, come un documentario sui miei 30 anni di carriera e nel prossimo futuro entrerò a far parte di una serie tv americana. Più avanti svelerò tutto, ma intanto “sappiatelo”.

Dopo aver già frequentato il teatro al fianco di Andrea G. Pinketts.

Andrea era un altro grandissimo, purtroppo recentemente scomparso. Un giorno mi chiama: “Baccini, tu hai il senso della frase!”. Mi chiese di partecipare a “Orco Loco” il suo spettacolo teatrale al Franco Parenti. A Milano abbiamo tenuto 33 repliche. Una sera venne anche Fernanda Pivano e a cena ci diede un suo parere: “È il primo spettacolo post moderno che ho visto in Italia”. Io e Pinketts eravamo due tiratardi e a una cert’ora, mi sono preoccupato chiedendogli se non fosse il momento di riportare a casa Fernanda, che era già anziana. Lei mi sentì e disse: “Baccini, che cazzo dici? Guarda che per me le 6 del mattino è ancora presto! Anzi, ringrazia che ho 80 anni perché 30 anni fa ti avrei attaccato al muro”. Era veramente tosta.


LINKIESTA – 12 luglio 2019 – Estratto dall’intervista allo scrittore Joe Lansdale 

 “Se mi stai per chiedere se girerei mai delle scene di nudo, la risposta è no…”. Questo è ciò che accade quando si cerca di scavare nella personalità di Joe Lansdale, lo scrittore americano che ho incontrato a Cattolica durante il MysteFest, il festival internazionale del giallo e del mistero, dove è stato chiamato a ricevere il premio alla memoria di Andrea G. Pinketts. E se non ci trovassimo in una sonnacchiosa località balneare di villeggiatura in attesa dell’onorificenza, ma invece nel suo Texas Orientale dove certe questioni si risolvono “da uomini”, sono certo che mi avrebbe steso con uno Shen Chuan – “pugno dello spirito”. La risata seguita alla traduzione di Seba Pezzani, l’amico e collaboratore, ha aiutato a stemperare gli animi. Certo è che l’autore del ciclo di Hap e Leonard, così come di una sconfinata produzione letteraria che spazia su più registri e stili, non sembra apprezzare molto le domande che riguardano la sfera privata. E sapere che, oltre alla scrittura, Joe è un cultore di arti marziali tanto da aver fuso più discipline (come in letteratura) e aver fondato una personale scuola, la Lansdale’s Self-Defense Systems, non aiuta a spingersi oltre.


ROLLINGSTONE – 03 luglio 2019 – Estratto dall’intervista allo scrittore Giancarlo De Cataldo 

Il MystFest quest’anno è stato dedicato alla memoria di Andrea Pinketts. Lei che ricordo ha di questo scrittore davvero emblematico nel suo genere?

La prima volta che partecipai al MystFest fu nel 1989 e non avevo ancora pubblicato un mio romanzo. Il primo giallista che ho conosciuto è stato proprio lui, che si aggirava per Cattolica con il tipico panama in testa e fumando il sigaro. Dopo una piacevole chiacchierata mi diede un biglietto da visita con la seguente scritta: Andrea G. Pinketts: Private affairs. You know….You know. Molto ammiccante. Capii subito con chi avevo a che fare.


ROLLINGSTONE – 02 luglio 2019 – Estratto dall’intervista allo scrittore Carlo Lucarelli

Il MystFest ha celebrato Andrea G. Pinketts, che incarnava il giallista da romanzo con tutti i suoi eccessi. Tu invece sembri una persona molto controllata e senza vizi.

Sì, Ho una vita noiosa, è vero. Pinketts incarnava il giallista perché lo voleva. Ma non è che se scrivi romanzi gialli sei tormentato e se sei tormentato bevi. Pinketts si è divertito un sacco a fare Pinketts. E beveva. Ma si può vivere facendo tante altre cose. È uno stereotipo quello del giallista maledetto. Si può anche essere irregolari senza per questo avere vizi. Per esempio, la gente mi immagina a casa a scrivere, ma sono quasi sempre in giro. A me piace bere senza essere un bevitore, apprezzo ogni tanto il fumo del sigaro. Insomma, preferisco la degustazione.


LINKIESTA – 14 febbraio 2019 – Estratto dall’intervista allo scrittore Massimiliano Parente

Tra i giovani scrittori vedi qualcuno che spicca?

Sì, due che non hanno ancora pubblicato. Tommaso Sollai e Alfredo Palomba. Ho letto i loro scritti, sono interessanti e spero che escano a breve. Sto cercando di aiutarli, ma non vengono pubblicati perché non mi ascoltano. Però loro due sono autori su cui punterei. Tra decine di cose che mi arrivano ogni settimana non posso leggere tutto, alcune sì. Ma la maggior parte sono da buttare. Non so come facciano gli editori a dire di avere un sacco di manoscritti interessanti. Ci metti due secondi a capire se valgono o meno

E fra quelli già pubblicati?

Devo dirti che sono stato molto colpito dalla morte di Andrea Pinketts. Ci siamo visti diverse volte a Milano, passando le serate a bere e parlare. Sono rimasto malissimo della sua scomparsa, perché l’ultimo anno non l’ho sentito e non pensavo stesse così male. Era un grande personaggio e molto generoso, andava alle presentazioni degli altri e scriveva prefazioni e titoli per i tanti giovani che gli chiedevano una mano. Una aspetto molto raro. E poi sono amico di Isabella Santacroce, ci conosciamo molto molto bene. Oltre alla sua scrittura è interessante che si auto pubblichi i libri. Isabella è decisamente complessa, l’amica più strana che ho».


REPUBBLICA - 22 DICEMBRE 2018 -


PANGEA – 21 dicembre 2018 – FRANZ KRAUSPENHAAR RICORDA ANDREA G. PINKETTS 

Lo conoscevo dal ’77, da quando eravamo finiti, da ultimi delle classi precedenti, nella terza non mi ricordo quale del Liceo Linguistico Cristoforo Colombo, fallito qualche anno dopo. Avevamo fatto subito amicizia, ci eravamo sbronzati di birra e Monistrol, lui vestiva gessati alla Al Capone. Bizzarro, stravagante al massimo e pieno di energie, rappresentava gli anni Settanta all’incontrario; per lui il potere doveva andare a chi non lavorava. Camminava per Milano e ruminava i suoi primi libri. Amici anche di penna, parlavamo di tutto. La sua Milano era un’espressione del cuore e della mente, il noir era tale per fare importante cornice, in realtà Pinketts era uno scrittore universale, andava non solo oltre i generi ma anche oltre i luoghi, perché superava tutte le frontiere. Nel calembour insistito trovava la misura della follia che tentava l’abbraccio, riuscito, con la più fonda lucidità. Era un grande scrittore ma incasellato nel solito sistema a “bracci della morte”: il noir, il giallo, il romanzo post moraviano, il romanzo storico, il romanzo del menga, o del cazzo. Aveva una smisurata cultura che si era costruito da solo, autodidatta arrabbiato, uomo e ancor prima spavaldo ragazzone pieno di curiosità. Forse siamo stati i migliori amici l’uno dell’altro anche se, per colpa sua, era impossibile una frequentazione per così dire normale. Era eccessivo in tutto, sapeva divertirti e divertirsi ridendo per ore e romperti i coglioni quando era in mezzo alle sue dolorose kermesse bevitorie, dove il mondo era lì davanti a lui per essere bevuto a canna, fino al crollo. Durante quelle ubriacature disperate era capace di telefonarti anche cinque volte di seguito e diventava un rompicoglioni di proporzioni bibliche. Finché sentii che la misura era colma e lo mandai a quel paese, qualche anno fa. Sono fatto così, anch’io senza mezze misure, la mia pazienza, per così dire, ha un limite. Ma non smisi di volergli bene, sempre tenendo conto che quando avevo avuto un infarto, nel 2010, lui si era precipitato al mio capezzale di scampato, e avevamo scherzato come al solito, con beneficio per la mia salute sospesa.

Un animale unico, Pinketts. Nel bestiario degli artisti di oggi troverete un sacco di scimpanzé col culo parato, bestie schifose, scarafaggi da schiacciare a piena suola, immediatamente. Lui era troppo originale per questo paese di vermi, e infatti l’onorificenza per meriti letterari se l’è presa in Francia; e col grande Chabrol c’era un progetto di collaborazione per un film. Di questo paese aveva in pugno la lingua, ma forse non il cuore. Ha lasciato uno stuolo infinito di fidanzate, che spesso amava con la purezza degli adolescenti. Era un poeta maledetto senza età. Ha saputo farsi amare.

Franz Krauspenhaar


REPUBBLICA - 05 SET.2018

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Milano Estate

L'approdo Taccuini supplementari

In un pomeriggio d'allucinazione ho visto bambine color cuba libre alte almeno un metro e ottanta

Testo di ANDREA PINKETTS Fotografie di NICOLA MARFISI


Mi facevo accompagnare dal maestro Zac musico, prosatore e occasionalmente driver sotto l’occhio ceruleo di Chiara Ferragni trasformato in logo e ho temuto di prendere l'influencer. In piazza Gae Aulenti trovo “L’Avventura", ma quella del regista Antonioni il capolavoro dell’incomunicabilità.

Piazza Gae Aulenti. La fine della pista", direbbe G.L. Bonelli. ossia Tex In persona, a Joe R. Landsdale. una persona del Texas con lo stesso viziaccio di creare leggenda. Già. la fine dalla pista, in una Milano agosto western che Repubblica ha raccontato per zone, suggestioni e punti cardinali.

In un agosto alle prese con le macerie, il delitto perfetto e un nuovo gioco acquatico, “Il migrante saltarello", che pare non vedrete all'Acquafan di Riccione, quattro giornalisti senza macchia, se si esclude il sudore, hanno attraversato i punti cardinali di cui non voglio più sentir parlare, per raggiungere la fine della pista: piazza Gae Aulenti.

Per me la pista è iniziata con una telefonata di Piero Colaprico, con cui giocavamo agli indiani e cow boy nella Milano da bere:"Pinketts. Mi piacerebbe che tu chiudessi il percorso a modo tuo raccontando Piazza Gae Aulenti".

"Non se ne parla nemmeno. Come ben sai sono reduce da radio e chemioterapia a cui, per non farmi mancare nulla, ho pensato bene di aggiungere un'overdose di morfina decuplicando la dose prescritta. E poi a me. Puzza Gae Aulenti...".

"Ripensaci. Abbiamo tutto il mese".

Ho chiamato altre quattro volte il Kola, sempre per dirgli che pur avendoci ripensato, non se ne poteva far nulla. L'ho disturbato anche in vacanza per un bel No definitivo, senza rancore. Nel frattempo mi facevo accompagnare un giorno si e…

"Una voce mi riporta alla realtà: “Ghe ne minga de manga, pistola. L’è Milan!" ed è un piacere tornare in Garibaldi

DICE PINKETTS

…uno no dal maestro Zac, musico, prosatore e occasionalmente driver in piazza Gae Aulenti, di giorno e di sera per "vedere l'effetto che fa".

Nord, sud, est, ovest e alla fine lei, vincitrice del premio Landscape Institute Award come piazza più bella del mondo. Non so cosa avessero consumato i passeggeri giurati nella diligenza che li ha condotti sino alla base della piazza sopraelevata. Ormai sono un veterano. Delle medicine e di piazza Gae Aulenti. In un pomeriggio di inizio agosto ho visto due bambine color cuba libre alte almeno un metro e ottanta, cercare di giocare con lo scivolo di un metro e cinquanta dell'anacronistico parchetto giochi per bambini poveri sotto il Bosco Verticale. Chiaramente un'allucinazione. Ieri sera si erano trasformate in due ragazze simil finlandesi tra i sedici e i quarantatre anni, che si fotografavano l'un l'altra con la malizia dell'innocenza in mini abiti di pizzo color malva e giallo canarino. C'è una parte di me che non si è ancora ripresa dalle terapie. È quella che da corso Como mi fa salire per via Vincenzo Capelli, sotto l'occhio vigile e ceruleo di Chiara Ferragni trasformato in logo. L'estate non è una stagione, è un'arredatrice di esterni con una bionda inquietante sacerdotessa pronta a sacrificarti per lei, anziché a sacrificarsi per te.

Concessionari di auto di lusso, orologerie per le quali il lusso non è certo un passatempo e persino il Food District, sono guardati a vista dall'unica entità presente superiore anche a Chiara Ferragni. È Lui.

Duecentotrentuno metri di incombenza.

Un grattacielo che domina anche sul suoi fratelli minori, che se non fosse per le lucette rosse anche loro luciferine, sembrerebbero le creature di Giullermo Del Toro in Mimic: un'imitazione dell’essere umano che, non potendo dare forma alle nuvole, cerca di assorbirlo. Poi se abbassi lo sguardo, torni alla realtà.

Turisti, famigliole, cinesi, arabi (e qualche compaesano dell'Expo) che vogliono controllare che fine abbiano fatto i loro investimenti. In effetti le caratteristiche del progetto sono state nutrite a dovere. Un pranzo nuziale per sposare architettura, arte, sostenibilità ad aggregazione sociale. Non posso esprimermi sotto il profilo architettonico.

Mi è proibito esprimermi.

Da quando all'Eur ho ballato seminudo la danza della pioggia per far sparire la Nuvola di Fuksas, se si escludono disegni tribali, non vengo interpellato sull'argomento.

L'aggregazione sociale in pieno agosto ha altre mete privilegiate più appetibili. Però il mio lato umano anche provato dalla convalescenza prende il sopravvento. Schivando il Solar Tree, l'albero luminoso prodotto da Artemide, e le "Voci della città" di Garruti, ventitré trombe dorate che trasferiscono suoni dal sottosuolo al livello piazza e viceversa, entro al Bistrot Libreria Red Feltrinelli. Read, eat, dream. Io leggo, mangio, sogno.

Purtroppo posso bere solo acqua minerale naturale. Ma tornerò, è una promessa. Protetto da una frase di George Bernard Shaw. - Non c'è amore più grande di quello per il cibo-, e: «Una stanza senza libri è come un corpo senza anima», di Ovidio, potrei anche andarmene.

Ma ho fatto i conti senza il Bosco Verticale. Un polmone verticale che abbraccia un cemento, non si sa quanto consenziente, con un'enorme reception al posto della portineria, non è che ti fàccia esclamare «Home sweet home» di primo acchito.

