Il blog di Mirella Marabese Pinketts

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Mi presento, mi chiamo Mirella Marabese Pinketts e sono la Presidente dell’Associazione culturale Andrea G. Pinketts.

Benvenuti a tutti voi che darete lievito alle mie parole dove è dominante l’emozione.

Sì, sono la madre di Andrea Pinketts. Al suono di questo nome vedo la maggior parte di voi trasalire. Un nome conosciuto e diffuso. La genialità non è ascoltare, interessati, incuriositi, all’eco di questo messaggio perchè è tale e non è un comunicato.



CARLO BORSANI - Oggi, Andrea rivive con me l’immagine del prezioso amico che l’ha raggiunto nelle sfere celesti

Il passato è denso di ricordi, di avvenimenti, di incontri, di volti. Ed emerge un’immagine che è scolpita nel cuore e nella mente di Andrea e di Mirella.

Andrea da quattro anni è anima vestita di energia che vive il passato, il presente e credo fermamente anche il futuro.

Oggi, Andrea rivive con me l’immagine del prezioso amico che l’ha raggiunto nelle sfere celesti: Carlo Borsani, uomo vero, gentiluomo di antico stampo, un signore di modi, di aspetto e di contenuto. Non lo dimenticheremo mai.

Nello scrivere il suo nome mi trema il cuore e so che Andrea, dovunque sia, prova come me il sentimento che ha nome amicizia, che sopravvive a qualsiasi abissale lontananza e distacco fisico.

È viva in me l’intensità emotiva dei nostri incontri.

Il primo novembre di molti anni, dove ci incontravamo con la mia amata Benedetta al Campo Dieci del cimitero di Musocco davanti alla tomba del tuo papà, cieco di guerra, medaglia d’oro, assassinato dalla malvagità di chi covava nel cuore sentimenti d’odio politico e dissennato.

Tu non eri ancora nato, Carlo. Ti nutrivi nel ventre di tua madre, sposa inconsapevole della grandezza dell’uomo che ti veniva tolto in un modo così atroce.

Il primo novembre di ogni anno io condividevo con te e la mia amata Benedetta un momento di comunione di cui andavo fiera; Andrea, di lontano, per il suo lavoro di scrittore e oratore eclettico, divideva con me il legame che ci univa alla famiglia.

Ci incontravamo di frequente in momenti di riunione con gli amici comuni.

Sempre serate nelle quali rinnovavamo gli ideali politici con l’entusiasmo che ci animava, oserei dire quasi fanciullesco, raro in questi tempi, completamente assenti.

Ci mancherai caro amico.

Ci mancherà l’esempio che quest’uomo ci ha dato, l’esempio di cristallina onestà, di insegnamento, di valori profondi che danno luce alla tua immagine. In tutti noi che ti abbiamo seguito nel tuo percorso umano e politico, la tua lezione di vita lascia una traccia del tuo valore e dei tuoi principi.

Ho avuto durante mia vita professionale il riconoscimento per quanto mi sono prodigata nell’ambito delle mie funzioni. Ricordo una frase che Carlo mi disse che mi fece avvampare d’orgoglio: «Dà loro una mano, Mirella.» Lui sapeva che io ero solita dare tutto il mio cuore superando le inevitabili difficoltà. Grazie, caro amico.

Abbracciamo l’amata Benedetta e le staremo accanto.

 Andrea e Mirella.

***

Mirella Marabese Pinketts piange con l'amata Benedetta il commiato di

Carlo Borsani

consolata che il cielo ha accolto un'anima eletta. Andrea e tutti gli amici che lo hanno preceduto sono presenti nel ricordo e nel rimpianto.

Milano, 5 febbraio 2023


Duemilaventidue...

Duemilaventidue, non ti perdoniamo. Sei passato indipendentemente dalle stagioni, che sono ormai capricci temporali, lasciandoci sbigottiti, privi di quelle persone che nella nostra vita sono stati fari luminosi, intelligenza creativa, di equilibrio, di insegnamenti che nel tempo avrebbero dato splendidi frutti.

Forse ci insegneranno a vivere meglio, a essere consapevoli di quel poco che avremo, che sarà molto in confronto a quello che abbiamo perduto e che non potremo ritrovare se non con le illusioni che ci aiutano a vivere un domani incerto.

