Non è stato un distacco, non è stato un addio, solo un momento di nostalgia

Il paradiso non esiste, non è un luogo, non ha limiti, non ha confini, non ha pareti. È uno stato d’animo dentro di noi.

Se facciamo una riflessione: se c’è, ci aiuta ad atti di generosità, di comprensione umana, di tolleranza, di perdono di pazienza. Come si presenta? Se non c’è il silenzio, l’egoismo, l’avarizia, la maldicenza. Aiutaci paradiso! 

Ci guarda dall’alto ma è anche accanto a noi, presenza invisibile ma che non ci fa sentire soli appena ascoltiamo la sua voce che si chiama coscienza.

Ma sì, d’altra parte è uno scherzo delle nuvole che amano giocare fondendosi abbracciandosi una all’altra a guardare la vita, il futuro, il tempo a venire. 

Il paradiso è dentro di noi, nei nostri momenti di bontà, di generosità, di slanci emotivi ma oggi ventiquattro dicembre il paradiso è muto, nelle nuvole c’è un silenzio che mi sgomenta: è l’attesa, qualcosa che avverrà, che muterà il nostro destino e le nostre attese. L’attesa è lunga ma palpita come il pigolio di un uccellino appena nato.

Laggiù sulla terra che è invasa da grida di lamenti e urla derivate dalla paura intorno, le case crollano lasciando scheletri di un vissuto che non esiste e dove un bimbo non potrebbe sognare un desco disgregato sul quale nessuno mai potrà più riunire la famiglia. Il terreno dissestato è il pericolo di cadere, il mescolarsi alle macerie e completa quest’apocalisse di distruzione. Qualche ombra cerca ansiosa un po’ del paradiso che ha lasciato e che non ritroverà, le mani si piegano in due in un’inutile ricerca.

È la guerra dove ha preso dimora la cattiveria più infame, il desiderio di possesso di una terra benedetta; dove ha preso dimora la violenza e la volontà malefica di recidere senza pietà, di sterminare l’anelito alla libertà anche per la propria terra, il rispetto per le proprie memorie. È la guerra, è un annullamento del paradiso di cancellare tanta iniquità.

È il venticinque dicembre, il paradiso tace, non arrivano suoni e canti di angeli, il silenzio delle arpe e dei liuti, ma gli occhi di Dio hanno il colore dell’acqua, le ombre vi nuotano formando immagini del tempo passato, del presente e del futuro. I loro tentativi di materializzarsi per dare ai propri cari dei tentativi di comunicazione falliscono e si allontanano fluttuando nell’infinito. Ma dove accadono i miracoli?

Allora il paradiso esplode in una miriade di colori, le stelle brillano di luce divina, giocano con gli astri e tutti i pianeti mentre il destino degli uomini prende forma e speranza.

Il sorriso di Dio si fonde in questa luce e nel colore del suo cielo, del suo regno; gli angeli danno voce alle arpe e ai liuti, musiche e canti celestiali emanano l’incanto divino.

È il venticinque dicembre, un infante nudo trova nel fiato di un bue e di un asinello il calore per sperare. La mangiatoia dove si è sgravata Maria è come un cuscino di colombe bianche che con lo sfarfallio delle loro ali emanano un avvolgente profumo d’incenso. È il venticinque del dodici, ci inchiniamo riverenti.

 

Il venticinque dicembre è anche una data che la memoria non attutisce, che infierisce negli anni dei ricordi, rumori, risa, strepitio di pacchi, dono di chi magari di memoria un po’ distratta ha dato come dono e accade.

Io mi metto in un silenzio che mi accarezza leggero come una libellula vagabonda e nel silenzio tu taci. Sei tu, io sento la tua carezza che mi sfiora l’anima che si protende in uno spasimo d’amore. E ricordo e rammemoro e sorrido.

Ricordo i nostri natali mio amato figlio, le tue attese gioiose e infantili, i tuoi “Oooh!” di meraviglia nello svolgere i regali che la follia di tua madre ti portava. Natali diversi, epoche diverse, gente diversa, tutto diverso. Ora nelle strade, nelle case, non più; ma nella mia anima s’insinua un palpito che mi porta in alto, sempre più su. Si chiama nostalgia.

Allora, angeli, cherubini, arpe, creature celesti che ti osannano; il paradiso c’è mio amato figlio, è una nuvola armoniosa che gioca in volteggi esoterici con scatti tutti nuovi.

Il tuo sorriso, la tua intelligenza, la tua innocenza, il grande potere evocativo della tua scrittura. Sei tu, ti vedo, ti sento, ma gli spazi celesti giocano nel nostro ritrovarci.

Ma non è stato un distacco, non è stato un addio, solo un momento di nostalgia.