Certo è terrifìc, nell'accesso positivo del termine in inglese. Ma chi ci vivrà dentro e come sarà arredato? L’interno della meraviglia sarà rivestito di marmo pregiato e lapislazzulo o un Bates Motel senza madre impagliata ma neanche rifiniture?

Che il Bosco Verticale sia ipnotico come l'occhio di chi sapete voi, è un po' che non la citavamo, è innegabile. Ma cosa ci aspetta all'interno di qualsiasi bosco?

Quand'ero bambino abitavo in viale Piave. Durante il suo mormorio io correvo tagliando viale Maino verso i giardini pubblici (oggi Montanelli). Mi sembravano sconfinati ma questo ci sta nel rapporto età statura. Le rocce erano le Rocky Mountain su cui sbucciarsi virilmente le ginocchia.

Uscivi di casa e ti trovavi di fronte l'avventura.

Arrivo in piazza Gae Aulenti e cosa mi trovo davanti? L'Avventura. Ma quella di Antonioni. Il capolavoro dell'incomunicabilità. Non c'è niente da fare.

Piazza Gae Aulenti non è la fine della mia pista. È Milano che cambia senza avvisarmi per tempo.

Zac annuisce sei volte di fila, come un pupazzo a molla. È conciliante. Per non farmi preoccupare.

In realtà so che ama la Milano napoleonica.

Ho una nuova allucinazione. Mi sembra di essere "dentro" un fumetto giapponese, un manga. Poi la voce del musico, prosatore e driver per l'occasione mi riporta alla realtà:

«Ghé né minga de manga. pistola. L'è Milan».

P.S. è un piacere rimettere i piedi su corso Como e corso Garibaldi. Sto già meglio. Sono anche riuscito a sfuggire allo sguardo di Chiara Ferragni. Non vorrei che mi avesse attaccato l'influencer.

 

 

La passerella                     I metalli

Si sono aperte                   La scala mobile,

(foto grande)                     altissima, che porta

nuove prospettive           alla piazza con i

lungo la passerella           giochi d'acqua; le

che porta all'isola, o         trombe della

che finisce dietro             “scultura pubblica"

i grandi alberghi               di Alberto Garutti;

di piazza della                   scalemobili e

Repubblica, o che             ascensori ripresi

permette di salire e         dall'alto, con

scendere verso                 ragazza che scatta

corso Como: il                   un'immagine, atto

traffico che scorre           frequentissimo nel

sulla strada non                 nuovo centro di

"arriva" all'udito          Milano






Il Giorno 30 gen.2018

  1. Milano
  2. Cosa Fare

Quando i vampiri scorrazzano nelle notti milanesi tra fascino e tormento

Martedì 30 gennaio all'Open More Than Book di Milano con Andrea Pinketts la presentazione dell'antologia "I Signori della notte"

Pubblicato il 30 gennaio 2018 
Ultimo aggiornamento: 30 gennaio 2018 ore 15:12

Naviglio Grande FotoWikipedia

Naviglio Grande Foto@Wikipedia

3 min

Milano, 29 gennaio 2018 - Lugubri, tormentati, affascinanti esseri demoniaci. I vampiri che scorrazzano nella notte milanese nei locali sul Naviglio Grande e diventano oggetto di studio di un noto psichiatra, che vagano nelle periferie bolognesi o nelle campagne della Maremma. O ancora che gestiscono cooperative in Sicilia.

Sperimentazione letteraria della nostra contemporaneitá. Simpatica e terrificante, distinta e scanzonata, sentimentale e spietata. Vampiri dai volti sempre diversi, che "vengono per popolare i nostri incubi ma anche per farci riflettere sulla bellezza della vita e del Paese in cui viviamo, sulle sue ingiustizie e mancanze". Personaggi che abitueranno il lettore a guardare il mondo con uno sguardo nuovo dopo aver divorato i 14 racconti dell’antologia “I signori della notte. Storie di vampiri italiani” a cura di Luca Raimondi (Morellini Editore).

Domani (martedí 30 gennaio) alle 19 da Open More Than Books a Milano (viale Monte Nero 6) la presentazione con lo scrittore noir Andrea G. Pinketts che ha anche curato la prefazione e alcuni autori: Danilo Arona (ritenuto dai critici uno dei padri fondatori del fantastico italiano), Silvana La Spina, Giuseppe Maresca, Fabio Mundadori, Sacha Naspini, Luca Raimondi e Lea Valti (la “Signora dei vampiri”) e Fabio Celoni (illustratore e sceneggiatore per “Dylan Dog”). “Sono sempre stato affascinato dai vampiri, dall’idea di dove nascessero che poi é la nostra immaginazione - racconta Celoni, disegnatore di Sesto San Giovanni alle porte di Milano -. Il grande dono che hanno in mano gli uomini é proprio l’immaginazione. Le idee che diventano realtá concreta. E una storia puó arrivare a cambiare il mondo”.

La potenza dell’immaginazione é un’arma immensa, “da sviluppare con molta costanza, come una muscolatura”. Nelle oltre trecento pagine che si sfogliano tra vicoli, piazze storiche, coste, alture, vallate e metropoli c’é il “buon sangue italiano”. “Un vino rosso - scrive Pinketts -. E rossa e coraggiosa é questa antologia che ribalta “l’usato sicuro” del vampiro che é aristocraticamente un migrante come il conte Dracula. Ma ha finalmente la cittadinanza italiana. E allora? Buona bevuta a tutti”.  

http://www.ilgiorno.it/milano/cosa fare/vampiri-...


Il Giorno 18 gen.2018

CRONACA

'Na bella statona de bronz per Gipinketts e quel Scespir rivisitàa

Prima se trovamom in di television peu un nel dì...

di ROBERTO BRIVIO

Pubblicato il 
Ultimo aggiornamento: 

Lo scrittore Andrea G. Pinketts con Alexia Solazzo (Newpress)

Lo scrittore Andrea G. Pinketts con Alexia Solazzo (Newpress)

Milano, 18 gennaio 2018 - Andreagipinketts! Per mi, on nomm pussè milanes de quest chi el gh'è no. Proeuva a dill Uei, Pinketts, te ghe set Voeuri parlà de ti. Me piasaria fa on progett cont on scultor per 'na bella statoa de bronz. Invece de la statoa del Paolo Incioda, come la farsa del Ferdinando Fontana, la statoa del GiPinketts. Da quanti ann se conossom Prima se trovavom in di television privàa (Telereporter, Antenna tri, Telenova) a propagandà ti i to' liber e mi i me. Peu on bel dì, gestivi allora el teater Ariberto, me vegn in ment de mett in scena ona commedia de Scespir (Shakespeare), ona de quej commedi d'avventura cont el final dolz e minga la solita tragedia. Pericle principe di Tiro. Uei, gh'era 'na part che savevi no a chi dàlla. Ghe voreva on attor autorevol che menass in port l'intera storia. Mia miè, Grazia Maria Raimondi, occupada allora nell'organizzazion del teater la m'ha dit “perché non telefoni a Pinketts”.

Uei, l'hoo faa. La prima risposta l'è stada, cont la vos stentorea che la te caratterizza, ona vos che on attor se la sògna perché l'è natural de stomegh (di petto), “ma io non sono un attore”. E mi gh'hoo dit. “Ti t'el set no, ma nel to' profond te set pussè che on attor. Basta guardat come te parlet, come te se fet scoltà dal pubblic, come te cambiet inflession, come te reagisset quand on quaivun el te dà contra, come te moeuvet i brasc, come te sgambet dominand chi te stà intorna. Alter che attor.” E ti ancamò in on ultima valorosa difesa per di de no a la mia proposta “No. Non ce la farò mai. Si trattasse di cinema. Ma a Teatro. Lo farei solo…” El cominciava a mollà. Vedevi ona scintilla de interess. “… solo ” “… solo se mi facessi recitare dalla platea…” Ormai l'era me, del teater e della commedia “ Ti te saret in sala. La toa part l'è prevista inscì. Ona specie de narrator che tira i fil di avveniment che imperversen su tutti i attor. Ti te cuntaret la storia de Pericle e de i disgrazi sovruman che ghe capiten fina a la fin quand el ciel, cont la soa benedizion, el tira i rèmm in barca. E chi l'è quel ciel Ti. Perché la vicenda l'è in la toa... come dis Dante Alighieri ” el me interromp cont ona ridada “...Loquela” . L'era me. Podevi fa' de lu quel che vorevi. ME SONT accort depeu che l'era minga vera. Innazitutt l'ha refudà de mettes la tunica bianca, peu l'ha vorsù on leggio cont a fianc ona riserva de birra, poeu l'ha comincià a dì che l'avaria improvvisà e a la fin l'ha vorsù dì quel che ghe pareva, minga da attor, ma da scrittor. L'è vegnù foeura on rifaciment de la commedia, per quant riguardava la soa part, che l'era sul fil del rèsò perché invece de cuntà la storia, la commentava, la criticava, el faseva ona lezion interpretativa che anticipava el quader successiv. On battitore libero ma osservant de quell che saria succes in scena depeu i so' intervent. Da allora ogni volta che se troeuvom ai so' o a i me presentazion el proclama che mi s'eri reussì a fa' de lu on attor e che lù l'ha migliorà Scespir.

Tutta 'sta storia per dì che questi caratteristich mi i 'u trovà nel so' ultim liber intitolà “Sangue di yogurt”. Trii story che pussè original e matt podeven minga vess e ona quarta, curta rispett ai alter, ma cont ona intensità forte e decisa. Gh'hoo miss on po' a orientamm, a entrà ne la soa scrittura, ma ona volta ciappàda, che degustazion! come cont on bon caffè! Perché propri de degustazion la se tratta. Assaporà pagina per pagina la storia, che la ven foeura minga de colp ma a tocchelin.

El primm l'è on giall, pussè che giald l'è ner, negher, noir. Quand el m'ha telefonà per invidamm a ona conferenza el m'ha domandà se gh'avevi ricevù el liber da l'editor. Avevi giamò leggiù la prima storia. Gh'hoo dit: “ Per mi Mike Spillane l'e' on dilettant. Ti te set no come lu. A l'è Mike Spillane che el someja a AndreaGiPinketts. T'è capii Ti te scrivet cont el sfottò incorporà. Te se toeut in gir perfinna nel bev, e chi te cognuss el sa quel che voeuri dì. L'è per quell che, tornand all'inizi dell'articol, voraria trovà on scultor che el te fasess ona statoa de bronz da mett a fianc del Napoleon cont i ciapp al vent nel cortil de Brera. Lu ch'el sembra ona Maja desnuda, ti col to' cappel de esplorador che te guardet in d'ona tazzona de birra intanta che te scrivet a man paroll colorà de ner, pardon, de noir.

E se gh'è on quaivun che el s'è minga accort del to' umorismo, basta ripetigh i nomm del second raccont: Dhemingway, Docky, Dayana, Deinstein, , Dambo, Dhulk, Duckenegger, Dino Ullallah. E ona massima rilevada a pag. 143. “Non vi proibiranno niente perché sanno che appena una cosa è proibita, ci sono le code, le file per iscriversi a farla”. Mi me accontentaria che ghe fudess gent in fila in di librerii per comprà 'sta geniada de liber che el te propon come terza storia on thriller con protagonista on riccio innamorà de ona donna. Ve anticipi el final degn de on Nobel. “ … all'uscita della discoteca Silvia (la donna) si rivolse a Fred (il riccio) «Sai che non ti ho mai dato un bacio Corre voce che se dai un bacio al rospo giusto, si tramuta nel principe azzurro. Proviamo » «Fai di me quello che vuoi» Silvia baciò Fred. Fred si tramutò in un rospo. (la copertina del liber l'è on olio su tela de Alexia Solazzo) 

di ROBERTO BRIVIO

RIPRODUZIONE RISERVATA

http://www.ilgiorno.it/milano/cronaca/dialetto-bri...


La Repubblica 16 dic.17

REPUBBLICA 16 DIC 2017













Pinketts un amico al bar “Leggere e disobbedire è il mio augurio di Natale"

Intervista

ANNARITA BRIGANTI

Chi frequenta il mondo dei libri milanese non può non averlo incrociato perchè Andrea G. Pinketts, tra i decani della nostra scena letteraria, è uno dei pochi scrittori che va anche alle presentazioni degli altri. Milanese, classe '61, una ventina di pubblicazioni all'attivo, Pinketts da venticinque anni ogni giovedì presenta un libro nel suo locale del cuore, il Trottoir, in Darsena, dove c'è anche una sala intitolala a lui. Che si tratti di un esordiente o di un nome grosso, dà spazio a tutti, purché non lo annoino.

Che annata editoriale è stata?

«Leggo troppi libri, uno al giorno, per scegliere qualche titolo in particolare, e ne presento moltissimi. Sono stato l'antesignano della "birreria letteraria", ma apprezzo molto la Milano di adesso. Una città viva».

Non c'è il rischio che ci siano troppi eventi?

«L'idea di sfidare Torino, l'anno scorso, con una Fiera negli stessi giorni, non mi è sembrata geniale, ma è meglio poter scegliere. Sono stato da poco alla Fiera di Roma. Lì è rimasta l'idea dell'evento come una festa, per vedere e farsi vedere. Le persone si mettevano in fila per fa Nuvola di Fuksas, più che per i libri. Milano invece ha ereditato qualcosa di asburgico. C'è più stile, rigore, anche nell'affollamento d’iniziative».

Ha un luogo che frequenta spesso, a parte il Trottoir? 

«Vado spesso alla libreria Verso, che a volte organizza anche due incontri al giorno. Non sto mai a casa. Se non ci sono occasioni per uscire, le creo».

Perchè scrive sempre nei bar?

«Uno dei miei romanzi s'intitola "Mi piace il bar". Sono convinto che Noè, scampato al diluvio, per prima cosa abbia creato un altare, per ringraziare chi lo ha aiutato, e poi abbia piantato una vigna. L'altare sarebbe diventato una chiesa, la vigna l'osteria . I due grandi luoghi di aggregazione che ancora ci sono rimasti. Detesto la tecnologia, la realtà virtuale, e trovo solo nei bar l'ispirazione. Sono posti in cui come diceva la battuta di un film "non puoi portare niente di piccolo". È tutto straordinario».