Ci porterai via la distruzione di un passato creativo e rassicurante, ci ridarai la sicurezza, la stabilità, soprattutto quello di cui abbiamo bisogno: la speranza e ancora un po’ di quel paradiso che abbiamo perduto.

Ti chiediamo che quel fiore appassito che è la nostra vita oggi, riprenda vigore e profumo.

Allora ti perdoneremo, ti ameremo e brinderemo con te e con quel bambino roseo appena nato che porta una gerla piena di speranza.

Non è stato un distacco, non è stato un addio, solo un momento di nostalgia

Il paradiso non esiste, non è un luogo, non ha limiti, non ha confini, non ha pareti. È uno stato d’animo dentro di noi.

Se facciamo una riflessione: se c’è, ci aiuta ad atti di generosità, di comprensione umana, di tolleranza, di perdono di pazienza. Come si presenta? Se non c’è il silenzio, l’egoismo, l’avarizia, la maldicenza. Aiutaci paradiso! 

Ci guarda dall’alto ma è anche accanto a noi, presenza invisibile ma che non ci fa sentire soli appena ascoltiamo la sua voce che si chiama coscienza.

Ma sì, d’altra parte è uno scherzo delle nuvole che amano giocare fondendosi abbracciandosi una all’altra a guardare la vita, il futuro, il tempo a venire. 

Il paradiso è dentro di noi, nei nostri momenti di bontà, di generosità, di slanci emotivi ma oggi ventiquattro dicembre il paradiso è muto, nelle nuvole c’è un silenzio che mi sgomenta: è l’attesa, qualcosa che avverrà, che muterà il nostro destino e le nostre attese. L’attesa è lunga ma palpita come il pigolio di un uccellino appena nato.

Laggiù sulla terra che è invasa da grida di lamenti e urla derivate dalla paura intorno, le case crollano lasciando scheletri di un vissuto che non esiste e dove un bimbo non potrebbe sognare un desco disgregato sul quale nessuno mai potrà più riunire la famiglia. Il terreno dissestato è il pericolo di cadere, il mescolarsi alle macerie e completa quest’apocalisse di distruzione. Qualche ombra cerca ansiosa un po’ del paradiso che ha lasciato e che non ritroverà, le mani si piegano in due in un’inutile ricerca.

È la guerra dove ha preso dimora la cattiveria più infame, il desiderio di possesso di una terra benedetta; dove ha preso dimora la violenza e la volontà malefica di recidere senza pietà, di sterminare l’anelito alla libertà anche per la propria terra, il rispetto per le proprie memorie. È la guerra, è un annullamento del paradiso di cancellare tanta iniquità.

È il venticinque dicembre, il paradiso tace, non arrivano suoni e canti di angeli, il silenzio delle arpe e dei liuti, ma gli occhi di Dio hanno il colore dell’acqua, le ombre vi nuotano formando immagini del tempo passato, del presente e del futuro. I loro tentativi di materializzarsi per dare ai propri cari dei tentativi di comunicazione falliscono e si allontanano fluttuando nell’infinito. Ma dove accadono i miracoli?

Allora il paradiso esplode in una miriade di colori, le stelle brillano di luce divina, giocano con gli astri e tutti i pianeti mentre il destino degli uomini prende forma e speranza.

Il sorriso di Dio si fonde in questa luce e nel colore del suo cielo, del suo regno; gli angeli danno voce alle arpe e ai liuti, musiche e canti celestiali emanano l’incanto divino.

È il venticinque dicembre, un infante nudo trova nel fiato di un bue e di un asinello il calore per sperare. La mangiatoia dove si è sgravata Maria è come un cuscino di colombe bianche che con lo sfarfallio delle loro ali emanano un avvolgente profumo d’incenso. È il venticinque del dodici, ci inchiniamo riverenti.

 

Il venticinque dicembre è anche una data che la memoria non attutisce, che infierisce negli anni dei ricordi, rumori, risa, strepitio di pacchi, dono di chi magari di memoria un po’ distratta ha dato come dono e accade.

Io mi metto in un silenzio che mi accarezza leggero come una libellula vagabonda e nel silenzio tu taci. Sei tu, io sento la tua carezza che mi sfiora l’anima che si protende in uno spasimo d’amore. E ricordo e rammemoro e sorrido.

