Il blog di Mirella Marabese Pinketts

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Mi presento, mi chiamo Mirella Marabese Pinketts e sono la Presidente dell’Associazione culturale Andrea G. Pinketts.

Benvenuti a tutti voi che darete lievito alle mie parole dove è dominante l’emozione.

Sì, sono la madre di Andrea Pinketts. Al suono di questo nome vedo la maggior parte di voi trasalire. Un nome conosciuto e diffuso. La genialità non è ascoltare, interessati, incuriositi, all’eco di questo messaggio perchè è tale e non è un comunicato.



Franco Califano (30 marzo 2013 – 30 marzo 2023)

Adorabile canaglia, non hai mantenuto la promessa: non escludo il ritorno.

Ti abbiamo aspettato, ti aspettiamo.

Altri hanno tentato di prendere il tuo posto, ma mai uno come te può donarci l’emozione della tua voce, le tue canzoni, il tuo saper essere sempre protagonista assoluto di una vita sregolata ma dominata da un disincantamento sofferto ma leggero, un soffio eterno di poesia espresso con la tua voce, con il tuo sguardo profondo che esprimeva i palpiti della tua anima.

Hai vissuto a trecentosessanta gradi mai pentendoti di nulla, da quella caduta dalla scala che ti pose in una posizione diversa che oscurò e limitò la tua fama di Califfo.

Andrea mi parlava di te, eravate amici.

L’ammirazione era reciproca, la fratellanza si vive anche di lontano.

Io ho perduto Andrea, ma la mia camera è interamente tappezzata dalle foto dei personaggi che hanno animato la sua vita un po’ spericolata, come la tua, insofferente alle regole.

Una profonda sensibilità vi univa, mascherata da una goliardia qualche volta un po’ amara, nascosta abilmente da un’apparente gioia di vivere.

Ci sono due foto tue e di Andrea, insieme; così, ogni momento della mia giornata e delle mie notti, mi tenete compagnia, Andrea e il Califfo. Io accarezzo le vostro foto, scolpite nel mio cuore, nella mia memoria, nella mia nostalgia.

Ma credimi, Califfo, avevi promesso che saresti forse ritornato, ma tu, come Andrea, non sei mai andato via.

Dall’altra parte vi vedo cantare “Tutto il resto è noia” ma non la vostra fratellanza di artisti, non le vostre personalità affini, non la vostra sensibilità che ha creato quei capolavori.

Allora, io, madre di Andrea, canto con voi “Tutto il resto è noia”. Andrea aggiunge, sottobraccio a te, “La musica è finita”.

La tua musica non finirà mai.

Le tue note sono scolpite nel cielo accompagnate dalla tua malinconia che è stata riservata compagna di tutta la tua vita, accompagnata da un sorriso disincantato.

La signora della notte, velata di nero, ha frantumato i rami fulgidi della vostra creatività e del vostro essere.

Un sole celestiale, come avviene per le piante, ha rinvigorito le vostre radici e ne sono emersi rami fioriti che non conoscono la caducità.

Ha vinto la poesia, il talento, l’essere sulle onde di “Tutto il resto è noia”.

Pia Cirllo. L’avvocatessa da record.

Così nel 2018 veniva omaggiata Pia Cirillo dalla cronaca e dalla stampa.

Piccola grande donna, era l’amica fidata che custodiva i pensieri, le incertezze, il cuore di Patrizia, unite da intelligenza, rispetto e profondo affetto. Ma chi è Patrizia?

Proprio di fronte a casa, dove abitava e abita Andrea, c’è una presenza, un’edicola che dal 1975 ci fa compagnia con la sua presenza gentile, rassicurante e soprattutto intimamente partecipe alle vicende e all’evoluzione culturale e professionale di Andrea; il suo vagabondare in tutta Italia per incantare il suo pubblico parlando, come solo lui sapeva fare, dei suoi libri, dei suoi progetti che erano una catena d’amore.

Quando Andrea tornava dai suoi viaggi di lavoro, prima ancora di salutarmi mi chiedeva:

«La Patrizia è aperta?»

Per lui, per noi, Patrizia era ed è il benvenuto di Milano.