Di cosa parla "Sangue di yogurt", il suo nuovo libro?

«Sono quattro storie, ambientate in altrettante parti dei mondo, dalla Francia all'America, sulle tracce di assassini seriali, e non solo. Racconto emarginati orgogliosi di esserlo. La mia cifra è quella di unire tragedia e farsa. Ne parlavo con Margaret Atwood. Il mio modello, non proprio modesto, è William Shakespeare».

Cose farà  a Natale? 

«Occuperò il Trottoir, che è chiuso fino alle sei di pomeriggio, con la mia famiglia allargata. Una trentina di persone. Ci saranno i classici piatti natalizi».

Il suo augurio per i lettori? 

«Leggere, disobbedire e non combattere, se non per le cose giuste».



Sport Tribune 14 nov.'17


Il periodo Cannibale pt. IV

November 17, 2017

Adria Bonanno


«Aldilà dei nomi degli scrittori antologizzati, Gioventù cannibale indica un clima, una geografia, un paesaggio cambiati. Dopo il tempo della povertà e della solitudine, gli scrittori sono di nuovo orgogliosi (e disperati, naturalmente) di scrivere, sentono di avere un pubblico, minoritario ma reale, e di nuovo sono in sintonia con un lettore perché sono sulla stessa lunghezza d’onda, ne parlano la stessa lingua. O meglio, le tante lingue».

Severino Cesari, dall’articolo apparso sul n. 407 (2002) del Magazine Littéraire

Venerdì 10 novembre vi lasciavamo con un approfondimento contenente le interviste a Matteo Curtoni e Alda Teodorani. Oggi terminiamo invece la nostra caccia ai Cannibali con due autori che noi di Reader siamo felicissimi di aver potuto intervistare e speriamo che voi, attraverso queste parole, possiate rivivere un po’ le storie dei magnifici racconti con cui essi parteciparono alla «prima antologia italiana dell’orrore estremo».

Come hai vissuto l’esperienza Cannibale e cosa ti ha lasciato?

Stefano Massaron: L'ho vissuta benissimo. Al contrario, ho sentito di qualche mio collega «Cannibale» che in seguito l'ha disconosciuta. Per me è stata un'esperienza divertente e, soprattutto, qualcosa che stavo aspettando da tempo. Gioventù Cannibale è stato il primo sforzo editoriale (serio) italiano verso la narrativa di genere. Fino a quel momento, le case editrici guardavano i generi - soprattutto l'horror - con disprezzo totale. Io, insieme a qualcun altro nella raccolta, già scrivevo narrativa di quel tipo, quindi per me è stato un successo doppio. Finalmente avevo qualcuno che mi prendeva sul serio! Certo, probabilmente nessuno di noi poteva immaginare l'enorme successo che avrebbe avuto l'antologia, ma è stato comunque un esperimento di «rottura» verso quella che era la politica imperante nelle case editrici italiane. Che da allora si sono comportate di conseguenza. Gioventù Cannibale mi ha lasciato tante cose, ma la principale è questa: l'orgoglio di scrivere narrativa di genere.

Andrea G. Pinketts: L’obiettivo di Gioventù Cannibale era quello di coniugare gli scrittori di genere del ’63 con quelli degli anni ’90. Questo esperimento, a un anno dall’uscita di Pulp Fiction di Quentin Tarantino, riuscì pienamente e io vissi l’esperienza benissimo; l’antologia fu un ottimo espediente per coinvolgere autori diversi fra loro, ma, tutto sommato, amici di penna. Gioventù Cannibale non era un «movimento», ma un gruppo: un gruppo come I Magnifici 7 Quella sporca dozzina; ognuno di noi alla fine prese quindi la propria strada, ma credo che quel libro sia stato un segnale enorme per l’epoca e, soprattutto, un vero e proprio riconoscimento a una nuova generazione di scrittori. Grazie a Severino Cesari (che tra l’altro è recentemente scomparso) e Paolo Repetti ci fu una nuova ventata d’ossigeno, in cui “l’orrore” in realtà era squisitamente pretestuoso, come per dire: «Ci siamo anche noi, e siamo estremi proprio per non essere legati a un presente editorialmente asfittico». In conclusione, l’antologia fu un’opera di svecchiamento, anche se non tutti la videro così: ci furono parecchie critiche, ma sempre dai soliti vecchi tromboni; vecchi tromboni che noi, in qualche misura, poi abbiamo trombato.

L’esperienza Cannibale ha in qualche modo influenzato la tua carriera, da quel momento in poi?

Stefano Massaron: Assolutamente, l'ha influenzata moltissimo. In primis mi ha messo in contatto con Severino Cesari, che è stato il mio mentore sotto tanti aspetti. È scomparso di recente, e voglio approfittare di questa occasione per ribadire quanto è stato importante per me, quanto il suo credere in me e in quello che scrivevo mi abbia aiutato. Dal racconto di Gioventù Cannibale è nato poi il romanzo che ho pubblicato per EinaudiRuggine (che ha la stessa ambientazione e, più o meno, gli stessi bambini come protagonisti), che in seguito è diventato un film. Quindi devo dire, senza alcuna ombra di dubbio, che l’antologia, e soprattutto Severino, hanno contribuito a influenzare moltissimo la mia carriera futura.

Andrea G. Pinketts: L’antologia uscì nel ’96 e la mia carriera era già decollata: all’epoca infatti uscì Io, non io, neanche lui, il mio quarto romanzo con Feltrinelli. Il fatto che nello stesso anno due grandi case editrici, lontane ma allo stesso tempo vicine come possono esserlo Feltrinelli ed Einaudi, si occupassero di me, o viceversa, io mi occupassi «per» loro, o meglio, mi preoccupassi per loro e per il mio futuro, non è stato un riconoscimento nel «carniere» dei riconoscimenti come può esserlo per uno scrittore alla prima pubblicazione; è stato sicuramente un enorme riconoscimento, come una medaglia; ma era comunque già la quinta. Al valore. E alla resistenza, se vogliamo, perché, prima di quegli anni, fu davvero difficile resistere quando gli editori mi ignoravano.

Quali sono i tuoi progetti per l’immediato futuro?

Stefano Massaron: Mi sto orientando sempre più verso l'ebook, al momento. Penso che sia davvero il futuro della narrativa. Sono arrivato a un'età in cui, sinceramente, non mi importa più nulla dei riscontri «commerciali» di quello che scrivo. L'editoria italiana è fatta in modo tale che il successo raramente dipende dalla qualità della scrittura, quindi non me ne curo più. Penso alla qualità e basta, e a scrivere quello che voglio. Attualmente, sto lavorando a un thriller e, in contemporanea, a un enorme progetto di fantascienza distopica, che ho anche cominciato a tradurre in inglese per provare a sondare il mercato americano. Continuo a fare il traduttore, mestiere che mi piace moltissimo e che mi dà tante soddisfazioni, e nel tempo che rimane dalle traduzioni lavoro a questi due progetti. Il thriller è in realtà una lenta discesa verso la follia, se vogliamo si può chiamare thriller «intimista», anche se la definizione mi fa un po' ridere. Mentre l'epopea fantascientifica ha già avuto ottimi riscontri su Amazon (ho pubblicato il primo «capitolo» - oltre 100 pagine), per Kindle (in una raccolta che si intitola Distopie), e ora sto lavorando agli altri. Ci metterò anni a portarlo a termine, perché sono sicuro che supererà le 2000 pagine... chissà, magari prima o poi riuscirò a finirlo.

Andrea G. Pinketts: Attualmente sto lavorando con la pittrice Alexia Solazzo a una mostra che prende vita dai miei racconti. I temi principali sono la paura e le fobie, che, è bene specificarlo, non sono la stessa cosa. Il titolo di questo progetto è Face Your Phantoms e nasce appunto da alcuni racconti estremi, uniti a dei quadri altrettanto estremi; forse proprio a questo tipo di lavori mi è servita l’esperienza con Gioventù Cannibale, non ci avevo mai pensato. La mostra comunque esiste già, e una delle peculiarità del catalogo che abbiamo presentato per la mostra è che i racconti sono interrotti; in realtà questi hanno una conclusione, ma solo quando tutto ciò diventerà libro (e mancano ancora quattro paure, quattro racconti e quattro quadri) si saprà come andranno a finire le storie. L’originalità di questo sta innanzitutto nel concetto di pulp (tornando anche a Gioventù Cannibale) e nel fatto che sì, una storia a puntate è già un classico della letteratura, ma un catalogo d’arte a puntate non si era mai visto. E non si vedrà più perché poi, fra circa un anno e mezzo, diverrà libro. Ci stiamo lavorando già da un bel po’ di tempo, e ne sono molto soddisfatto.

Stefano Massaron Andrea G. Pinketts parteciparono rispettivamente all’antologia con i racconti Il rumore e Diamonds are for never. Il primo affronta temi attuali come il bullismo, o meglio, il bullismo quando sfocia in qualcos’altro, qualcosa di più grande. Il secondo invece, ci insegna che non c’è nessuna differenza «tra un uomo immaturo e un cane troppo maturo». E tante altre cose.

Come già anticipato, la caccia ai Cannibali si conclude qui (per ora), ma ciò non significa che questo sarà l’ultimo approfondimento del periodo Cannibale, perché noi di Reader ormai ci siamo affezionati e di smettere non ne abbiamo proprio intenzione. Non ancora!


REPUBBLICA 2 nov.2017


IL GIORNALE 27 ott.2017


Ora - 26Ott.17

L'immagine può contenere: una o più persone e sMS


IL GIORNO 12 ott.2017 - (estratto)

CULTURA - di ROBERTO BRIVIO

Pubblicato il 

E foo ona considerazion general. Gh’hemm vorsù slongà la vita de tucc? Semm content de avegh visin per pussè temp i noster genitor? E allora perché dagh minga la possibilità de viv ben, ovunque. Anca psicologicament, anca per el temp liber, anca per la cordialità, cont el rispett che se meriten. E certi volt hinn anca i fioeu (figli) a mancà, a ciappaj sott gamba, a stuffiss se gh’han ona quaj intemperanza. Ma lassemela lì. Anca perché sui giornaj se leggen di robb da fa’ vegnì la pell d’oca. E a proposit de pell d’oca el noto scrittor Andrea G. Pinketts l’ha tentàa de falla vegnì a on sac de gent giuina, de mezza età e de età complètta a la presentazion de on liber su la paùra, quasi on catalogo, in doa el mostrava anca di quader che raffiguraven el terror, l’orror. Ghe n’era vun, la pittrice la se ciama Alexia Solazzo, che el m’ha colpì per la soa veridicità riguardo i donn. Invece de raffigura pugnal, pistol, metodi de assassinament, gh’era ona corona de donn che guardaven voeuna che la partoriva on fioeu e cercaven de mandal denter anziché tirall foeura, quasi a negàgh la possibilità de fàa mal ona volta nassù. El spiegava Pinketts che el progett l’era ona innovazion. Lu l’aveva si scritt i stori del cosiddetto programma, ma se fermaven a trii quart. L’ultim quart el podeva vess inventàa dal lettor che se el voleva conoss come l’avaress scritt l’Andrea Pinketts el doveva spettà la prossima mostra tra on ann. On’idea pinkettstianan che la me par ona geniada.

Si, in editoria hann fàa de tutt: on liber che a scompoll el cambia el sens de la storia, on liber cont i paroll de mett insema come vess in tipografia, liber che comincen dall’ultima pagina, ma ’sta idea de spettà on ann per savè la fin de ona composizion, a meno che ghe sia on quaivun che la completta, me intriga e come mi anca tanti che l’altra sera a Le Trottoir, Porta Ticines, vun di duu casej dell’ex dazio, ai lati de la Porta Trionfal che la dà su San Gottard, hann presenziàa a la dotta presentazion de Andrea Pinketts, el scrittor di noir, conferenzier, attor. L’ha fàa anca quell. Al Teater Ariberto, gestion Società del Teatro della Musica e del Cinema. Mi fasevi el regista e avevi ciamà Arnoldo Foa per la part del conduttor de Pericle principe di Tiro de William Shakespeare. L’era impegnàa. Grazia Maria Raimondi, che la me faseva de aiuto alla regia la me dis “perché te proeuvet no cont Pinketts!" Uei, l’hoo ciamàa, l’è vegnù, l’ha vorsu nient, e m’ha fàa on success che quasi quasi la gent la vegniva domà per lu. El reinterpretava Shakespeare, lu el dis “migliorandolo", commentànd i quader in scena e al post de spiegà quell che el sarìa succedù, come l’era nel test original, el faseva la critica ai temp, ai personagg e agli intrigh dell’epoca. L’Università, facoltà di lettere, a Teater tra la meraviglia del pubblic che el se trovava in mezz a ona lezion sceneggiada. Quand ona persona l’ha sa quell che dis, come dill e pronunciall ciar a vos forta, la vinc semper. El de vess genuin, ver, come el Pinketts. I frequentador de Le Trottoir cont in man bevand e mangià de l’ Ora Felice (happy our) hinn stàa in silenzi squass on ora a sentì l’Andrea, l’ Alexia e Tizio Caio e Sempronio tra i quai ghe s’eri anca mi insema a la Raimondi. Sont restà de sass quand, come final del me intervent, giustificaa hoo dit “Chi volta el cu a Milan volta el cu al pan", e hoo constatà che hann ridù tucc per convenienza ed educazion, senza capilla. Quand l’hoo spiegada, applausi. Per benedì ‘sto giornal e la mia pagina concludi cont: “I glossari tant definizion ne dan/ma quand a se dis danèe se dis Milan/el sann propi tucc, anca i ratt de granee/ che quand a se dis Milan se dis danèe!"