Ricordo i nostri natali mio amato figlio, le tue attese gioiose e infantili, i tuoi “Oooh!” di meraviglia nello svolgere i regali che la follia di tua madre ti portava. Natali diversi, epoche diverse, gente diversa, tutto diverso. Ora nelle strade, nelle case, non più; ma nella mia anima s’insinua un palpito che mi porta in alto, sempre più su. Si chiama nostalgia.

Allora, angeli, cherubini, arpe, creature celesti che ti osannano; il paradiso c’è mio amato figlio, è una nuvola armoniosa che gioca in volteggi esoterici con scatti tutti nuovi.

Il tuo sorriso, la tua intelligenza, la tua innocenza, il grande potere evocativo della tua scrittura. Sei tu, ti vedo, ti sento, ma gli spazi celesti giocano nel nostro ritrovarci.

Ma non è stato un distacco, non è stato un addio, solo un momento di nostalgia.

Saga Egmont, l'audio libro di "Il vizio dell'agnello"

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Io ti risponderò tak for nu (grazie...)

Caro Davide,

è un tardivo pomeriggio di novembre e mi è grato rispondere alla tua mail di un anno fa, nella quale esprimevi a Elisabetta Friggi e ad Andrea Carlo Cappi, il tuo interesse a pubblicare per la casa editrice danese nella quale operi, Saga Egmont, l'audio libro "Il vizio dell'agnello"...

Ora, a compimento del progetto voglio entusiasmarmi e ringraziarti!

Sono la madre di Andrea G. Pinketts e presidente dell'associazione culturale a lui dedicata. Il nostro compito, è far sì che la letteratura duri nel tempo, come insegnamento attuale e futuro.

Nell'incantevole Copenaghen spero che, attraverso il tuo lodevole impegno, la sua "voce" possente ma anche melodiosa e avvincente possa valicare i confini e suscitare emozioni violente, curiosità e desiderio di approfondire chi è lo scrittore Andrea G. Pinketts, come vive, cosa pensa. Ne parlo al presente, da madre, da lettrice onnivora.

Natale è già nell'aria e nel paese dove tu hai la buona ventura di vivere emana un profumo spirituale che alleggerisce i cuori e dona la gioia dell'attesa. Tutte le porte sono già adornate di fiori, di ghirlande colorate che presagiscono la festa nell'attesa che in Danimarca è sentita come un rito religioso, non di forma ma di spiritualità. Mi è spontaneo pronunciare la vostra famosa parola Higge, l'amore e la gioia e il dono che, insieme al profumo della cannella, brilla nelle luci e ne rende il profumo dilagante e rasserenante. Mi offri, caro amico, una tazza di cioccolata calda con la cannella? Ne sento il calore profumato che attenua il freddo, il buio, che nella vostra regione si alterna a lunghi periodi di sole accecante. Una curiosità, com'è il clima di Natale da voi? Grazie di accogliere questa mia ingenua curiosità che potrei, sì, appagare con mezzi tecnologici, oggi tanto in uso, ma io che sono una donna romantica preferisco sentire dire alla vostra maniera, arcaica, che sa di gentilezza, cordialità. Perciò se saprò da te che il cielo ha a Natale colore azzurro terso e buio misterioso, io ti risponderò tak for nu (grazie...). Grazie per oggi, stasera.

Mi affascina che il paese in cui hai scelto di vivere sia uno fra i più felici al mondo. Qual è il segreto? Io credo sia l'amore e l'immensa sensazione che si dà alle piccole cose, alla semplicità, all'uguaglianza sociale. Janteloven esalta i valori dell'uomo, indipendentemente dal valore economico e professionale, grande conquista e lezione del saper vivere nel rispetto reciproco.

I reali, la regina Margherita II in particolare, hanno una visione della monarchia moderna e adeguata ai tempi; vivace, svelta e priva di orpelli. I cocchi dorati non esistono! Esiste la bicicletta, il suo mezzo di trasporto; la regina è chiamata, infatti, la regina della bicicletta. Il suo vessillo, dice la leggenda, è una bandiera che sventola dal 1219 e tale è rimasta svettando felice su questo Stato, indipendente e libero. Higge, sii felice.