Patrizia, all’uscita dei libri di Andrea, organizzava eventi, dove lui presentava i suoi libri, raccogliendo un pubblico attento e partecipe. Fu così che avvenne l’incontro tra una grande donna e un grande uomo. Scoppiò una scintilla di entusiasmo reciproco.

Andrea mi parlò dell’avvocatessa Pia Cirillo, dei suoi successi professionali, della sua intelligenza, della sua comprensione per le debolezze umane.

L’avvocatessa si prodigò soprattutto a favore delle donne e di chi si trovava in difficoltà per essere assistito da legali di qualità. La sua vita professionale è stata densa di successi ottenuti grazie anche alla sua umanità e al suo principio al quale si è attenuta tutta la sua lunga vita: l’imputato, qualsiasi reato avesse commesso, ha avuto sempre il diritto di essere difeso.

Un grave incidente subito a causa di una moto che la investì, la isolò dal mondo forense.

Benché molto anziana, riprese la sua attività che era per lei ragione di vita, dedicandosi alla difesa dei più deboli e di esseri umani degli ambienti delinquenziali, gli esseri più fragili e più esposti a delinquere.

Avevi ragione, Andrea, a essere affascinato da questa piccola grande donna che ci ha lasciato all’età di novantanove anni. Là, dove sei, ci si può incontrare e rinnovare l’intesa spirituale? Patrizia spera che possa avvenire.

  

MILANO ALL NEWS

POSTED ON 27 MAGGIO 2018 BY MILANO.ZONE

Pia Cirillo, avvocato da record: “Indosso la toga a 95 anni” – Cronaca

Milano, 27 maggio 2018 – Correva l’anno 1948, quando l’avvocato Pia Cirillo indossò per la prima volta la toga, a Bari, ottenendo l’assoluzione di un uomo accusato di truffa per essere salito sul tram senza fare il biglietto…

Festa del papà -19 marzo

19 marzo – festa del papà

Festa, sinonimo di allegria. Cos’è l’allegria? Personalmente, non sono stata mai una persona allegra, non mi si addice; direi che nemmeno mi piace.

Associo la parola festa al raduno annuale degli alpini, con tanto di rispetto per gli alpini, è chiaro; ma la parola festa si addice ad abbondanti libagioni, dove l’acquavite regna sovrana.

Oggi, 19 marzo - festa del papà,  il mio cuore si stringe nel rinnovato dolore di aver perduto mio padre da molto tempo. Un dolore che gli anni passati hanno ammorbidito ma non annullato e non tanto da ricordarlo come una festa. Anzi, la parola festa per ricordare i papà mi sembra quasi un’offesa, mi sembra quasi blasfemo.

E allora, mi riaffiora alla memoria il momento più drammatico della mia vita quando Andrea, mio figlio bambino, aveva sei anni e perse il suo papà.

Squillò il telefono e Andrea disse: «Forse è papà!» ed io allora gli risposi: «No, bambino, papà è andato in cielo per costruire il grattacielo più bello del mondo!»

Mio figlio bambino, con la sensibilità che negli anni lo avrebbe sempre distinto, mi disse: «Allora, papà e morto».

Come posso accettare la festa del papà?

E ancora, passarono gli anni... e in via Lorenteggio ci fu la consueta festa di San Giuseppe.

Andrea ci andò e incontrò la professoressa Mura, insegnante prediletta di Andrea, che vide in anticipo quello che Andrea sarebbe diventato, e gli chiese: «Cosa hai comprato Andrea?»

E lui rispose: «Una cravatta per il mio papà.»  Il papà che lui aveva perduto quando era bimbo e di cui non accettava la morte, dopo sette anni.

Non ne parlai con mio figlio. Lui racchiudeva segreta nel suo cuore la mancanza del padre.

Perciò, festa del papà... e tutti i figli piccoli o adulti che non hanno più il papà?

Figli che accusano nel loro percorso di vita più difficile la mancanza di una guida paterna.

Festa del papà? Non me ne vogliano i venditori di dolciumi vari, di oggetti spesso inutili, di cadeau di cattivo gusto. È il mercato dei sentimenti, io la penso così, la mamma e il papà devono essere onorati nel cuore e nel rimpianto.