Roberto Brivio


Faccio una considerazione generale. Abbiamo voluto allungare la vita di tutti? Siamo contenti d’avere vicino per più tempo i nostri genitori? E allora perché non dar loro la possibilità di vivere bene, ovunque. Anche psicologicamente, anche per il tempo libero, anche per la cordialità, con il rispetto che si meritano. E certe volte sono anche i figli a mancare, a prenderli sotto gamba, a stufarsi se hanno una qualche intemperanza. Ma lasciamola lì. Anche perché sui giornali si leggono di cose da far venire la pelle d’oca. E a proposito di pelle d’oca, il noto scrittore Andrea G. Pinketts, ha tentato di farla venire ad un sacco di gente giovane, di mezza età e d’età completa, alla presentazione di un libro sulla paura, quasi un catalogo, dentro il quale si mostravano anche dei quadri, che raffiguravano il terrore, l’orrore. Ce n’era uno, la pittrice si chiama Alexia Solazzo, che mi ha colpito per la sua veridicità riguardo le donne. Invece di raffigurare pugnali, pistole, metodi di assassinamento, c’era una corona di donne che guardavano una che partoriva un figliolo e cercavano di mandarlo dentro anziché tirarlo fuori, quasi a negargli la possibilità di far del male, una volta nato. Pnketts spiegava che il progetto era un’innovazione. Lui aveva si scritto le storie del cosiddetto programma,  ma si fermavano a tre quarti. L’ultimo quarto poteva essere inventato dal lettore che se voleva conoscere come l’avrebbe scritto Andrea Pinketts, doveva aspettare la prossima mostra tra un anno. Un’idea pinkettsiana che mi pare una genialata. Si, nell’editoria hanno fatto di tutto: un libro che a scomporlo cambia il senso della storia, un libro con le parole da mettere insieme come ad esser in tipografia, libri che cominciano dall’ultima pagina, ma quest’idea di aspettare un anno per sapere la fine di una composizione, a meno che ci sia qualcuno che la completi, m’intriga e come me anche tanti che l’altra sera a Le Trottoir, Porta Ticinese, uno dei due caselli dell’ex dazio doganale, ai lati della Porta Trionfale, che da su San Gottardo, hanno presenziato alla dotta presentazione di Andrea Pinketts, lo scrittore di noir, conferenziere, attore. Ha fatto anche quello. Al teatro Ariberto, gestione Società del Teatro della Musica e del Cinema. Io facevo il regista e avevo chiamato Arnoldo Foa per la parte di conduttore di Pericle principe di Tiro di William Shakespeare. Era impegnato. Grazia Maria Raimondi che mi faceva d’aiuto alla regia, mi disse “Perché non provi a contattare Pinketts?”. Uei, l’ho chiamato, è venuto, non ha voluto niente, e mi ha fatto fare un successo che quasi quasi la gente veniva solo per lui. Reinterpretava Shakespeare, lui dice “migliorandolo”, commentando i quadri in scena e al posto di spiegare quello che sarebbe successo, com’era nel testo originale, faceva la critica ai tempi, ai personaggi e agli intrighi dell’epoca. L’Università, facoltà di lettere, a Teatro tra la meraviglia del pubblico che si trovava in mezzo a una lezione sceneggiata. Quando una persona sa quel che dice, come dirlo e pronunciarlo chiaro a voce forte, vince sempre. Deve essere genuino, vero, come Pinketts. I frequentatori del Le Trottoir con in mano le bevande e il mangiare dell’ Ora Felice (happy our) sono rimasti in silenzio per quasi un’ora ad ascoltare l’Andrea, l’ Alexia e Tizio Caio e Sempronio tra i quali ero inserito anch’io insieme alla Raimondi. Sono rimasto di sasso quando, come finale del mio intervento, giustificandomi ho detto la frase “Chi volta el cu a Milan volta el cu al pan"(chi volta il culo a Milano volta il culo al pane), e ho constatato che hanno riso tutti per convenienza ed educazione, senza capirla. Quando l’ho spiegata, applausi. Per benedire questo giornale e la mia pagina, concludo con:

“I glossari di definizioni ne danno tante

 ma quando si dice denaro si dice Milano

 lo sanno proprio tutti, anche i topi da grano

 che quando si dice Milano si dice denaro!”


http://www.ilgiorno.it/milano/cultura/dialetto-bri...

CronacaVera 24 ago '17


CENTRO PAGINA - 21 ago'17

Pinketts: «L’ispirazione la trovo al bar»



Lo scrittore ha presentato ieri il suo libro in piazza delle Monnighette: storie a puntate come nel feuilleton. Un'iniziativa organizzata da associazione musicale Valvolare e Hemingway Cafè

 - di Eleonora Dottori  

JESI – Ospite ieri sera nel centro storico della città, l’autore Andrea Pinketts che ha presentato la riedizione del suo “Sangue di Yogurt”.

Invitato dall’associazione culturale jesina Valvolare, lo scrittore è stato ospite ieri sera all’Hemingway Caffè: «Non amo le Marche, anzi, non amo i marchigiani – ha esordito Pinketts, spiazzando i presenti -. La realtà è che ho sentito il bisogno di entrare a gamba tesa su un territorio così straordinario». E sul suo modo di lavorare ha detto: «Uno scrittore non è mai solo, può scrivere in solitudine ma viene comunque a contatto con lo spirito umano. Io generalmente scrivo al bar: per farlo mi serve un foglio, ebbene si, ancora uso i fogli per scrivere, e una penna. Il resto è capolavoro». “Sangue di Yogurt” è una riedizione cui Pinketts è molto affezionato, come aveva rivelato a Centro Pagina: «E’ un libro che nasce nel 1992 e di quei tempi era la prima copertina. Sono una serie di racconti che ho scritto come “mercenario”, nel senso che mi erano stati chiesti per essere pubblicati a puntate. Poi la ristampa e questa nuova copertina firmata da Alexia Solazzo che l’ha realizzata appositamente per il libro».



CENTRO PAGINA - 18 ago'17


Andrea G. Pinketts e i “non-lettori”

Intervista allo scrittore e giornalista italiano, domenica a Jesi con il suo "Sangue di yogurt" nell'ambito degli aperitivi letterari organizzati in piazza delle Monnighette

Di Eleonora Dottori

 -18 agosto 2017

Andrea G. Pinketts

JESI – La nuova edizione del libro “Sangue di yogurt” di Andrea G. Pinketts sarà presentata domenica sera in Piazza delle Monnighette. L’appuntamento è alle 20 all’Hemingway Cafè: scrittore e giornalista italiano, Pinketts sarà per la prima volta a Jesi con uno dei suoi libri più cari.

C’è qualcosa che ti lega a “Sangue di yogurt”?
«Si, è uno dei libri a cui sono più affezionato per una sorta di cronologia personale. Sono quattro storie di emarginazione, quasi animale, che hanno avuto molte vite: sono le uniche storie che ho scritto su commissione. Il primo pulp, forse, l’ho fatto io prima di Tarantino…anche Balzac scriveva a puntate sui giornali. Sono legato a “Sangue di Yogurt” anche perché è una riedizione: ci tengo a vedere storie che funzionano ancora  a distanza di tempo. E poi la copertina non è solo grafica ma l’opera della pittrice Alexia Solazzo che l’ha realizzata appositamente per il libro».

- La copertina del libro -

In copertina c’è il tuo viso…
«Il mio faccione che sembra fatto di yogurt. Vuole essere un approccio nuovo, guardare in faccia i non lettori e farli diventare miei lettori. A settembre con Alexia faremo una mostra da titolo “Face Your Phantoms” con i miei libri e le sue opere».

A proposito di lettori e a proposito di racconti a puntate di cui parlavamo prima, il lettore è molto cambiato nel corso degli anni. Che ne pensi?
«Credo che ci sia uno zoccolo duro di lettori puri ma molti di quelli che acquistano libri non sono lettori. I non-lettori sono il peggio che ti possa capitare, lo dice uno che legge anche gli ingredienti di un pacco di patatine. Il vero lettore però resiste, alcuni ancora sentono il richiamo dell’esploratore nonostante molte librerie siano diventate centri commerciali, come i cinema che sono diventati multisala».


Panorama 13 ago.'17


Repubblica 26 lug.'17

Repubblica 26 lug 17

 Repubblica mercoledì 26 luglio 2017
33R2 Cultura

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RAFFAELLA DE SANTIS - MILANO 
 
Intervista allo scrittore che diventò popolarissimo nell’era della Milano da bere “Se gli ’80 erano di plastica, ora c’è il vuoto: ci restano solo orrore e ironia”
 
Andrea Pinketts l’ex duro da bar “Sono un reduce della tv trash”  

Se ne sta seduto sotto i portici come se il bar che lo ospita fosse Fort Alamo e intorno non ci fossero macchine e turisti in flip-flop e canottiera ma il deserto. Andrea G. Pinketts lo trovi sempre a Le Trottoir, un locale in zona Darsena, dove è di casa. È qui che scrive i suoi libri. Si aggira tra i vari ambienti disinvolto, mostra la sala a lui dedicata, ci tiene a fare bella figura. Indica anche una serie di ven­tagli cinesi appesi a una parete. Poi torna fuori e va a sedersi davanti alla sua birra, accendendosi l'immancabile sigaro. Per essere un vero cowboy però ha una camicia troppo sgargiante, con stampate tante figurine di pin up anni '50, che rimandano più alla Cali­fornia che a Sergio Leone. La Milano da bere non esiste più, il loca­le alle sei di pomeriggio è vuoto, e Pinketts sembra un reduce in attesa che tutto torni come pri­ma. Magari ai tempi in cui anda­va in tv e frequentava il Maurizio Costanzo Show. I tempi in cui il trash faceva tendenza e credeva­mo di essere una grande potenza economica. E adesso? A 55 anni, dice di non voler più scrivere ro­manzi, mentre la raccolta di rac­conti Sangue di Yogurt, uscita nel 2002 per Mondadori, viene ripubblicata da un piccolo editore romano, Lastaria. Sul tavolo pe­rò non c'è il suo libro, ma Armageddon, thriller apocalittico di Alan A. Altieri, scomparso lo scor­so giugno.

Ma perché
le piacciono i duri?
«Mi piacciono i duri dal cuore tenero, gli ultimi, i balordi, perché alla fine sotto quelle scor­ze si nascondono del­le anime nobili. C'è un'espressione ingle­se che dice nobody loves losers. Io la ribal­to, perché oltre ad amare i perdenti amo le battaglie per­se, forse perché c'è più gusto a vincerle.
D'altra parte in que­sto libro racconto tut­te storie di emargina­zione».
Come le è saltato in mente di narrare l'innamoramento tra una donna e un riccio?
«Se muore un panda tutti si commuovono, mentre se un ric­cio viene investito da un camion, come accade quotidianamente, non gliene frega niente a nessu­no. Ho voluto ridare dignità alla morte del riccio» (sorride).
Eppure lei in passato sembra­va a suo agio nella Milano da bere, quella dei ricchi più che dei ricci. Non si è fatto manca­re niente, era un affezionato della tv trash.
«Sono andato ospite al Mauri­zio Costanzo Show e ho fatto l'in­viato per la trasmissione Miste­ro, dove la maggior parte delle storie raccontate erano puttana­te, ma un due per cento davano i brividi. Ho partecipato perfino, grazie a Vittorio Sgarbi, a - La pu­pa e il secchione.
Non è un po' troppo perfino per stomaci forti?
«Mi è sempre piaciuto trave­stirmi, lo facevo anche da giorna­lista, per le inchieste di E squire e Panorama. Il mio motto è che la vita è breve ma larga e solo facen­do mille cose si diventa rinasci­mentali».
È più pulp o più qualunquista?
«Ma no, il qualunquismo è di chi si assoggetta per convenien­za, mentre io ho sempre avuto problemi con il potere. Al liceo lin­guistico mi espulsero, alle ele­mentari mi sospesero. La mia scrittura è anarchica, mescola i fumetti e Dostoevskij. Alla fine per me vale il giusto mezzo confu­ciano: vedere l'orrore con ironia e l'ironia con orrore. Il mio scritto­re preferito è Shakespeare che riesce a coniugare la farsa e la tra­gedia. Tito Andronico è la storia più pulp che possa immaginare, sarebbe potuta diventare un film di Tarantino».
Ha conosciuto Tarantino?
«Sì, ci siamo incontrati in un bar, durante un festival, non mi ricordo se a Cattolica o a Viareg­gio. Era lì per presentare Le iene, ma il film non era ancora uscito. Ricordo questo ragazzone americano lungo lungo che mi parlava della sua passione per il poliziottesco all'italiana, genere che ave­va scoperto durante il suo lavoro da commesso in una videoteca».
Lo considera un suo modello?
«Lo ammiro, sono un suo fan, ma ho fondato il mio personale pulp italiano prima di lui».
Altri incontri importanti?
«Sempre in un bar, durante un festival, in piena notte, con Manuel Vázquez Montalbán. Ci scambiammo i libri, grazie a lui ho pubblicato il mio primo ro­manzo con Feltrinelli».
Pinketts ordina una seconda birra, poi ricorda i suoi amici, i suoi “cattivi maestri", da Carme- Io Bene a Franco Califano («L'ho anche cantato»). Intanto a Le Trottoir inizia ad arrivare qualcu­no, parte la musica, ma la serata è ancora lontana dal decollare.
L'impressione però è che lei non si trovi a suo agio in que­sti anni.
«Se quelli della Milano da bere erano anni di plastica, questi so­no anni vuoti. Gli anni dei social non mi appartengono. Per scrive­re ho solo bisogno di una birra, di un foglio bianco e di una Montblanc. Sono socialissimo umana­mente ma totalmente asociale tecnologicamente. Credo che ci sia stato un impoverimento della lingua. Gli sms non hanno niente a che vedere con le lettere che scrivevamo a mano. Che belli i tempi in cui se avevi una fidanza­ta a Belluno dovevi andare in una cabina telefonica con 50 gettoni e con quelli misuravi il tempo dell'amore».
Si è innamorato molte volte?
«Tre volte e sono state tutte traumatiche».
Per questo nei suoi libri le don­ne le fa sempre sparire o rapi­re, è una vendetta?
«È una regola del pulp, che co­me la detective novel si rifà alla tradizione narrativa cavallere­sca, in cui devi salvare la princi­pessa e uccidere il drago, facen­done la parodia, esagerando, guardando tutto con la lente de­formante del luna park. Perché, come diceva Jannacci, "l'impor­tante è esagerare"».
Come nelle migliori fiabe. «Nelle mie storie c'è un po' dei Fratelli Grimm. Ci sono fate e orchesse, donne angeliche e rudi ostesse. Mi piace sfidare le no­stre inquietudini. Ora sto lavo­rando a un progetto per racconti e immagini intitolato Face your phantoms, affronta le tue paure, insieme ad Alexia Solazzo, l'arti­sta che ha anche realizzato la co­pertina della nuova edizione di Sangue di Yogurt».
Qual è la sua maggiore paura? «La cronofobia, la paura del tempo che passa, che è poi so­prattutto la paura di perdere gli amici. Pensare che un omaccione come Alan Altieri sia morto a 65 anni mi mette di fronte alla vacui­tà del tempo».
Stare seduto al bar aiuta a sen­tirsi meno soli?
«I bar sono un antidoto alla paura, la trasformano in malin­conia, qualcosa di dolce. Sono chiese laiche o pagane, templi di incontri per sconfiggere il tempo».
 