Dalla Danimarca, a distanza di decenni, lo scrittore Hans Christian Andersen nelle sue favole ancora ci commuove e, forse, ci fa ancora piangere, ma è una commozione velata di nostalgia. Domina la storia, la letteratura... nella trama dell'Amleto, Shakespeare ha creato l'inimitabile e sempre carico di storia cruenta e tragica principe Amleto. Il suo angoscioso "essere o non essere" che ancora oggi non ha risposta. Il castello nella cittadina di Elsinore (Helsingør) sulle sponde del mar Baltico è muto in uno spettrale e mortifero silenzio. La storia drammatica, ma sempre culturalmente e letteralmente vivace, nasce nel castello di Kronborg che, come tutti i castelli, nasconde segreti arcani e venusti.

C'è un simbolo che ritrae chi agiva nel porto di Copenaghen. È una statua che raffigura una giovane donna, è la famosa sirenetta tratta da una novella di Andersen. La sua voce è triste perché rappresenta l'amore. La sirenetta ha sacrificato la vita per l'amore. L'amore è un sentimento nobile ma spesso distruttivo. È la novella con la quale, ancora una volta, lo scrittore danese Andersen ha toccato il nostro cuore.

Io, con la mia mano trepida e carezzevole, sfioro il viso per asciugare le sue, le mie, le nostre lacrime.

Mirella Marabese Pinketts

Qui, Andrea Carlo Cappi per Saga Egmont


Fermata Bolivar - da "FIL BLEU - Storie di Milano lungo la M4" di Giacinta Cavagna di Gualdana e Carola Guaineri

FIL BLEU - Storie di Milano lungo la M4 di Giacinta Cavagna di Gualdana e Carola Guaineri.

Un libro che racconta Milano attraverso un’inedita prospettiva, seguendo il tracciato di una nuova linea della metropolitana, fermata dopo fermata. Il sodalizio tra una storica dell’arte e una fotografa diventa un viaggio per scoprire nuove angolazioni da cui osservare la città. Ne scaturisce un libro in cui le parole e le immagini coabitano felicemente completandosi a vicenda. Mentre la talpa scavava nelle viscere della città, le autrici hanno percorso con le loro biciclette le strade tra periferia, centro e di nuovo periferia. Hanno osservato gli spazi, bussato a porte, conversato con le persone, scoperto nuove realtà. Il libro si compone infatti proprio come un viaggio lungo le stazioni della M4, la linea blu. Per ogni fermata, con parole e con scatti fotografici, Giacinta Cavagna di Gualdana e Carola Guaineri si soffermano ad osservare e descrivere i luoghi e le storie. Tra i cortili di Giambellino e Segneri, conversando con un libraio, un chirurgo, una suora, osservando la facciata della casa di Gio Ponti in via Dezza e il cancello liberty di Alessandro Mazzuccotelli in Casa Moneta, si instaura con la città un dialogo caratterizzato da curiosità, attenzione, passione.

Fermata Bolivar

STORIE - “IO PERSONALMENTE MI DIVERTO”: LA MILANO DI LAZZARO SANTANDREA, ALTER EGO DI PINKETTS

A Pinketts, “che ha vissuto, raccontato, amato e camminato la sua città come forse nessun altro”.

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 ***

Giacinta, il profumo del tuo nome mi sale alle narici e m'inebria come il tuo progetto di cui ci parlasti un anno fa, ora diventato realtà. Allora, ti dissi: «Sarà bello proporre e parlare di Andrea. Qualsiasi informazione tu desideri, noi, dell'Associazione Pinketts, siamo felicemente disponibili e di buzzo buono, come direbbe Andrea. L'idea della fermata Bolivar mi entusiasma».

Da anni non prendo l'autobus per questione di salute ma ancora sento l'annuncio di fermata "...qui Piazza Bolivar", qui è passato il mondo. Cara Giacinta, questa fermata è tutta la piazza che ne è pregna di risate, di incertezze, di imprevisti. Un piccolo particolare che tu ancora non conosci: la mia casa, la nostra casa, Lorenteggio 5 quarto piano, è invasa da campanelli di tutte le fogge, di tutte le epoche, che io ho raccolto durante tutta la mia lunga vita. 