Milano, 19 marzo 2023

Maurizio Costanzo

Mi affascina accompagnarmi con coloro che ci hanno lasciato e sono ora in un’altra dimensione. Come accetteranno di non avere più voce per comunicarsi il loro disorientamento, il loro non essere? L’energia sopravvive perché sarebbe disumano che quanto abbiamo vissuto, sofferto, amato, si dissolvesse così, come un alito di vento.

Allora, come sempre, invoco Andrea.

Il suo respiro mi aiuta a rivedere, a ricordare persone, episodi del suo passato.

Quando Maurizio Costanzo nel corso di un incontro al teatro Parioli gli chiese se fosse credente, vista la singolarità del suo personaggio, e come viveva la sua fede, Andrea rispose suscitando una risata del conduttore e di tutto il pubblico.

Era talmente credente che poco prima si era battezzato un’altra volta e consacrato alla religione dei mormoni. Io, da casa, a Milano rimasi ovviamente sbigottita temendo anche la reazione di Maurizio Costanzo. Trovavo quest’affermazione, se vogliamo, un po’ azzardata visto che viviamo in un paese cattolico.

Costanzo da gran signore com’era e ben disposto sempre ad accettare le bizzarrie del suo pubblico, rise di questa conclusione ludica alla sua domanda molto seriosa.

Andrea aveva, come tutti i giovani del resto, ammirazione per il personaggio eclettico e affascinante di Maurizio.

Andrea suscitò una seconda volta l’interesse del conduttore verso il suo giovane ospite della puntata precedente, preceduto dalla sua fama di scrittore di sensazionali gialli che avevano ottenuto il rispetto della critica e il riconoscimento di un premio al festival giallo di Cattolica.

In questa puntata era presente anche Marina duchessa Lante della Rovere, personaggio dagli atteggiamenti, per l’epoca, anticonformistici e tali da attirare l’attenzione e l’ammirazione del pubblico sul palco del Parioli.

Costanzo la presentò ad Andrea il quale si esibì in un baciamano che nulla aveva da invidiare ai blasonati viveur di allora.

Io, da casa a Milano, fui sorpresa dall’eleganza di questo baciamano che faceva supporre frequentazioni di alto lignaggio.

Diverso, per dire, non si usava se non forse nei circoli esclusivi dalle presenze femminili, dove i giovani facevano quest’omaggio alle signore etichettandole come cariatidi.

Credo che Costanzo con il suo consueto savoir-faire abbia gradito l’exploit cavalleresco del suo giovane ospite. Oggi, figlio fanciullo, che Maurizio Costanzo ci ha lasciato creando in noi sgomento e rimpianto, questi episodi mi hanno fatto sorridere e hanno attutito il rammarico che tutti noi abbiamo per la perdita di Costanzo.

Grazie, Andrea, tu sai come farmi ricordare e alleviare il rimpianto per l’amico che ha alimentato le nostre serate con la sua cultura, la sua ironia, il suo savoir-faire, la sua conoscenza dell’animo umano.

Milano, 24 febbraio 2023

CARLO BORSANI - Oggi, Andrea rivive con me l’immagine del prezioso amico che l’ha raggiunto nelle sfere celesti

Il passato è denso di ricordi, di avvenimenti, di incontri, di volti. Ed emerge un’immagine che è scolpita nel cuore e nella mente di Andrea e di Mirella.

Andrea da quattro anni è anima vestita di energia che vive il passato, il presente e credo fermamente anche il futuro.

Oggi, Andrea rivive con me l’immagine del prezioso amico che l’ha raggiunto nelle sfere celesti: Carlo Borsani, uomo vero, gentiluomo di antico stampo, un signore di modi, di aspetto e di contenuto. Non lo dimenticheremo mai.

Nello scrivere il suo nome mi trema il cuore e so che Andrea, dovunque sia, prova come me il sentimento che ha nome amicizia, che sopravvive a qualsiasi abissale lontananza e distacco fisico.

È viva in me l’intensità emotiva dei nostri incontri.