LO SLOGAN
Come diceva EnzoJannacci
“L’importante è esagerare”:
la regola del pulp

 
 
AL LIBRO
Sangue di Yogurt di Andrea G. Pinketts
 (Lastaria pagg. 264 euro 14)

Corriere della Sera 7 - 20 lug.17

MANUALE DI CONVERSAZIONE di Antonio D'orrico


Libero - 15 lug.'17

I Libero [cultura  Sabato 15 ludio 2017.

«Vi dò la notizia: il romanzo è morto  Allo Strega solo pneumatici sgonfi»

Il padre del noir italiano si butta su pittura e scultura e massacra i colleghi: «Il librazzo di Albinati pare la Bibbia, più che la cultura serve un culturista»

::: EDOARDO MONTOLLI

■■■ «Il romanzo è morto». Lo dice a modo suo, toscano in bocca, cappello in testa e il tono, al solito, definitivo.

E lo dice dopo che l’editore Lastaria ha ripubblicato un suo «romanzo di racconti», quel Sangue di yogurt che radunava emarginati di tutti i tipi e che uscì a millennio appena cominciato per Mondadori: «Quattro storie che realizzai su commissione, come negli anni ’30 facevano Chandler e Hammett, scrivendo a cottimo cose ottime. Quindi ci sono paperi perseguitati dal maccartismo, il mondo degli anni ’80 e giornalisti in via d'estinzione, animali dimenticati come i ricci, le cicogne e l'eterno ritorno del male. Storie di resistenza in cui ridefinii le regole del pulp molto prima di Tarantino; alcuni di quei racconti risalgono al 1986 e apparvero su Blitz». Andrea G. Pinketts, l'autore della saga di Lazzaro Santandrea e di universi narrativi completamente nuovi nel panorama culturale non solo italiano, ha il senso della frase. E dell’arte, dato in copertina troviamo un quadro di Alexia Solazzo che lo ritrae in un'immagine molto forte. L'arte è un suo pallino da quando, anni fa, insieme a docenti universitari di diverse discipline (economia, sociologia e vari campi dello scibile) iniziò a tenere le sue Lezioni di indisciplina.

Lo scrittore deve cambiare direzione?

«Il romanzo puro è morto, te lo ripeto. Ed è morto dopo La capanna dello zio rom, il mio ultimo libro. Questo passaggio con la nuova edizione di Sangue di Yogurt è un primo tentativo di avvicinamento all'arte. Bisogna contaminare i generi: scrittura con pittura e scultura. Alla mostra Vento d'Oriente di Amedeo e della stessa Solazzo ho ricostruito per immagini la storia del ventaglio giapponese».

Hai appena terminato il 3° festival AG Noir di Andora, di cui sei padrino e fondatore. Più o meno negli stessi giorni, in un panorama del tutto diverso, arrivava alla fase finale il Premio Strega. Ti sei mai chiesto perché tu non l'abbia mai vinto?

«Quando Malaparte non lo vinse, disse "io non bevo Strega, bevo champagne". Io, com'è noto, bevo birra. Mi pare difficile trovarsi».

Non ti hanno mai selezionato?

«Ma figurati...». E ride.

Perché lo dici così?

«Perché storicamente ci sono stati grandissimi autori a vincere quel premio. Ma ormai è ad appannaggio di opere asfittiche, pompate. Pneumatici sgonfi. Almeno quelle che ho letto in questi anni».

Va beh, sei noto per le provocazioni e non voglio raccogliere. Dei libri dei finalisti di ora hai letto qualcosa?

«Ovviamente. Un'educazione milanese di Alberto Rollo, che essendo stato l'editor dei miei primi romanzi in Feltrinelli, è uomo di provata intelligenza e avrebbero dovuto eleggerlo vincitore. Sugli altri non mi esprimo, non avendoli letti. E io do giudizi solo dopo aver letto davvero un libro, integralmente. Ad esempio avevo letto fino in fondo quello del vincitore dello scorso anno, L'uomo del futuro di Eraldo Albinati».

Bene. E come ti è parso?

«Non vorrei la prendesse a male, ma oggi tu non puoi metter giù un librazzo di mille pagine a meno che tu non stia scrivendo la Bibbia. Per leggere un volume di mille pagine non ci vuole un uomo di cultura, ci vuole un culturista. Peraltro quando lo presi in mano ero stato appena operato, e facevo una fatica terribile a sollevarlo e tenerlo aperto».

A parte questo, cosa ti ha lasciato?

«Un braccio indolenzito».

Ti sei sempre mosso nella Milano notturna. Una differenza rispetto, ad esempio, a cinque anni fa?

«Cinque anni fa ero più svelto, ma avevo le transaminasi più alte». »

Ma c'è ancora vita di notte?

«Se la cerchi bene sì. C'è stato un blackout con l'Expo, perché tutti gli eventi si verificavano a Rho Pero. Ora è ripresa. Gli unici ostacoli arrivano dalla progressiva invadenza dei cantieri per la metropolitana, che però hanno danneggiato di più la Milano di giorno che quella notturna».

Tu scrivi (e vivi) al ritrovo d'arte Le Trottoir, di fronte alla darsena, che è radicalmente cambiata.

«Sì, decisamente in meglio. Inevitabilmente la frequento. È il mio mare. E sto seduto a Le Trottoir, che è la mia spiaggia».

Vacanze lontano dal Duomo?

«Non vado in vacanza dal '77. Il resto sono tournée. Quando vado, che so, a Saint Tropez, a Laigueglia o in Romania, ci vado per studiare le ambientazioni dei miei romanzi. Ma il concetto di vacanza come riposo, mi annoia. Per essere chiari, non metterei mai piede in un villaggio turistico».



Il Giornale - 05 lug.'17

"Nelle periferie senza luce i ragazzi si perdono"

Lo scrittore Pinketts racconta la giovinezza: "C'era violenza anche nel mio Giambellino"

 Mer, 05/07/2017 - 09:43


In una civiltà che non ne vuole sapere di eroi e antieroi, ragazzini che a 14 anni maneggiano le armi come se fossero scettri con cui sentirsi re per una notte: re gonfi della potenza della propria volontà.

Non importa che sia bene o male, che il comando sia buono o cattivo, se si tagliano le dita di una donna rapinata. E questi minorenni antieroi vengono da lì, da Quarto Oggiaro, ancora una volta, come se ci fossero luoghi condannati per sempre ad essere «culle» dissacranti e piene di sangue.

«Noi indichiamo sempre Quarto Oggiaro come la periferia maledetta, come l'unica da cui arriva la peggiore della gente. Ma le periferie di tutte le città del mondo sono così. Il mio Giambellino non differisce da Quarto Oggiaro, o dalla periferia di Parigi piuttosto che di Napoli. Sono nato in porta Venezia, poi mia madre è stata trasferita al Giambellino e lì ho visto questi ragazzi nascere e crescere in situazioni di violenza estrema, ma non perché ce l'abbiano nel Dna, ma perché intorno a loro non c'è che il buio. Mancano le stelle» commenta lo scrittore Andrea Pinketts, che ha da poco ripubblicato il suo libro «Sangue di yougurt» con Lastaria Edizioni.

Porta Venezia era il luogo delle vetrine scintillanti, i cartelloni pubblicitari sfolgoranti, il Giambellino era oscuro, tetro, lasciato alle tenebre. In tutti i sensi. «È una questione di luce, reale e metaforica. Perché noi definiamo uno dei periodi più alti della storia con la parola Illuminismo? La luce. Le periferie non sono illuminate. La gente vive nel buoi reale, ma anche nel buio della mente. È così facile perdersi nella notte, quando soprattutto la notte è noia, perché questa è la malattia peggiore delle periferie; non c'è nulla e nel nulla scattano le forme di ribellione più violente. Se i giovani non riescono a trovare altro da fare durante il giorno, credono che in questo modo si possa vincere la sfida della vita, perché passano la vita come una sfida contro la notte».

I ragazzini del Giambellino non sono tutti finiti male, alcuni sono risaliti dal fondo del pozzo. Anche questi ragazzi ce la possono fare? «Alcuni ce la fanno perché cercano l'aggregazione giusta. L'uomo vive secondo due tipi di aggregazione: l'aggregazione criminale che purtroppo nel disagio è la più semplice, la scontata, la più diretta. Poi c'è l'aggregazione assoluta e totale con gli abitanti che ti stanno intorno, gli abitanti del quartiere in cui vivi. So che in periferia ora portano degli schermi per fare del cinema all'aperto. Ecco, ancora una volta una cosa illuminante, la luce, quella che ti mostra lo scopo per cui essere. Si sceglie la violenza perché non trova altro motivo per essere».

http://www.ilgiornale.it/autore/elena-gaiardoni-12...


Il Giorno - 25 giu '17



 

Corriere della Sera - 6 giugno'17

Grande successo per il party del quinto compleanno del settimanale «F» di Cairo Editore, che si è svolto martedì sera al ristorante Filippo La Mantia Oste e Cuoco. Seicento persone e una grande festa. «Lanciato il 6 giugno del 2012, quando tanti altri femminili chiudevano, oggi F nel suo settore è il più venduto in edicola — dice il direttore Marisa Deimichei, in passato alla guida anche di Vanity Fair —. Le donne sanno che tifiamo per loro». Tra le invitate alla festa organizzata da Urbano Cairo anche Malika Ayane, Barbara D’Urso ed Elenoire Casalegno (tutte le foto sono di Gian Mattia D’Alberto / LaPresse)


ORA - 12 mag 2017

LA PAROLA A... Andrea G. Pinketts, scrittore

Non sparare baciami

Il re del noir italiano, scrittore, giornalista e personaggio tele­visivo, attento osservatore della criminalità, nominato nel ’91 ‘sceriffo’ dal sindaco Micucci di Cattolica per aver risolto un difficile caso, ci racconta il suo punto di vista sulla criminalità.

Non c’è emergenza criminalità, ma emergenza povertà e affanno sociale, coniugati a una crisi politica dove la mancanza di validi go­vernanti porta al controllo dell’individuo, invece del controllo della situazione. I programmi pseudopopulisti dei mass media, con­giunti alla cassa di risonanza del web, per esempio fanno risaltare il femminicidio con il rischio di mettere le donne su un palco ancora più pericoloso. La paura dei cittadini è legittima, ma attenzione a non ridurci come gli americani, che ormai armano gli studenti nei campus! A quell’età, dove si è spesso fumantini, si rischia la strage per un esame non passato o una sbornia finita male. Il ‘reato di eccesso di legittima difesa’ è sempre esistito: non bisogna arrivare alla paura, ma prevenirla.

In merito alla legge appena varata, penso che l'arma vada negata all’emotivo come al pistolero e consegnata tra le mani dell’uomo equilibrato.

Nessuno ha facili ricette, ma è doveroso portare più luce nelle città, specie in periferia, piazzare telecamere strategiche e funzionanti e, su tutto, tenere un corso di educazione all’uso delle armi, una sorta di addestramento sociale affinché i cittadini a rischio ne apprenda­no un uso corretto e solo necessario. (testo raccolto da Cinzia Alibrandi)



IL FOGLIO - 4 maggio 2017

Eccolo lì, il Pinketts, ovvero Andrea G. Pinketts, scrittore milanese d’elezione che per scoprire e lanciare i suoi colleghi che gravitano intorno a Milano ha sempre fatto più degli innumerevoli editor griffati della capitale del libro. Se lo cerchi, lo trovi in piazza XXIV Maggio, al Trottoir, che beve una birra fissando solo all’apparenza il vuoto o la punta delle scarpe. Perché chi lo conosce sa che il Pinketts - ultimo titolo conosciuto La capanna dello zio rom (Mondadori), capitolo nove della saga di Lazzaro Santandrea, “un libro contro l’ignoranza di chi confonde rom, romeni, romagnoli e romantici”, ci dice - at­traverso il vetro del bicchiere sa guardare Milano e chi la vive.

Metti il cibo, per esempio, che invaderà Milano per una settimana, sotto il cappello di Week&Food e TuttoFood. Secondo la cro­naca di fine Novecento, Milano ha inventato l’happy hour e fors’anche gli chef stellati ol­tre ad accettare di buon grado di infilare la rucola ovunque. Secondo Pinketts: “Ha avu­to soprattutto il demerito di diffondere l’a­bitudine al sushi, nei confronti del quale ho una preclusione assoluta. Il sushi è anche orribile linguisticamente: sentire le perso­ne che dicono ‘andiamo a farci un sushi’ o Tapericena con il sushi’ da scrittore mi fa schifo. Sono termini che ti tolgono l’appeti­to. Eppure il sushi ha imperversato negli ul­timi quindici anni e tiene duro anche oggi. Sebbene”.

Ecco, ci mette un sebbene significa che sta per dire che tutto sommato c’è sempre il polpettone di mamma, che le mode mica bi­sogna seguirle per forza, perfino a Milano. E invece no: “Sebbene mi dicano che la ten­denza sia già da qualche mese il poké ha­waiano, il cui nome ricordo solo perché sembra faccia rima con saké e invece si pro­nuncia pok-hay”. Ora, spiace per il Pinketts - che ad aprire un suo locale ci ha anche provato, anni fa, si chiamava Todo Modo - ma alla fine il poké è sempre pesce crudo, sempre marinato nella salsa di soia. Magari però stavolta il nome è linguisticamente meno ripugnante, chissà. D’altra parte Pin­ketts nasce con la “gioventù cannibale”, quella di Aldo Nove, Niccolò Ammaniti, Tommaso Labranca, quindi non dovrebbe essere di bocca buona? “Un cannibale man­gia legge e vede tutto, dall’horror al capola­voro, ma quando cerchi di equiparare il ci­bo a un periodo facendolo diventare un di­ktat, allora non ci sta”. Ormai però Milano è piena di ristoranti giapponesi e cinesi, li di­sertiamo? “Prima di tutto non mischiamoli: non insieme. Poi si potrebbe provare il resto del giapponese, che è superiore al sushi: al Sakeia, dietro Sant’Ambrogio, ad ogni piat­to si abbina un sakè diverso. Se voglio ricon­ciliarmi con l’idea del Giappone, vado lì”.