Mi chiedevi, Andrea: «Mamma ma a cosa ti servono tutti questi campanelli?» E io rispondevo: «Il loro suono mi dona allegria.» Anche se tu dicevi «Mamma, sei ancora una bimba!» mi piaceva che mi definissi ancora fresca nel cuore, nei pensieri, nelle speranze. 

Di una signora ho qualche filo bianco ma la perdita di Andrea mi ha procurato un'amputazione che il tempo non alleggerisce ma acuisce. Mi consola il fatto fisico mentre lo spirito rimane uguale.

Aspetto con te e con Andrea... qui, piazza Bolivar è un concerto di trillio e di scampanellio, è il concerto della memoria che inneggia a un habitat fatto di amore, di ricordi, di certezze. Sono io, siamo noi, che ringraziamo. E l'eco dei campanelli canta ancora "Qui, piazza Bolivar!".


Primo Novembre 2022

La città silente. 

L'aria è rarefatta. L'attesa della nebbia ci avvolge dalle foto sbiadite che fluttuano vapori indefiniti che emanano dalle ultime dimore di chi non ha più voce. Le lampade votive sono come fuochi d'artificio tardivi.

Non mi piace questo silenzio, ero abituata al frastuono eccitante ed eccitato che la tua voce mi provocava, che narrava il mistero della vita e dei non ritorni. Vorrei risentire la tua risata, la tua voce tonante, i virtuosismi della tua parola.

Così, io sfido il passato e come per magia vado incontro al tempo passato... e siamo al primo novembre. Accadeva qualcosa, qualcosa accade. Un quaderno attirava il mio sguardo, piccolo, nero, intonso, solitario.

Le pagine bianche erano in attesa della tua penna frenetica, dei vagabondaggi dei tuoi personaggi immaginifici che catturavano la nostra attenzione, tentando di seguirli nei loro voli fantastici per trarne il bisogno fisico, spirituale, emotivo, di godere un po' della loro assenza e il gioco era fatto. Era bello era magico.

Così, il primo novembre voglio ritrovare quella magia per risentire il fervore che ti animava dando lievito alla tua creatività, dando respiro a tutta l'aria compressa per esprimersi e per poter comunicare tutta quella lucidità umana, di vita, di cultura, di ironia, di emotività che tu sai esprimere.

Meraviglioso è il potere del serbatoio della memoria e i colori sono sfavillanti e soprannaturali che, col passar del tempo, con i ricordi, non impallidiscono ma rinvigoriscono. Mi ha accompagnato tutta la vita facendo fremere il mio cuore, il sussurro del nostro grande poeta Pasolini e il suo sublime amore per la madre, sentimento che era condiviso da me e mio figlio, allora era un sentimento completo, invasivo, totale.

...

Tu sei la sola al mondo che sa, del mio cuore,
ciò che è stato sempre, prima d’ogni altro amore.

Per questo devo dirti ciò ch’è orrendo conoscere:
è dentro la tua grazia che nasce la mia angoscia.

Sei insostituibile. Per questo è dannata
alla solitudine la vita che mi hai data.

(Da Supplica a mia madre di Pier Paolo Pasolini)


Ti supplico mamma, dicevi, non morire. Invece.

Però, il tuo genio balza nell'aria, svetta verso il cielo, sei tu Andrea, ti ritrovo. 

Eri tu a riscaldare le mie viscere.

Primo novembre, la città silente oggi è lussuriosa di fiori, di colori, di memorie d'amore, è il giardino degli assenti viventi.

CREERO' UN FIORE...

E mi è dolce, quando le mie elucubrazioni mentali me lo consentono, lasciare le briglie sciolte alla mia fantasia, alla mia immaginazione che mi porta oltre i confini della realtà e mi fa intravedere pure l'inesistente, forse il nulla, che per me, figlia della luna, è il tutto. Un tutto che svanisce fra le mani immateriali come le ali di una farfalla che dopo lungo vagare finalmente è approdata a un lido sicuro, la mia mano, che la coglie trepida, ansiosa di darle amore, sicurezza, un calore, riposo. Attenta a non sfiorarle le ali perché non perdano il loro splendore.