Il primo novembre di molti anni, dove ci incontravamo con la mia amata Benedetta al Campo Dieci del cimitero di Musocco davanti alla tomba del tuo papà, cieco di guerra, medaglia d’oro, assassinato dalla malvagità di chi covava nel cuore sentimenti d’odio politico e dissennato.

Tu non eri ancora nato, Carlo. Ti nutrivi nel ventre di tua madre, sposa inconsapevole della grandezza dell’uomo che ti veniva tolto in un modo così atroce.

Il primo novembre di ogni anno io condividevo con te e la mia amata Benedetta un momento di comunione di cui andavo fiera; Andrea, di lontano, per il suo lavoro di scrittore e oratore eclettico, divideva con me il legame che ci univa alla famiglia.

Ci incontravamo di frequente in momenti di riunione con gli amici comuni.

Sempre serate nelle quali rinnovavamo gli ideali politici con l’entusiasmo che ci animava, oserei dire quasi fanciullesco, raro in questi tempi, completamente assenti.

Ci mancherai caro amico.

Ci mancherà l’esempio che quest’uomo ci ha dato, l’esempio di cristallina onestà, di insegnamento, di valori profondi che danno luce alla tua immagine. In tutti noi che ti abbiamo seguito nel tuo percorso umano e politico, la tua lezione di vita lascia una traccia del tuo valore e dei tuoi principi.

Ho avuto durante mia vita professionale il riconoscimento per quanto mi sono prodigata nell’ambito delle mie funzioni. Ricordo una frase che Carlo mi disse che mi fece avvampare d’orgoglio: «Dà loro una mano, Mirella.» Lui sapeva che io ero solita dare tutto il mio cuore superando le inevitabili difficoltà. Grazie, caro amico.

Abbracciamo l’amata Benedetta e le staremo accanto.

 Andrea e Mirella.

***

Mirella Marabese Pinketts piange con l'amata Benedetta il commiato di

Carlo Borsani

consolata che il cielo ha accolto un'anima eletta. Andrea e tutti gli amici che lo hanno preceduto sono presenti nel ricordo e nel rimpianto.

Milano, 5 febbraio 2023


Duemilaventidue...

Duemilaventidue, non ti perdoniamo. Sei passato indipendentemente dalle stagioni, che sono ormai capricci temporali, lasciandoci sbigottiti, privi di quelle persone che nella nostra vita sono stati fari luminosi, intelligenza creativa, di equilibrio, di insegnamenti che nel tempo avrebbero dato splendidi frutti.

Forse ci insegneranno a vivere meglio, a essere consapevoli di quel poco che avremo, che sarà molto in confronto a quello che abbiamo perduto e che non potremo ritrovare se non con le illusioni che ci aiutano a vivere un domani incerto.

Ci porterai via la distruzione di un passato creativo e rassicurante, ci ridarai la sicurezza, la stabilità, soprattutto quello di cui abbiamo bisogno: la speranza e ancora un po’ di quel paradiso che abbiamo perduto.

Ti chiediamo che quel fiore appassito che è la nostra vita oggi, riprenda vigore e profumo.

Allora ti perdoneremo, ti ameremo e brinderemo con te e con quel bambino roseo appena nato che porta una gerla piena di speranza.

Non è stato un distacco, non è stato un addio, solo un momento di nostalgia

Il paradiso non esiste, non è un luogo, non ha limiti, non ha confini, non ha pareti. È uno stato d’animo dentro di noi.

Se facciamo una riflessione: se c’è, ci aiuta ad atti di generosità, di comprensione umana, di tolleranza, di perdono di pazienza. Come si presenta? Se non c’è il silenzio, l’egoismo, l’avarizia, la maldicenza. Aiutaci paradiso! 

Ci guarda dall’alto ma è anche accanto a noi, presenza invisibile ma che non ci fa sentire soli appena ascoltiamo la sua voce che si chiama coscienza.

Ma sì, d’altra parte è uno scherzo delle nuvole che amano giocare fondendosi abbracciandosi una all’altra a guardare la vita, il futuro, il tempo a venire. 