Pinketts appartiene a una scuola d’élite, quella di Samuel Johnson, che ha come motto: “Il mangiare da facchino il bere da gentiluomo”. A un’enoteca raffinata non resiste, ma a un ristorante Aghetto che tra­cima di modelle passa davanti con indiffe­renza. Ed è uno dei pochi rimasti a difende­re la “Milano da bere” e quel che ne resta: “Era interessante. Almeno era un concetto, un’idea, anche se forse di plastica. Oggi la maggior parte dei locali per mangiare e be­re a Milano vengono aperti come investi­mento e non per amore del cibo. Hanno vita breve e la cucina è pessima. Così il cibo e lo chef diventano presto dozzinali come gli avventori”.

Il Pinketts, come tutti i milanesi, coltiva nostalgie, a metà della sua birra, che riguar­dano una città che preferisce rimanere na­scosta, visto che qui è un attimo e la nostal­gia diventa cool. Ripensa alla Brioschina, in cui si faceva cabaret e cucina povera davve­ro, come quella trentina, e lo chef si chiama­va cuoco: “Negli anni 70 è arrivata la cucina cinese, negli 80 la cucina etnica: esterofilia controproducente, piuttosto che conservare una cucina milanese, Milano ha coltivato la cucina toscana”. E lo Street food? “L’unico cibo di strada che sopporto sono i banchetti di hotdog nelle serie americane. Anche quando è raffinato sta al ristorante come lo Street fighting alla boxe. Io quando mangio voglio essere servito e riverito, esercitare un impegno metafisico anche con i monde- ghili”. A Milano cosa manca? “Non ci sono più michette da mangiare col salame, que­sto è il problema. Meno male che è previsto il ritorno del cavolfiore”.

Stefania Vitulli


MOZZAFIATO - 24 apr 2017

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“L’Alfabeto dalle grandi aspettative”

 in CULTURALIFESTYLE 24 aprile 2017

Che la prima edizione del Salone del Libro di Milano Rho Fiera, 19-23 aprile 2017, non abbia raggiunto l’affluenza desiderata, non è di certo un “mistero”, bastava fare un giro tra i padiglioni per rendersi conto che qualcosa non andava, specialmente da mercoledì a venerdì.

Le sale mai colme di gente, responsabile sicuramente la scelta delle date tra Pasqua e il ponte del 25 aprile, che ha abbassato le aspettative, non raggiungendo gli 80.000 visitatori previsti che, numerosi, dovevano partecipare ai tanti eventi del Salone (e del Fuori salone) organizzati e suddivisi attraverso le lettere dell’Alfabeto.

Nonostante questo, si può ritenere un orgoglio per il territorio lombardo, che ha visto in soli 5 giorni un numero impressionante di eventi e la partecipazione di ben 2.000 ospiti nazionali e internazionali.

Noi di Mozzafiato ci distinguiamo per la nostra originalità ed “effervescenza”, per questo, fra tutti gli eventi, non potevamo non soffermarci su una delle conferenze più anarchiche di tutte:

“Cromatismo Necessari All’estrema Mungitura Del Noir – letteratura di contaminazione per rimpolpare un genere, pulp ma spolpato, dei troppi epigoni”.

Un incontro, che ha chiuso Tempo Di Libri, domenica 23, verso le 18:30 circa, nel padiglione 2 sala Calibri, nella quale si è distinto, come sempre,  il pioniere della letteratura “controtendenza”: Andrea G. Pinketts (Pseudonimo di Andrea Giovanni Pinchetti), che, non solo ha presentato il suo ultimo romanzo: “La Capanna Dello Zio Rom”, Mondadori 2016: un eccezionale libro “violento” contro la violenza, l’ignoranza e il razzismo, in perfetto stile Pinketts, ma ha anche ipnotizzato il pubblico, con la sua estrema cultura innata, sulla nascita del genere letterario Pulp, Noir.

Andrea Pinketts, lo ricordiamo specialmente per la partecipazione, del seguitissimo programma televisivo su Italia 1, Mistero, attraverso il quale, come lo stesso autore ci dice: “ha vestito i panni della parodia di se stesso”, in un programma dalle storie improbabili, ma storicamente attendibili.

Lo ricordiamo, inoltre, per le sue numerose opere letterarie, che hanno donato un enorme contributo alla storia e alla svolta della letteratura italiana. Pinketts sarà presente anche al Salone del Libro di Torino, nel quale presenterà una seconda ristampa del suo celebre romanzo del 2002: “Sangue di Yogurt”, sempre edito da Mondadori.

Tempo di Libri, tutto sommato si può dire che abbia chiuso in bellezza e che nonostante le polemiche saprà risollevarsi il prossimo anno con eventi più ricchi, maggior organizzazione e date più azzeccate.

«Non si può cavare il sangue da una rapa, però si può prendere un badile, tirar su una rapa, dare una badilata con la rapa precisa sul naso di qualcuno, e allora vedi che, improvvisamente, esce il sangue dalla rapa: questo è quello che sta facendo l’editoria adesso.» ( Andrea G. Pinketts)

Marianne Perez Lopez, aprile 2017 – © Mozzafiato


 


OGGI

20 FEBBRAIO 2017




IL GIORNALE

27 DICEMBRE 2016


Klaus e Jesus la strana coppia che porta la morte invece dei regali


In realtà il titolo di questa storia postnatalizia era «Falle la festa», ma facendo i conti col femminicidio, con gli stupri e gli incesti, consumati anche in famiglie allargate, tutti i santi giorni dell'anno, ho deciso di degradarlo a sottotitolo.
Sono troppo buono? Politicamente corretto? O mi sto semplicemente parando il Klaus? Vedete voi. Anzi leggete voi questo racconto poco edificante. Del resto non sono né un moralista né il titolare di un'impresa edìle.
L'importante non è ciò che bolle in pentola. Ciò che conta è chi bolle in pentola. L'essenziale è che chiunque stia bollendo in pentola, non sia tu. Per fortuna non si tratta di me, né di voi.

La persona che stava per essere bollita in pentola rispondeva al nome di Stella Cometa, una virago di centoventi chili, quindi al presente poco eterea, che in un passato lontanissimo, incredibilmente era stata un'etèra, una dama di compagnia, da letto a baldracchino, laureanda in Filosofia, suonatrice di flauto traverso e brillante conversatrice.
Una gran bella topa ﴾l'avrebbe recensita Pietro L'Aretino﴿. L'antitesi del fiabesco pifferaio magico dei fratelli Grimm,in quanto era lei, la roditrice, a incantare i pifferai per farsi seguire sino al gorgo del piacere carnale. E sappiamo tutti che l'orgasmo è una piccola morte.
In gioventù Stella Cometa avrebbe potuto dare dei punti anche ad Archeanassa, la squinzia di Platone. Poi, nei primi anni '70 del secolo scorso, la bella etèra si era volutamente fatta ingabbiare nella trappola per tope del femminismo militante. «Signore si scende» un cambiamento radicale. Non che Stella avesse smesso di rallegrare i musici ma era
diventata una stella cadente.
Con lei potevi esprimere ancora ogni desiderio ma eri costretto a sorbirti un comizio quando faceva l'amore di gruppo. Il sexappeal dei tempi d'oro si era convertito in un sacco a pelo ipertrofico.
A sessantasei anni Stella cadente, la brillante dispensatrice di gioia effimera, aveva già al suo attivo una corposa e corpulenta serie di pubblicazioni di successo tra le quali è opportuno ricordarsi i titoli «Eros e tabacco», «Priapo a pezzi», «La castrazione chimica del castrismo machista».
Era ricca, famosa, ingorda come una anaconda. E amata. Non da tutti in realtà. Uno dei motivi per i quali durante quei giorni neutri che imbarcano Natale sino all'Epifania, in una Milano addobbata come l'Expo ﴾ormai expo﴿, in una città gelida e vorace come un orchistar, in una Mediolanum che imitava Dubai, camini a parte, qualcuno voleva far bollire Stella in un pentolone. Forse.
Forse per invidia nei confronti di un corpo che era stato cosmico o quantomeno stellare, di un'intelligenza libertaria e libertina, imprigionatasi in una sorta di clausura nei confronti di tutto ciò che non fosse mediatico e ominicida.
Quel qualcuno di cui stiamo parlando, sono questi due qua.
Quello grosso si chiamava Klaus. Una pancia da Serial Drinker di birra artigianale e non. Due occhietti rossi come la tuta extralarge che ne conteneva a malapena l'esuberanza birresca.
Klaus sfoggiava una barba bianca che sembrava zucchero filato nel Luna Park di una discarica. Dava l'idea, confermata dall'afrore che emanava sfidando il gelo, di uno che aveva fatto l'ultima doccia durante la prima guerra del Golfo. 1991 dopo Cristo. A proposito di Natale. Non era un santo bevitore. Bevitore, questo sì. Santo, manco il giorno del suo onomastico.
Le interminabili feste natalizie che si sarebbero protratte fino al sei gennaio, inspiegabilmente il giorno della lotteria di Capodanno, rendevano Klaus anacronistico. Somigliava vagamente a Babbo Natale. Ma a un babbo natale fuori tempo massimo. Uno reduce da una bisboccia cisposa. Klaus sembrava un clochard conciato per le feste, vestito in rosso Ferrari. Ovviamente, non era un babbo natale in ritardo, Santa Claus guida le renne. Lui, una scassatissima Renault.
Quello piccolo era veramente piccolo. In realtà di statura media, trattandosi di un nano. Nonostante i trentatré anni, aveva una faccia da bambino. Si chiamava Jesus. Nonostante il freddo porco, era vestito solo di un lenzuolo della madonna che, volendo, avrebbe potuto anche fargli da coperta. In effetti, ci dormiva dentro. L'unica cosa che aveva in comune con il suo corpulento partner in crime erano gli occhietti rossi che sprizzavano cattiveria etilica. Jesus
avrebbe perfettamente incarnato un pollicino perverso, un allucino ﴾un piccolo alluce﴿ allucinato. Naturalmente non era Gesù bambino in colpevole ritardo rispetto al proprio genetliaco. Gesù bambino si pasce tra un bue e un asinello. Lui, mandava ogni piano in vacca.
Il piano di Klaus e Jesus era genialmente primitivo. Nei giorni successivi a Natale, quando i veri ﴾?﴿ Santa Claus e Gesù bambino portavano doni ai bambini per interposta persona, loro due andavano a recupero. S'introducevano in villette isolate ai bordi di una Milano espansa ed espansiva. Razziavano. Stupravano. Picchiavano a sangue, a volte uccidevano, per poi sparire con la refurtiva sino alle prossime feste di Natale. Erano sadici da tredicesima. Animali
feroci da post Jungle Bells. Creature della giungla metropolitana che dopo l'Epifania andavano in letargo. Poi, sparivano nel nulla delle stelle gelide da cui erano scesi.
Stella cadente aprì la porta della sua villetta di Cubano Milanino, Milano Ovest. Sulla telecamera collegata al citofono, aveva visto una sorta di parodia tragica di Babbo Natale. Il Gesù bambino nano le era sfuggito. Essendo nano, appunto.
Lei non aveva paura di niente e di nessuno.
«Ah! Babbo Natale, e guarda un po', anche Gesù bambino...» commentò accorgendosi della presenza di Jesus «...vi vedo malconci e leggermente incazzati. Scommetto che appartenete alla stupida categoria degli strenui difensori del Santo Natale. Presumo che il motivo della vostra visita sia legato al mio articolo su Donna con le palle in cui affermo che Babbo Natale sia in realtà Mamma Natale e che Gesù Bambino sia, nonostante il maschilismo, Gesù bambina. Gesuina».
Klaus e Jesus si guardarono interdetti per una manciata di polvere di fate. Poi Klaus prese l'iniziativa. Ammollò uno sganassone postnatalizio a Stella che cadde al suolo. Ma l'exetèra
femminista non attese il gong. Si rialzò e colpì al naso il ciccione senza dimenticarsi di sferrare una ginocchiata alla testa del nano.
La fortuna aiuta le audaci ma solo sino a un certo punto. Klaus, ripresosi, riuscì a piazzare un pugno tamponato al cloroformio al naso di Stella. Stella Cometa perse i sensi, posto che Stella Cometa abbia un senso.
Quando si riprese, l'ex etèra si ritrovò incastrata nel pentolone di famiglia, un caro ricordo dei tempi in cui serviva il pranzo agli adulti in difficoltà nel dormitorio di viale Ortles insieme agli altri Vip benèfici che collaboravano con i City Angels, i volontari del bene, i cherubini della sicurezza e del disagio sociale.
La prima cosa che notò fu Jesus che si era denudato.
La seconda a entrarle in testa fu una focalizzazione sulla storia dell'arte: solo due artisti smutandanti avevano ritratto Gesù bambino nudo, non senza suscitare scandalo. Due artisti senza fasce: Beato Angelico, un nome un programma, e Lorenzo Monaco, anche lui, come predestinazione non scherzava.
«Adesso ti bolliamo viva» disse Jesus.
«Prima ci dovevi mettere il sale. Coglioncello» lo fulminò Stella.
Klaus che era meno sadico del nano ma più sessualmente rapace, chiese al socio «Bollirla e basta è uno spreco, posso farle la festa?».
«Falle la festa» concesse Jesus
La situazione stava degenerando. Anche se non siete di madrelingua inglese, penso che possiate avere un'idea fonetica e semantica del «Torture porn» ﴾un sottogenere cinematografico﴿, non preoccupatevi, non arriverò a tanto. Tanto vi ho già conciato per le feste.
«Ascoltami Klaus, ripensandoci, c'è voluta tutta la tua stazza per infilare quest'ammasso di lardo nel pentolone».
«Hai qualcosa contro gli ammassi di lardo?» s'informarono simultaneamente l'uomo in rosso e la signora nel pentolone.
«No. Figuratevi! Si tratta di un problema tecnico, non volevo offendere nessuno». In fondo Jesus era educato. Male, ma era educato.
«Il fatto è, mi sto rivolgendo a te Klaus, avresti potuto pensarci prima. È stata una faticaccia. Se proprio vuoi sollazzarti con questa polpettona, devi gestirtela tu, io mi limito alla tortura».
«E invece io, sono mia e mi gestisco io» ribadì Stella cadente. In effetti, era una donna speciale, come quasi tutte le donne sotto le stelle. Da guardare e non toccare, se non con il loro consenso. Stella era sempre stata una donna libera, il che non aveva impedito che al momento fosse imprigionata in un pentolone.
La notte delle feste stava trasmutandosi in una notte di Fiesta de sangre senza tori, senza corride, senza García Lorca, porca lorca.
Tensione al massimo. Un nano e un omaccione, figli di una giungla di palle luminescenti, si stavano sfidando a chi fosse più cattivo. Bella lotta!
Klaus era un predatore d'argenteria e di argento vivo. Jesus un modesto lucidatore di bare.
«Che ne facciamo di questa zoccola?» chiese Klaus al socio dominante.
Stella Cometa rispose invece di Jesus: «Cosa fare di me? Lasciatemi uscire da questo stupido pentolone e ve le suono a tutt'e due. Maschilisti del Klaus».
Klaus si rese conto che Stella sarebbe stata in grado di farlo, non appena si fosse liberata, perché era una donna libera.
«Senti, bolliamola e basta».
«Non ci avete ancora messo il sale, coglioncelli!».
«Dov'è il sale?» chiese uno dei due aguzzini.
«Ho proprio a che fare con degli incapaci. Siete riusciti a trovare un pentolone zanzato, da Mario Furlan dei City Angels, e non siete in grado di trovare del sale per cuocere».
Quando hai le palle, hai anche le palline da albero di Natale per infilzare ed addobbare. Un finto Babbo Natale e un finto Gesù bambino, due autentici babbi di minchia. Non sono all'altezza.
L'epilogo grandguignolesco di un rito omicida che avrebbe generato proseliti, non aveva previsto il pronto intervento di qualcuno, qualche due. Questi due qua.
Il ciccione era vestito da Babbo Natale perché era Babbo Natale. Il bambino indossava la veste di Maria che gli faceva da coperta. Non è che andassero molto d'accordo.
«Perché io devo portare i regali e tu ti limiti a ricevere oro, incenso e mirra, dai Re Magi?».
«Perché io sono un donatore sano» rispose Gesù bambino.
«D'accordo, abbiamo fatto il nostro tempo. Io sono eternamente vecchio e tu eternamente bambino. Però anche se siamo in ritardo, direi che è il caso di intervenire, da qualche millennio».
«Hai mai visto gli ultimi film di Sylvester Stallone, ormai bollito?».
«Non vado al cinema».
«Neanch'io».
«Beh, che uno creda o meno in noi, gli spetta una sorta di regalo: la giustizia. I cattivi devono essere puniti e noi fino a prova contraria, siamo contro i cattivi, a favore del beau geste».
Nonostante Santa Claus non si fidasse di Gesù bambino e viceversa, era necessario un intervento, tardivo rispetto al calendario ma assolutamente efficace.
I due veri ﴾?﴿ Babbo Natale e Gesù bambino stabilirono un piano d'azione e lo applicarono.
Stella non era alla frutta, era al sale. Una cosa in cui credi prima che qualcuno ti bollisca.
Due leggende irruppero nella realtà. Nonostante nessuno dei due fosse violento, Santa Claus stese Klaus e Gesù bambino stirò Jesus alla stessa altezza.
Stella Cometa, dal pentolone, scoprì che anche chi non ha fede può incontrare persone di cui fidarsi.
«Siamo arrivati in ritardo» disse Santa Claus a Gesù bambino.
«Non è questo il problema. Cosa ne facciamo di questi nostri squallidi plagiari?».
«Io, personalmente, li darei in pasto alle mie renne».
«Ma le renne non sono carnivore» obiettò Gesù bambino.
«In certi casi mi avvalgo della collaborazione di renne mannare. E tu?».
«Io, se fosse per me li crocifiggerei ma siccome ci sono già passato, sarei per il perdono».
«Bueno».
Klaus e Jesus ﴾il finto Babbo natale e il finto Gesù bambino﴿, si accorsero improvvisamente di essere stati miracolati.
Stella Cometa scoprì che di certe leggende ci si poteva fidare. Poi arrivò la Befana.