Così anche la mia mente vagabonda annulla il tempo che l'ha preceduta e cancella le ombre dolorose, le pene, i ricordi, la solitudine, quanto di nefasto del passato ha annullato la mia gioia di vivere. Ma quale gioia?! Non nasce nemmeno un fiore che io possa donarvi per creare un attimo, solo un attimo di comunione spirituale che ci unisca.

Ed ecco allora che in queste strade prive di calore umano la mia immaginazione ha uno slancio verso il cielo, dove nasce un fiore, uno per te e uno per tutti quelli che ne sono privi.

Mi palpita nel cuore questo simbolo di amore, paga di questo dono, frutto dell'amore e delle reminiscenze nostalgiche del cuore.

01 Novembre 2022

Mirella M. Pinketts

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Andrea G. Pinketts inizia a scrivere il suo primo romanzo 'Lazzaro, vieni fuori' il primo novembre 1984. Da qui la tradizione vuole che ogni suo libro veda la prima luce il giorno dei santi.
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@PinkettsLibri  
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TUTTI GLI AMORI SONO NOSTRI

Carmelo Abbate riversa il fiume in piena di sentimenti che ti travolge la vita, un uragano di emozioni che possono travolgere tutto, sia nel bene che nel male, e turbare il tuo equilibrio.

Caro Carmelo, mi piace il tuo nome come mi piace e mi affascina la tua terra così ricca di fermenti, di umori, di passione.

Io sono una creatura nordica ma invidio la ricchezza dei sentimenti che, da voi, solo l'aria che respirate è piena di una linfa vitale.

Volevo parlarti, se me lo consenti, del tuo libro....

Lo tocco, lo sfoglio, in attesa di leggerlo.

Mi intenerisce la tua dedica che parla di mio figlio attribuendogli quell'aggettivo meraviglioso tipico della sua personalità che emerge quando scrive e pensa, quando vive, quando se ne è andato. Grazie di averlo ricordato.

E' un'estate sconvolgente, odio l'estate come cantava ai suoi tempi Bruno Martino con la sua voce di interpretazione che ti portava a condividere la sua fatica di vivere in questa stagione così sudaticcia.

Ho anche apprezzato le parole di Luciano Ligabue che sono nel libro "L'amore conta, l'amore conta. Conosci un altro modo per fregar la morte?".

Andrea ci è riuscito a fregare la morte, io non gli ho mai detto addio e tutto è rimasto qui come prima, la sua fama che non si è distolta ma ha preso nuovo vigore e vivacità. Lui ha fregato la morte, con il tuo libro caro Carmelo hai ridato vita e splendore alla genialità di Andrea, al suo essere uomo, bambino, fanciullo, alla sua sensibilità che ritrovo nei sui scritti e nei suoi interventi.

La parola. Le parole comprensive che perdono qualche volta il loro significato eccetto quando parlano di perdono, accade raramente.

Le stelle illuminano la via, sono una vecchia signora, Carmelo, il tempo non mi è stato clemente ma porto nel cuore l'innocenza, la purezza, la freschezza dei sentimenti che anche tu possiedi: permettimi di leggere le tue storie di vita, d'amore, di mistero drammatico cercando di capire, ricordare, perdonare.

Grazie di questo dono, ancora una volta, espressione del tuo sentimento per Andrea.

10 luglio 2022

LA VOCE NARRANTE - Luca Caglio, Corriere della Sera - 13 agosto 2022

LA VOCE NARRANTE

Io chiudo gli occhi e ascolto. Le tue parole, caro, sono una carezza, una melodia che ridona a mio figlio la vita, l'entusiasmo, la cultura, anche la sua presenza fisica, benché sembri impossibile. Qualità che emergono in chi aveva la buona ventura di conoscerlo, di frequentarlo, di leggerlo nella sua cultura avvincente e trascinante.

Ti ho già ringraziato, caro Luca, al telefono ma mi sembrava un po' riduttivo. Ti ho ringraziato dell'articolo sul Corriere della Sera del 13 agosto e ringrazio anche la tua collega fotografa che vorrà corredare il tuo articolo di immagini che riflettono Andrea.

Che rivela il tuo articolo oltre la personalità di mio figlio ma ne trascrive il cammino talvolta movimentato ma sempre e comunque inteso a conoscere a capire a costruire la sua cultura che lo ha premiato con le varie onorificenze ricevute.