Il paradiso è dentro di noi, nei nostri momenti di bontà, di generosità, di slanci emotivi ma oggi ventiquattro dicembre il paradiso è muto, nelle nuvole c’è un silenzio che mi sgomenta: è l’attesa, qualcosa che avverrà, che muterà il nostro destino e le nostre attese. L’attesa è lunga ma palpita come il pigolio di un uccellino appena nato.

Laggiù sulla terra che è invasa da grida di lamenti e urla derivate dalla paura intorno, le case crollano lasciando scheletri di un vissuto che non esiste e dove un bimbo non potrebbe sognare un desco disgregato sul quale nessuno mai potrà più riunire la famiglia. Il terreno dissestato è il pericolo di cadere, il mescolarsi alle macerie e completa quest’apocalisse di distruzione. Qualche ombra cerca ansiosa un po’ del paradiso che ha lasciato e che non ritroverà, le mani si piegano in due in un’inutile ricerca.

È la guerra dove ha preso dimora la cattiveria più infame, il desiderio di possesso di una terra benedetta; dove ha preso dimora la violenza e la volontà malefica di recidere senza pietà, di sterminare l’anelito alla libertà anche per la propria terra, il rispetto per le proprie memorie. È la guerra, è un annullamento del paradiso di cancellare tanta iniquità.

È il venticinque dicembre, il paradiso tace, non arrivano suoni e canti di angeli, il silenzio delle arpe e dei liuti, ma gli occhi di Dio hanno il colore dell’acqua, le ombre vi nuotano formando immagini del tempo passato, del presente e del futuro. I loro tentativi di materializzarsi per dare ai propri cari dei tentativi di comunicazione falliscono e si allontanano fluttuando nell’infinito. Ma dove accadono i miracoli?

Allora il paradiso esplode in una miriade di colori, le stelle brillano di luce divina, giocano con gli astri e tutti i pianeti mentre il destino degli uomini prende forma e speranza.

Il sorriso di Dio si fonde in questa luce e nel colore del suo cielo, del suo regno; gli angeli danno voce alle arpe e ai liuti, musiche e canti celestiali emanano l’incanto divino.

È il venticinque dicembre, un infante nudo trova nel fiato di un bue e di un asinello il calore per sperare. La mangiatoia dove si è sgravata Maria è come un cuscino di colombe bianche che con lo sfarfallio delle loro ali emanano un avvolgente profumo d’incenso. È il venticinque del dodici, ci inchiniamo riverenti.

 

Il venticinque dicembre è anche una data che la memoria non attutisce, che infierisce negli anni dei ricordi, rumori, risa, strepitio di pacchi, dono di chi magari di memoria un po’ distratta ha dato come dono e accade.

Io mi metto in un silenzio che mi accarezza leggero come una libellula vagabonda e nel silenzio tu taci. Sei tu, io sento la tua carezza che mi sfiora l’anima che si protende in uno spasimo d’amore. E ricordo e rammemoro e sorrido.

Ricordo i nostri natali mio amato figlio, le tue attese gioiose e infantili, i tuoi “Oooh!” di meraviglia nello svolgere i regali che la follia di tua madre ti portava. Natali diversi, epoche diverse, gente diversa, tutto diverso. Ora nelle strade, nelle case, non più; ma nella mia anima s’insinua un palpito che mi porta in alto, sempre più su. Si chiama nostalgia.

Allora, angeli, cherubini, arpe, creature celesti che ti osannano; il paradiso c’è mio amato figlio, è una nuvola armoniosa che gioca in volteggi esoterici con scatti tutti nuovi.

Il tuo sorriso, la tua intelligenza, la tua innocenza, il grande potere evocativo della tua scrittura. Sei tu, ti vedo, ti sento, ma gli spazi celesti giocano nel nostro ritrovarci.

Ma non è stato un distacco, non è stato un addio, solo un momento di nostalgia.

Saga Egmont, l'audio libro di "Il vizio dell'agnello"

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Io ti risponderò tak for nu (grazie...)