Andrea G. Pinketts - Mar, 27/12/2016 - 08:58









IL GIORNO

08 DICEMBRE 2016

CULTURA 

"La capanna dello zio rom": un noir contro i pregiudizi

Andrea Pinketts e la sua Milano fuori dagli schemidi GIUSEPPE DI MATTEO 

Andrea Pinketts

Andrea Pinketts


Milano, 8 dicembre 2016  - Alla fine della storia ti senti un po’ strano. Il ritmo narrativo segue una logica tutta sua: i personaggi ondeggiano sulle pagine, quasi divorati dalla loro stessa vita metropolitana in una Milano in preda a un disfacimento violento e a tratti bizzarro. Per leggere “La capanna dello zio Rom” di Andrea G. Pinketts (Mondadori) è consigliabile tenere alta la concentrazione, anche se a volte si ha l’impressione di perdere la bussola assistendo impotenti a una guerra di strada combattuta a suon di armi e forchette, raccontata con uno stile che mescola con arguzia poesia e tragedia. Ma alla fine il vincitore è sempre lui, Lazzaro Santandrea, segugio «esperto di resurrezioni» con un passato televisivo che si ritrova con il suo fare da gangster un po’ dandy (e viceversa) nel bel mezzo di una lunga catena di omicidi tra Milano e la Fiera del libro di Bucarest passando per la capanna dello zio Rom, una discoteca della periferia milanese che ospita esistenze strampalate e un piano diabolico di riscatto sociale che incarna un mito di palingenesi al contrario.  

Pinketts, mi tolga una curiosità: che tipo di romanzo è “La capanna dello zio Rom”?

«Certamente non un giallo. Io non ho mai scritto opere di questo tipo, anche se qualcuno mi ha definito il fondatore del noir di seconda generazione accostandomi a Fois e Lucarelli. In realtà il mio è un romanzo circense che ha per protagonista un grande domatore di leoni che gioca con l’equilibrio come io con le parole».

Lo stile del racconto è volutamente ironico e aggrovigliato, quasi a indurre un po’ di confusione nel lettore. Perché questa scelta?

«Questo libro è una specie di cavallo di Troia: attraverso il meccanismo del tendone da circo puoi dire quello che vuoi e a me piace farlo disorientando, raccontando il sociale e l’asociale, le risse da cortile e le poesie cantate. In fondo il confine tra farsa e tragedia ha la consistenza di un perizoma».

Al di là della trama il suo è anche, o dovrei dire soprattutto, un racconto che ha un grande significato sociale, perché sfata alcuni luoghi comuni.

«Assolutamente sì. Non a caso l’ho spesso definito un libro contro l’ignoranza, perché è nell’ignoranza che prolifera il razzismo. Le faccio un esempio: molto spesso i rom vengono confusi con i romeni e dipinti come criminali senza scrupoli. Il che è una stupidaggine. Nel mio racconto infatti diventano vittime, come spesso accade nella realtà, anche se poi non se ne parla. E per sdrammatizzare sono anche arrivato a scrivere che in realtà i rom derivano da Romina Power».

Sbaglio o in Lazzaro Santandrea c’è molto di Andrea Pinketts?

«C’è tantissimo. Direi che è il mio alter ego, può permettersi di dire cose delle quali io non posso parlare per non passare qualche guaio (ride). Ma Lazzaro è anche un grande avventuriero di se stesso o, se si vuole, un antieroe picaresco di una Milano che cambia al ritmo delle sue generazioni. Tra l’altro, questa è la sua ultima battaglia: se “Il conto dell’ultima cena” era il quarto romanzo di una trilogia, “La capanna dello zio Rom” è l’autentico libro, decisivo e definitivo».

Sta dicendo che dovremo abituarci a un Pinketts senza Lazzaro Santandrea?

«Sì. Sto infatti pensando di dedicarmi a tutt’altro. Posso solo dire che si tratta di un progetto che coinvolgerà arte e moda».

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30 cc LIBRI E CLASSIFICHE

•* recensioni

<LA CAPANNA DELLO ZIO ROM>

Pinketts risorge (come il suo Lazzaro)

Domenica 4 dicembre 2016 I il GIORNALE

Massimiliano Parente 

Insomma, leggendo l’ulti­mo romanzo di Andrea Pinketts viene spontanea una domanda: perchè Pinketts è sempre stato ignorato dai pre­mi cialtroni italiani, come il Premio Strega? Forse proprio perché sono cialtroni. Nell’ulti­mo romanzo di Pinketts, La ca­panna dello zio Rom, toma per l'ennesima volta Lazzaro Santandrea, alter ego dello scrittore e io narrante di grotte­sche avventure in una Milano mai così noir e surreale. Volen­do è perfino un romanzo impe­gnato, difensore dei rom, per­chè si può trovare umanità an­che in chi fruga nella spazzatu­ra facendo dumpster  watching, per necessità о per spiri­to antropologico, come il pro­fessor Zappalanima, esimio docente di sociologia.

Tra ex attori, ex architetti, ex riusciti e ex falliti, in un mon­do di ex che non sono riusciti a fare quello che volevano nel­la vita, ci sono anche quattro rom assassinati nell’indifferen­za collettiva, e per il resto ci si perde in una serie di surreali avventure affabulatorie intor­no al locale che dà il nome al romanzo, dove canta una cop­pia di inquietanti sorelle, le so­relle Pozzi, con tanto di rissa, coltellate e forchettate. Si par­la molto di amore, di morte, di giovinezza perduta, di sigari e di rum. Inoltre Lazzaro ha or­mai compiuto cinquant'anni ma non ha perso «il senso del­la frase» (titolo di uno dei pri­mi romanzi di Pinketts) e di­spensa aforismi, digressioni, calembour e riflessioni appe­na può. Un ginepraio, per esempio, qui «non è altro che un alveare del gin, un alveare di terrificanti realtà». Quando si diventa maggiorenni? A diciotto anni? «Che paradosso! Uno dovrebbe raggiungere la maggiore età a novant'anni in modo da godersi gli altri settantadue anni di spensieratez­za, finanziata da genitori cen­tottantenni». Chi cerca l’amo­re non lo troverà mai, perchè «uno non capisce l'altro, co­me in tutte le storie d’amore, ma vi si assoggetta».

Un libro ottimo anche come manuale per alcolisti e fumato­ri con senso di colpa salutista, Lazzaro ci libera tutti: «Non ne­go che siano birre analcoliche e sigarette elettroniche. Ma ol­tre al sapore ci vuole il gusto. Il gusto di apprezzare le conse­guenze di ciò che sei in grado di risolvere, dopo un numero imprecisato di birre che chia­meremo X, con uno spavaldo Antico Toscano pendulo sulle tue labbra, tra le tue labbra, già vagamente masticato». Unica avvertenza, non cercate differenze tra Lazzaro e Pin­ketts: sono la stessa prima per­sona.

Andrea G. Pinketts La capanna dello zio Rom (Mondadori, pagg. 388, euro 19)

DA manuale Andrea G. Pinketts, nato a Milano nel 1961









lopinionista


Storie, incontri e amori di uno scrittore che vive, prima di raccontare

 

Da Andrea Russo - ottobre 6, 2016

 

É difficile confondere Andrea Pinketts con altri scrittori o personaggi noti al grande pubblico. I motivi sonodue. Il primo riguarda il suo stile di scrittura giocoso ma sfaccettato, che cela una gamma di stati d’animomolto vari.

All’iniziale gioco con le parole e con gli eventi narrati (che il lettore da subito deve accettare, se vuole andare oltre) si aggiungono altre letture più profonde ed esistenziali. L`identificazione tra l`autore ed il suo alter ego Lazzaro Sant’Andrea si alterna con quella di qualsiasi lettore, che, come spesso accade, può rispecchiarsi in uno dei personaggi del libro.

Il secondo motivo che rende Andrea Pinketts ulteriormente riconoscibile come unico (noi tutti lo siamo, del resto) è il suo carattere gioviale e aperto, diretto, di chi ti racconta la sua verità senza tanti giri di parole. Eppure lui dimostra di conoscere piuttosto bene l’animo umano, che è a volte contraddittorio e difficile da decifrare.

Pinketts é stato protagonista di tante avventure, sia sul piano personale che professionale. Ha attraversato le vite degli altri e le ha fatte sue. Probabilmente non si stancherebbe di andare avanti ad oltranza e all’infinito.

Lo abbiamo incontrato in occasione della presentazione del suo ultimo lavoro, “La capanna dello zio Rom”, a Recanati. Abbiamo incominciato a ricostruire il suo percorso partendo dall’inizio…

Quando è iniziata per te, la passione per la scrittura?

“Fin dall’infanzia, quando in prima elementare iniziai ad apprendere le lettere dell’alfabeto. Mi affascinava seguire le loro forme. Le parole sono belle, così come le singole lettere. C’è una alternanza di linee orizzontali e verticali, di linee dritte e ricurve”.

E per quanto riguarda il giornalismo?

“É stato un incontro spontaneo, quello con il giornalismo. Mi ha permesso di fare quello che mi piaceva e che mi aggrada tuttora: andare in giro, conoscere persone nuove, intrufolarmi in ambienti diversi per fare qualche scoop. Con Onda Tv, che era una settimanale piuttosto in voga negli anni ’80, ho intervistato qualche personaggio noto, come Pippo Baudo. Mi ha dato però molta più gioia stare in contatto con le belle ragazze a cui fare domande, ovvero le vallette. Ne ho tratto spunto per il mio saggio breve: “La Valletta dell’Eden”. Ho conosciuto tante belle donne, nel corso degli anni. Se ci ripenso qualcuna ha lasciato il segno ancora adesso, come la mia ultima consorte. Del resto da giovane ero bello (anche se ora sono bellissimo) e facevo i fotoromanzi e le pubblicità (ho posato per Armani). Con le riviste femminili ho avuto una intensa collaborazione: Cosmopolitan, Grazia, Gioia… ero uno dei pochi uomini. Che volevo di più? Pagato e beato fra le donne…”.