Tu, caro Luca, passami la confidenza del tu, spero che promuoverai questo rapporto in cui la sua vita e qualche tua collaborazione con l'Associazione Culturale Andrea G. Pinketts che io mi onoro di presiedere in modo da creare un rapporto più intimo più personale.

Il tuo articolo inaspettato ha segnato il momento magico nel quale Andrea si è affacciato alla vita che ha ravivvato le promesse del suo ricordo, il suo essere, i suoi modelli di vita, come capita sovente.

Ti abbraccio e il mio grazie, mio e di Andrea che sorride compiaciuto da tanta gloria.

Noi  Pinketts non amiamo piangere ma costruire e questo pensiero lo riferiamo anche a te. Vuoi farne parte anche tu?

Milano, 13 agosto 2022

Mirella Marabese Pinketts
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Segue link edizione online:
https://milano.corriere.it/notizie/cronaca/22_agosto_12/andrea-g-pinketts-romanzi-bar-notti-artisti-dedica-mamma-mirella-il-giorno-suo-compleanno-5b1427d4-1a45-11ed-a4ca-24dcb38fef4d.shtml?&appunica=true&app_v1=true

Giacomo Papi, 'Italica'

Novecento, secolo palpitante di genialità, di cultura, di revival letterario e profetico.

Sono una donna fortunata, nel libro di Giacomo Papi, 'Italica' edito da Rizzoli, che mi arriva dal Festival AGNOIR di Andora, dove, ancora una volta, Andrea è stato ricordato e dove è stato presentato il libro prestigioso di Giacomo che con i suoi trenta racconti scelti dai nostri scrittori più famosi, ho rivisto tanti nomi conosciuti, letti e divorati in passato, che fanno parte del mio bagaglio culturale.

Leggendo ho ritrovato, mai spariti dalla mia memoria, La signorina e l'accalappianani, un racconto di Andrea che va oltre il valore letterario. E' singolare, è originale, dove ha preso dimora la fantasia scintillante e pirotecnica di Andrea. Nonostante alcuni personaggi siano sopra le righe, si parla anche d'amore. Un amore parossistico ma che, non per questo, non rende il suo lato romantico. Il primo amplesso d'amore della nana vergine è furioso e di un furioso partner, che la lascia incredula, tanto da provocare in lei uno stupore attonito, poco compiaciuto. Il bisogno carnale di fissare quell'amplesso nel tempo perché il turgore della pelle non si illividisca. L'estasi animalesca del momento. Ma era questo il tanto vagheggiato amore?

Il sudore condiviso, la quiete dopo la tempesta, la prese così viva da prendere una decisione drastica e senza ritorno. Tagliò la gola al partner e attese che il sangue fluisse da quel corpo, Carpe diem.

 

Nomi celebri sono impressi sulla carta.

Una carrellata di celebrità, alcuni presenti, altri un po' appannati dalla memoria.

Curzio Malaparte, la cui malinconia e solitudine ha lasciato in me un eco visibile nel tempo; Italo Calvino; Piero Chiara, con i suoi personaggi, magari talvolta lascivi, pittoreschi; Giorgio Scerbanenco che diede alla scrittura di Andrea un'impronta indelebile; Natalia Ginzburg che ci ha irretiti nelle sue saghe familiari, e tanti altri nomi celebri che ci hanno donato emozioni, il cui ricordo e contenuto umano sono lezioni di letteratura.

C'è però un nome che mi attrae, mi avvince, mi strega. E' Dino Buzzati.

I Sessanti Racconti sono un libro ormai sciupato e ingiallito dal tempo. Hanno la mia impronta che ne serba il ricordo. Questo libro mi ha accompagnato per tutta la mia lunga vita. Inviti superflui (da Sessanta racconti) è il disagio di vivere, della delusione di rapporti . Dino è un poeta delle montagne che era accompagnato, in questo racconto, da una compagna la quale non vede, non palpita, non gioisce dei fili d'erba, delle nuvole che giocano creando immagini, stati d'animo.

Una compagna che parla un altro linguaggio. La sua donna non vede, non gioisce, per questo gli inviti sono superflui.

Ognuno di noi ha sofferto di questi inviti che il partner, sia uomo o donna, ha ritenuto superfli.

E' cosi bello sognare e vedere quello che gli altri non possono vedere, ma è un privilegio che ci fa sentire ancora più soli.