Caro Davide,

è un tardivo pomeriggio di novembre e mi è grato rispondere alla tua mail di un anno fa, nella quale esprimevi a Elisabetta Friggi e ad Andrea Carlo Cappi, il tuo interesse a pubblicare per la casa editrice danese nella quale operi, Saga Egmont, l'audio libro "Il vizio dell'agnello"...

Ora, a compimento del progetto voglio entusiasmarmi e ringraziarti!

Sono la madre di Andrea G. Pinketts e presidente dell'associazione culturale a lui dedicata. Il nostro compito, è far sì che la letteratura duri nel tempo, come insegnamento attuale e futuro.

Nell'incantevole Copenaghen spero che, attraverso il tuo lodevole impegno, la sua "voce" possente ma anche melodiosa e avvincente possa valicare i confini e suscitare emozioni violente, curiosità e desiderio di approfondire chi è lo scrittore Andrea G. Pinketts, come vive, cosa pensa. Ne parlo al presente, da madre, da lettrice onnivora.

Natale è già nell'aria e nel paese dove tu hai la buona ventura di vivere emana un profumo spirituale che alleggerisce i cuori e dona la gioia dell'attesa. Tutte le porte sono già adornate di fiori, di ghirlande colorate che presagiscono la festa nell'attesa che in Danimarca è sentita come un rito religioso, non di forma ma di spiritualità. Mi è spontaneo pronunciare la vostra famosa parola Higge, l'amore e la gioia e il dono che, insieme al profumo della cannella, brilla nelle luci e ne rende il profumo dilagante e rasserenante. Mi offri, caro amico, una tazza di cioccolata calda con la cannella? Ne sento il calore profumato che attenua il freddo, il buio, che nella vostra regione si alterna a lunghi periodi di sole accecante. Una curiosità, com'è il clima di Natale da voi? Grazie di accogliere questa mia ingenua curiosità che potrei, sì, appagare con mezzi tecnologici, oggi tanto in uso, ma io che sono una donna romantica preferisco sentire dire alla vostra maniera, arcaica, che sa di gentilezza, cordialità. Perciò se saprò da te che il cielo ha a Natale colore azzurro terso e buio misterioso, io ti risponderò tak for nu (grazie...). Grazie per oggi, stasera.

Mi affascina che il paese in cui hai scelto di vivere sia uno fra i più felici al mondo. Qual è il segreto? Io credo sia l'amore e l'immensa sensazione che si dà alle piccole cose, alla semplicità, all'uguaglianza sociale. Janteloven esalta i valori dell'uomo, indipendentemente dal valore economico e professionale, grande conquista e lezione del saper vivere nel rispetto reciproco.

I reali, la regina Margherita II in particolare, hanno una visione della monarchia moderna e adeguata ai tempi; vivace, svelta e priva di orpelli. I cocchi dorati non esistono! Esiste la bicicletta, il suo mezzo di trasporto; la regina è chiamata, infatti, la regina della bicicletta. Il suo vessillo, dice la leggenda, è una bandiera che sventola dal 1219 e tale è rimasta svettando felice su questo Stato, indipendente e libero. Higge, sii felice.

Dalla Danimarca, a distanza di decenni, lo scrittore Hans Christian Andersen nelle sue favole ancora ci commuove e, forse, ci fa ancora piangere, ma è una commozione velata di nostalgia. Domina la storia, la letteratura... nella trama dell'Amleto, Shakespeare ha creato l'inimitabile e sempre carico di storia cruenta e tragica principe Amleto. Il suo angoscioso "essere o non essere" che ancora oggi non ha risposta. Il castello nella cittadina di Elsinore (Helsingør) sulle sponde del mar Baltico è muto in uno spettrale e mortifero silenzio. La storia drammatica, ma sempre culturalmente e letteralmente vivace, nasce nel castello di Kronborg che, come tutti i castelli, nasconde segreti arcani e venusti.

C'è un simbolo che ritrae chi agiva nel porto di Copenaghen. È una statua che raffigura una giovane donna, è la famosa sirenetta tratta da una novella di Andersen. La sua voce è triste perché rappresenta l'amore. La sirenetta ha sacrificato la vita per l'amore. L'amore è un sentimento nobile ma spesso distruttivo. È la novella con la quale, ancora una volta, lo scrittore danese Andersen ha toccato il nostro cuore.