Io so però che ti sei infiltrato in tanti ambienti, rischiando per giunta…

“Con Esquire e Panorama mi sono dato al giornalismo investigativo. Sono stato per un mese un finto barbone alla stazione di Milano e ho capito come la gente diventi cattiva e cinica, in determinate circostanze. Ho fatto l’attore porno con il nome di Udo cuoio. Sono stato lo Sceriffo di Cattolica grazie ad una splendida collaborazione con il sindaco Gianfranco Micucci, negli anni ’90. Cattolica, almeno all’epoca, era una città viva e gioiosa, in cui mi sono sentito a casa. Fare lo Sceriffo per me consisteva nell’infiltrarmi in gruppi di camorristi che si stavano insediando coi loro traffici, in quella bella zona di mare: ne feci arrestare parecchi”.

E c’è un retroscena che molti non sanno…

“Quando arrivò il momento di riconsegnare la spilla di Sceriffo, il sindaco Micucci fece un gioco di prestigio. Io gli diedi la spilla ufficiale, di metallo. Lui ne tirò fuori dalla tasca un`altra di plastica, poi la mise sul tavolo e se la reinfilò in tasca, lasciandomi quella originale. Fu un gesto non solo simbolico ma sostanziale. Il significato era: “Ti lascio la spilla così resterai sempre lo sceriffo di Cattolica”. In realtà dunque, il mio mandato non è scaduto, perchè ho ancora la stella in stile far west originale”.

E come andò invece con i “satanisti”?

“Mi infiltrai tra i “Bambini di Satana”, a Bologna, che avevano a capo Marco Dimitri. Non bisogna confonderli però con le “Bestie di Satana”, che sono gruppi molto piú violenti. Ci fu un episodio in cui ebbi davvero paura. Innanzitutto specifichiamo che questa associazione era composta di persone annoiate, spesso anche detentrici di una posizione sociale rilevante. Organizzarono un’orgia in un parco. Bisognava penetrare a turno una ragazza che era sotto l’effetto di sostanze, probabilmente. Il problema per me era triplice: fare sesso con la ragazza, che era molto in sovrappeso e quindi rischiavo di non riuscirci; stare attento ad uno incappucciato che brandiva una spada proprio dietro alla mia schiena e che mi avrebbe potuto fare a pezzi; inoltre, dietro a un cespuglio era appostato un fotografo e non dovevamo farci scoprire. Nonostante tutto, quando presenziai come testimone al loro processo io ebbi un ruolo non solo da accusatore, ma in qualche modo li scagionai parzialmente. Il Procuratore della Repubblica, infatti, riteneva che ci fossero delle violenze, in quella setta, che io non vidi mai”.

Lazzaro Sant’Andrea sembra un personaggio un po’ fumettistico…

“Infatti lo è. Io ho lavorato anche nel mondo dei fumetti, con Sergio Bonelli. Lazzaro è uno che si rialza sempre e che sembra sparire nel nulla alla fine del romanzo precedente per poi ricomparire in quello successivo. Del resto Lazzaro, (quello originale) è stato il primo zombie della storia. Lazzaro… Lazzarone… è un bel nome. Sant’Andrea, il cognome che ho scelto, è un po’ un contrappeso di bontà. In fondo, il mio alter ego è buono come lo sono io… I miei romanzi sono pieni di ironia, ma c’è un fondo di profonda tristezza e di ricerca del fondo del barile. Descrivo l’umanitá nei suoi slanci di nobiltá d’animo ma anche nelle sue nefandezze”.

Lazzaro, nel suo piccolo, cerca di salvare il mondo…

“In ogni romanzo difendo qualcuno, anche in “La capanna dello zio Rom”. Se non c’è un po’ di solidarietà, di bontà che si oppone al razzismo e alla paura dell’altro, il mondo non ha speranza”.

Siamo a Recanati, la cittá di Leopardi. Tu peró assomigli molto piú ad Ugo Foscolo, che amava molto le donne, viaggiava e affrontava la vita con piú disonvoltura.

“Sì, è così, anche se lo Zibaldone di Leopardi è uno dei libri piú belli tra quelli che ho letto. Citando Lelouch, che giró “Una vita non basta”, io di vite ne ho vissute 50. Sono stato tante persone, ho vissuto le esistenze degli altri. A tratti sono stato solitario e vagabondo, cupo come l’ottimo personaggio dei fumetti Dylan Dog. Io penso che i protagonisti che piacciono sono in genere un po’ bricconi. Non sono necessariamente cattivi, ma veri. La vita và vissuta fino in fondo e il vero peccato è non farlo…”.





Libero

25 AGOSTO 2016




Libero CULTURA 


ALLA SCRIVANIA

Lo scrittore e giornalista milanese Andrea G. Pinketts (1961 ) seduto, come d'abitudine, ai tavolini de «Le Trottoir». 

 

Lazzaro resuscitato dalla gnocca

Lo scrittore milanese racconta la sua disperazione esistenziale e in modo surreale ci spiega come alla fine si può vivere soltanto con una bella ragazza


::: Edoardo montolli ■■■

 

Alla Capanna dello zio Rom non bisogna fidarsi di nessuno. Perché nell’im­maginario locale che dà il titolo all'ultimo noir di Andrea G. Pinketts (Mondadori, pp. 388, euro 19) il Male può indossare i panni di chiunque. Siamo al capitolo nove della saga di Lazzaro Santandrea - l'ulti­mo, giura lui - in un circo di orrori com­messi all'ombra del misterioso Esecutore. E preparatevi a rimescolare ogni vostra cre­denza sul noir. E pure sulla struttura forma­le dei libri. Perché Pinketts interviene nella vicenda del suo alter ego Lazzaro alla stes­sa maniera in cui Stan Lee si presenta nei film della Marvel. Anzi, molto di più. Parla e divaga, trovando proprio nella divagazio­ne la soluzione a ogni enigma. «È un ro­manzo politicamente scorretto, che lo si guardi da destra, da sinistra о dal centro. Diciamo che va letto di sghimbescio».

A Le Trottoir, sulla Darsena di Milano, dove Pinketts scrive tutte le sue opere, sta seduto a un tavolino, toscano in bocca, cappellino e camicia hawaiana. Sempre li ha immaginato il più surreale dei titoli di un noir: «Frequentando quotidianamente romeni, mi ero accorto della grande igno­ranza che circola, anche sui giornali, quan­do si confondono romeni con rom solo perché la radice della parola è identica. Se è per questo è identica anche a romani. La Capanna dello zio Tom non aveva affatto estinto i pregiudizi, anzi. Io invece volevo restituire almeno un'identità ai rom. Ai sinti. Ai rom spagnoli che, peraltro, odiano i rom romeni. Ai romeni che, peraltro, odia­no tutti i rom. In generale raccontando i pregiudizi sui rom che, peraltro, non è mi­ca vero che siano tutti delinquenti». Ma non pensate a un romanzo sul razzismo: «Il razzismo è una cosa superata. Razzisti e anzirazzisti si equivalgono, come credenti ed atei: ammettono l'esistenza о la non esi­stenza di un problema che non conosco­no. Infatti nella Capanna dello zio Rom ci sono pazzi incendiari di campi rom e buonisti che fanno invidia ai peggiori razzisti. Il razzismo esasperato e il buonismo esa­sperato producono orrori perché non ten­gono conto della realtà».

Anche se l'antidoto, almeno nel roman­zo, per non farsi risucchiare dall’odio, esi­ste. È la ragazza di cui si innamora Lazza­ro, una tipa a dir poco strana. Si chiama Ossitocina «come l'ormone dell'amore e dell’empatia». Ed è l'antidoto forse perché si comporta al contrario di come va il mon­do: Lazzaro la vede fuori da un super­market, mentre aspetta che il cane le porti fuori la spesa. Come dire che l'imprevedi­bile è ciò che ci può salvare. E imprevedibi­le è tutta la gang di Lazzaro, personaggi reali che si muovono agevolmente nella Milano di notte, dipingendola in maniera grottesca, come il pittore Giuseppe Vene­ziano. О attraversandola in lungo e in lar­go come Pogo il Dritto, architetto che ha appeso la laurea per diventare taxista. О frugando tra le scorie delle periferie per scrivere inchieste. Come Edoardo Monto­ya, un cronista tarchiato che fuma una si­garetta dietro l'altra e che solo incidental­mente ha una vaga somiglianza con chi scrive. Lazzaro ha dalla sua la curiosità e l'ormai celebre «senso della frase» per risol­vere i misteri, scritti da uno, Pinketts, che Mistero, in tv, l'ha condotto: «Un'esperien­za interessante. Da agnostico mi continuo a stupire della credulità popolare come dell'incredibile. Al Castello di Bernabò Vi­sconti, luogo di leggende nere, ho percepi­to davvero una sensazione di malessere».

Non mi dire che inizi a credere nell'aldilà.

«Sono reduce da un'anestesia totale. Per un certo periodo ho avuto allucinazioni».

Sarà mica la luce in fondo al tunnel?

«No. Sognavo di essere aggredito da ba­stoni da passeggio col muso di anatra. Di­ciamo che sono uscito dal tunnel come un vero gentleman, ossia con un bastone da passeggio».

Lazzaro ha 50 anni. Un po' è acciacca­to quando deve fare una rissa. Ma per scriverne l'ultimo libro sei tornato ra­gazzo tu, quando ti travestivi da clo­chard, da satanista per fare un'inchie­sta giornalistica.

«A Bucarest più volte sono stato ospite al Festival del libro. Ho potuto apprezzare la parte della città che fu una piccola Pari­gi, così come gli orrori architettonici di Ceausescu. E ho pure potuto constatare che molti lo rimpiangono perché all'epoca ave­vano il posto fisso. Ma di sera mi sono ad­dentrato nelle periferie per verificare la leg­genda peggiore che circonda Bucarest. E, dannazione, ho visto che è realtà: davvero ci sono i bambini che sniffano colla viven­do nelle fogne».

Non manca una frecciata ai salotti della tv, dove spesso si discute di omici­di tra uno spot e l'altro.

«Più che altro ce l’ho con la tv del pressapochismo, con la lacrima facile e la finta indignazione».

© RIPRODUZIONE RISERVATA












Corriere della Sera

22 AGOSTO 2016










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CORRIERE DELLA SERA - 30/6/2016

«La capanna dello zio Rom» di Andrea G. Pinketts (Mondadori) Il girovagare di Lazzaro innamorato paladino degli «indigenti dignitosi»

I thriller non rispettano i colori. E allora un giallo può confondersi con un noir senza che nessuno abbia qualcosa da dire. I misteri da risolvere sono casi della vita, persino la nostra. Per mettere fine alle ingiustizie bastano le quattrocento pagine della Capanna dello zio Rom (Mondadori), di Andrea G. Pinketts.

Qui le parole contano anche quando si sprecano. Prendono strade contorte, se arrivano al bivio tornano indietro e poi ci riprovano. Starci dietro è un’impresa. Come inseguire un ghepardo nella savana con il monopattino. Il filo del discorso si allunga, poi si accosta, parcheggia, fa dei ghirigori e riparte. Muore e poi resuscita. Un po’ come Lazzaro Santandrea, il Cyrano di una Milano dagli angoli bui eppure luminosi. Dove gli scarabocchi si tramutano in opere d’arte. E viceversa. Lazzaro prende le difese di chi ha ragione a prescindere. Di quelli che a colpirli si fa meno fatica che a proteggerli. E non per ossequio al «politicamente corretto». È che gli viene così. Di farsi amici che si premurano di dirti che non hanno niente in cambio da darti. Che ti presentano la bunica e poi la strabunica, che poi sarebbero la nonna e la bisnonna in romeno.

Già, perché nei suoi tragitti verso il Bene, Lazzaro fa tappa in una Bucarest mai descritta così da quando Ceausescu ha scoperto che il suo indice di gradimento virava pericolosamente verso l’abisso. Questa Bucarest che non è una città del terzo mondo « ma del quarto. E non in senso negativo. Il quarto mondo non è al quarto posto. Si trova primo in classifica perché è riuscito a sopravvivere a regnanti e dittatori, al terremoto del 1940 e ai comunisti nel Quarantaquattro». In un Est che bisognerebbe vederlo prima di parlare di Eron, Soul of the Sea (part.): opera creata per l’Istituto Treccani. Eron espone alla Wunderkammern di Milano in Freedom as Form migrazione e stranieri. Milano assiste da lontano che non vuol dire stare in poltrona come al cinema. Lazzaro svela il suo vero mestiere che, forse, è anche una vocazione. Missione, no, sa di poliziesco. «Pedinare gli indigenti dignitosi era diventato il mio unico hobby». Che i poveri, di solito, sono sempre anche dignitosi. Magari sono gli altri che sognano di farli sparire con uno schiocco di dita o una chiave inglese in testa che non trovano mai sul vocabolario la parola dignità. Figuriamoci dentro il cuore e l’anima. Ma è anche vero che non hanno né l’uno, né l’altra.

Gente come l’Uomo Col Loden e la sua compagna Col Parka non sanno cos’è l’estate. Quella stagione quando il sole illumina e riscalda tutti. E fa paura a chi conosce solo l’inverno dei sentimenti. E c’è poi Ossitocina, una ragazza che non fa più neanche a pugni con la vita perché lei si è iscritta in un altro campionato. Un padre di nome Tanica l’ha fatta così. Lui latinista per sbaglio che di quella lingua ha conservato solo la polvere, lei che finisce dritta nel cuore di Lazzaro. Uno che non si impietosisce ma vede al di là dei leggings strizzati e di un cane che si chiama Lou Reed. E per chi sa di musica, vuol dire qualcosa.

Ossitocina ha conosciuto uomini che non fanno parte del genere umano. Qualche volta succede. A lei quasi sempre. E non è solo questione di statistica. Facile innamorarsi di qualcuno dell’altra specie. Santandrea con una madre che avercene, attraversa i patemi della vita, facendo slalom alle teorie di Freud, ai padri assenti che quando ci sono è anche peggio. Così gli basta una scorribanda con gente dai nomi indimenticabili, locali con baristi che parlano piano, geologhe che fanno le commesse da Yamamay. E le sorelle Pozzi che cantano giusto per.


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