Io amo il mistero di Buzzati, la sua magia. Quando mancò Dino, Montanelli scrisse: "Come faremo a vivere senza le sue fate, i suoi folletti, i suoi gnomi, le sue magie", ma Dino non è andato via, come Andrea, come quasi tutti i nomi elencati nel libro di Giacomo. 

Caro Giacomo, ti ringrazio del dono gentile e della dedica affettuosa. Sì, Andrea è un grande scrittore. Ti abbraccio, la mamma.

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Italica

Giacomo Papi

Il Novecento in trenta racconti(e tre profezie)

Da Calvino a Tondelli,i nostri ultimicent’anni raccontatidai grandi maestri.

“La letteratura è un documento. Questo libro ricapitola gli ultimi cent’anni attraverso le voci e gli sguardi degli scrittori e delle scrittrici che erano vivi mentre quei fatti accadevano.” Si apre così questa vertiginosa raccolta in cui Giacomo Papi intreccia trenta magnifici racconti italiani con una sua personale lettura del Novecento, fatta anche di statistiche, relazioni parlamentari, articoli di giornale. Leggeremo capolavori di Natalia Ginzburg, Primo Levi, Elsa Morante, Malaparte, Fenoglio o Ortese, e intanto scopriremo quanto costava un chilo di pane nel 1958 o quanto erano alti i soldati di leva nel 1940, quante case si costruirono negli anni Cinquanta e quante donne si laurearono nei Sessanta. Ascolteremo un transgender parlarci della sua vita in un racconto di Mario Soldati del 1929, conosceremo le prostitute spedite in manicomio nel Ventennio e andremo in gita con Fantozzi alla Fiera di Milano. Incontreremo autrici di grande interesse letterario, come Mura, Paola Masino, Anna Rinonapoli, Leda Muccini e Rosa Rosà.La Grande guerra, il fascismo, le leggi razziali, la Liberazione e la Repubblica, la riforma agraria, le fabbriche e gli impiegati, la legge Merlin, la mafia, il calcio, i computer, la pillola, il terrorismo, l’eroina, la valanga di Mani pulite fino alle navi cariche di migranti. Tutto questo, e molto altro, ha segnato il Novecento e continua a condizionarci perché fa parte di noi. E come in un film in bianco e nero che pian piano, mentre la pellicola scorre, diventa a colori, Giacomo Papi ci accompagna lungo il secolo fino alle tre profezie finali, dove appare il nostro presente.

 

Oggi, 12 agosto, nasceva Andrea.

È il dodici di agosto.

La tua Milano, la nostra Milano, è avvolta in un silenzio irreale. Sembra immersa in una nuvola.

Non ti piaceva il silenzio, Andrea.

Dove sei ora, credo che il silenzio non esista.

È animato da un trionfo di ricordi, dalle presenze, dalle mille voci che danno vita all'etere e lo rendono palpitante come un cuore che pulsa. Sei tu, Andrea, con tutti gli affetti, gli amori, che hanno dato spazio alla tua vita?

Lo scintillio delle stelle. Non si spengono queste stelle, bambino mio.

La loro voce è abbacinata come i ricordi di chi ti ha amato, come il rimpianto di chi è rimasto, come la nostalgia che fa male al cuore.

Non passa, sai, la nostalgia.

Io credevo, come è facile credere e illudersi, che quella mancanza lascerà il posto a un tranquillo dolore senza spine.

Non esiste, è un luogo comune che il tempo sia un grande medico, una mano presa come una carezza leggera rendendo i suoi spazi accettabili, come sopiti.

Vedi, invero, il tempo invece acuisce le distanze, affila i suoi aculei penetrando nelle ferite lacerandole senza pietà e senza la possibilità di essere rimarginate.

Lo sgomento nel quale ci hai lasciati, la perdita della tua vitalità vivifica, l'eco trionfante della tua voce, delle tue risate, come amavi ridere! Nella tua filosofia di vita, come tu la volevi, come l'hai vissuta.

Oggi, dodici agosto, la nostalgia ha prevalso sullo sgomento, sulla mancanza.

È un pozzo senza fondo. Perdonami.

Che il cielo ti doni, della mamma i sospiri, della tua quiete la nostra quiete.