Io, con la mia mano trepida e carezzevole, sfioro il viso per asciugare le sue, le mie, le nostre lacrime.

Mirella Marabese Pinketts

Qui, Andrea Carlo Cappi per Saga Egmont


Fermata Bolivar - da "FIL BLEU - Storie di Milano lungo la M4" di Giacinta Cavagna di Gualdana e Carola Guaineri

FIL BLEU - Storie di Milano lungo la M4 di Giacinta Cavagna di Gualdana e Carola Guaineri.

Un libro che racconta Milano attraverso un’inedita prospettiva, seguendo il tracciato di una nuova linea della metropolitana, fermata dopo fermata. Il sodalizio tra una storica dell’arte e una fotografa diventa un viaggio per scoprire nuove angolazioni da cui osservare la città. Ne scaturisce un libro in cui le parole e le immagini coabitano felicemente completandosi a vicenda. Mentre la talpa scavava nelle viscere della città, le autrici hanno percorso con le loro biciclette le strade tra periferia, centro e di nuovo periferia. Hanno osservato gli spazi, bussato a porte, conversato con le persone, scoperto nuove realtà. Il libro si compone infatti proprio come un viaggio lungo le stazioni della M4, la linea blu. Per ogni fermata, con parole e con scatti fotografici, Giacinta Cavagna di Gualdana e Carola Guaineri si soffermano ad osservare e descrivere i luoghi e le storie. Tra i cortili di Giambellino e Segneri, conversando con un libraio, un chirurgo, una suora, osservando la facciata della casa di Gio Ponti in via Dezza e il cancello liberty di Alessandro Mazzuccotelli in Casa Moneta, si instaura con la città un dialogo caratterizzato da curiosità, attenzione, passione.

Fermata Bolivar

STORIE - “IO PERSONALMENTE MI DIVERTO”: LA MILANO DI LAZZARO SANTANDREA, ALTER EGO DI PINKETTS

A Pinketts, “che ha vissuto, raccontato, amato e camminato la sua città come forse nessun altro”.

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 ***

Giacinta, il profumo del tuo nome mi sale alle narici e m'inebria come il tuo progetto di cui ci parlasti un anno fa, ora diventato realtà. Allora, ti dissi: «Sarà bello proporre e parlare di Andrea. Qualsiasi informazione tu desideri, noi, dell'Associazione Pinketts, siamo felicemente disponibili e di buzzo buono, come direbbe Andrea. L'idea della fermata Bolivar mi entusiasma».

Da anni non prendo l'autobus per questione di salute ma ancora sento l'annuncio di fermata "...qui Piazza Bolivar", qui è passato il mondo. Cara Giacinta, questa fermata è tutta la piazza che ne è pregna di risate, di incertezze, di imprevisti. Un piccolo particolare che tu ancora non conosci: la mia casa, la nostra casa, Lorenteggio 5 quarto piano, è invasa da campanelli di tutte le fogge, di tutte le epoche, che io ho raccolto durante tutta la mia lunga vita. 

Mi chiedevi, Andrea: «Mamma ma a cosa ti servono tutti questi campanelli?» E io rispondevo: «Il loro suono mi dona allegria.» Anche se tu dicevi «Mamma, sei ancora una bimba!» mi piaceva che mi definissi ancora fresca nel cuore, nei pensieri, nelle speranze. 

Di una signora ho qualche filo bianco ma la perdita di Andrea mi ha procurato un'amputazione che il tempo non alleggerisce ma acuisce. Mi consola il fatto fisico mentre lo spirito rimane uguale.

Aspetto con te e con Andrea... qui, piazza Bolivar è un concerto di trillio e di scampanellio, è il concerto della memoria che inneggia a un habitat fatto di amore, di ricordi, di certezze. Sono io, siamo noi, che ringraziamo. E l'eco dei campanelli canta ancora "Qui, piazza Bolivar!".


Primo Novembre 2022

La città silente. 

L'aria è rarefatta. L'attesa della nebbia ci avvolge dalle foto sbiadite che fluttuano vapori indefiniti che emanano dalle ultime dimore di chi non ha più voce. Le lampade votive sono come fuochi d'artificio tardivi.

Non mi piace questo silenzio, ero abituata al frastuono eccitante ed eccitato che la tua voce mi provocava, che narrava il mistero della vita e dei non ritorni. Vorrei risentire la tua risata, la tua voce tonante, i virtuosismi della tua parola.

Così, io sfido il passato e come per magia vado incontro al tempo passato... e siamo al primo novembre. Accadeva qualcosa, qualcosa accade. Un quaderno attirava il mio sguardo, piccolo, nero, intonso, solitario.

Le pagine bianche erano in attesa della tua penna frenetica, dei vagabondaggi dei tuoi personaggi immaginifici che catturavano la nostra attenzione, tentando di seguirli nei loro voli fantastici per trarne il bisogno fisico, spirituale, emotivo, di godere un po' della loro assenza e il gioco era fatto. Era bello era magico.

Così, il primo novembre voglio ritrovare quella magia per risentire il fervore che ti animava dando lievito alla tua creatività, dando respiro a tutta l'aria compressa per esprimersi e per poter comunicare tutta quella lucidità umana, di vita, di cultura, di ironia, di emotività che tu sai esprimere.

Meraviglioso è il potere del serbatoio della memoria e i colori sono sfavillanti e soprannaturali che, col passar del tempo, con i ricordi, non impallidiscono ma rinvigoriscono. Mi ha accompagnato tutta la vita facendo fremere il mio cuore, il sussurro del nostro grande poeta Pasolini e il suo sublime amore per la madre, sentimento che era condiviso da me e mio figlio, allora era un sentimento completo, invasivo, totale.

...

Tu sei la sola al mondo che sa, del mio cuore,
ciò che è stato sempre, prima d’ogni altro amore.

Per questo devo dirti ciò ch’è orrendo conoscere:
è dentro la tua grazia che nasce la mia angoscia.

Sei insostituibile. Per questo è dannata
alla solitudine la vita che mi hai data.

(Da Supplica a mia madre di Pier Paolo Pasolini)


Ti supplico mamma, dicevi, non morire. Invece.

Però, il tuo genio balza nell'aria, svetta verso il cielo, sei tu Andrea, ti ritrovo. 

Eri tu a riscaldare le mie viscere.

Primo novembre, la città silente oggi è lussuriosa di fiori, di colori, di memorie d'amore, è il giardino degli assenti viventi.

CREERO' UN FIORE...

E mi è dolce, quando le mie elucubrazioni mentali me lo consentono, lasciare le briglie sciolte alla mia fantasia, alla mia immaginazione che mi porta oltre i confini della realtà e mi fa intravedere pure l'inesistente, forse il nulla, che per me, figlia della luna, è il tutto. Un tutto che svanisce fra le mani immateriali come le ali di una farfalla che dopo lungo vagare finalmente è approdata a un lido sicuro, la mia mano, che la coglie trepida, ansiosa di darle amore, sicurezza, un calore, riposo. Attenta a non sfiorarle le ali perché non perdano il loro splendore.

Così anche la mia mente vagabonda annulla il tempo che l'ha preceduta e cancella le ombre dolorose, le pene, i ricordi, la solitudine, quanto di nefasto del passato ha annullato la mia gioia di vivere. Ma quale gioia?! Non nasce nemmeno un fiore che io possa donarvi per creare un attimo, solo un attimo di comunione spirituale che ci unisca.

Ed ecco allora che in queste strade prive di calore umano la mia immaginazione ha uno slancio verso il cielo, dove nasce un fiore, uno per te e uno per tutti quelli che ne sono privi.

Mi palpita nel cuore questo simbolo di amore, paga di questo dono, frutto dell'amore e delle reminiscenze nostalgiche del cuore.

01 Novembre 2022

Mirella M. Pinketts

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Andrea G. Pinketts inizia a scrivere il suo primo romanzo 'Lazzaro, vieni fuori' il primo novembre 1984. Da qui la tradizione vuole che ogni suo libro veda la prima luce il giorno dei santi.
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