E’ una giornata di folle vento. Le foglie, che stanno appena
nascendo, cadono in questa primavera bizzarra e lontana dai nostri ricordi.
Penso alla nebbia, quella coltre protettiva e consolatoria che ci ha
accompagnato nel nostro passato e che oggi non c’è più. Rivela solo
l’atmosfera, in una luce accecante: il nostro oggi, il pericolo, questa guerra
che è incombente ed è un punto di domanda per la nostra sopravvivenza.
La nebbia, perché protettiva? E’ come la coperta di Linus. Potrà sembrare un paradosso perché ci fa vedere, intravedere o non vedere affatto, la qual cosa ha il suo fascino, sottile, misterioso. E’ consolatoria perché nasconde gli aspetti negativi delle persone, degli avvenimenti. La nebbia ci fa sognare.
Enrico Vanzina con il quale ho avuto il piacere di parlare attraverso una telefonata, è l’autore di un bellissimo libro “Una giornata di nebbia a Milano”. Era stato preceduto da un articolo su Il Giorno, a firma di Irene Sparacello, del 25 febbraio scorso. Ebbi una sorpresa che mi scaldò il cuore:
“Il personaggio di Finnekens è ispirato a Andrea Pinketts?
«Sì, ispirato a lui, ma non è lui. Non mi sono permesso di entrare nella sua vita. Con Andrea si andava a mangiare assieme. Una volta siamo andati a vedere dove si giocava la pelota basca, vicino via Palermo,- ora è luogo di eventi. Mi piaceva il suo lato coraggioso, anticonformista. Pinketts mi ha fatto scoprire quanto c'è di misterioso dentro a una città così apparentemente regolare e ordinata»”
In questo romanzo la letteratura è protagonista. Soverchia le regole del classico topos giallo dove è un commissario, un detective o un’indagine di polizia a risolvere il caso. Qui è lo scrittore Finnekens, nome mutuato da “Finnegans wake” di James Joyce e liberamente ispirato ad Andrea G. Pinketts, a mettere a disposizione tutta la sua cultura enciclopedica, per svelare il delitto. E i libri di Joyce, Proust, Gadda, Scerbanenco, Edgard Allan Poe e Pinketts per citarne solo alcuni, divengono i veri protagonisti di tutto il romanzo, un po’ come dire siamo quel che leggiamo ma anche leggiamo quel che siamo.
Ed io, immodestamente, leggo un libro al giorno, sempre di notte. Non posso che amarlo questo libro che rispolvera i grandi libri del passato e non.
E allora, in un universo impossibile, immagino Enrico dialogare con Andrea in uno scambio culturale spumeggiante, magari sorbendo qualche volta un calice di Champagne, magari due, almeno da parte di Andrea.
“Una giornata di nebbia a Milano” si consuma in un delitto, in una Milano avvolta dalla nebbia che affascina chi non la conosce e chi la immagina, forse la sogna. Oltre la trama si ritrova l’atmosfera magica delle strade di Milano, dei vicoli, dei misteri, delle atmosfere fluttuanti di sentimenti nascosti, rivelati da un finale a sorpresa, degno dei gialli migliori.
Io l’ho divorato in una notte. Bevuto, tanto per stare nel vissuto di Andrea.
Lo rileggerò, come è mia consuetudine, per meglio godere la magia di ogni parola, di ogni pagina, di ogni respiro. Un cadeau, con il fascino di un ricordo speciale, offerto a Enrico Vanzina, romano de nascita. E’ tratto dalla poesia di Trilussa ‘Per cui’, dice:
Perché ciavemo tutti in fonno ar core
la cantilena d'un ricordo antico
lasciato da una gioja o da un dolore.
Io, quella mia, me la risento spesso:
ve la potrei ridì... ma nu' la dico.
Nun faccio er cantastorie de me stesso.
Questo dono di Andrea viene da molto lontano, oltre lo spazio e il tempo.
Mio figlio, Enrico, è felice di averla rincontrata, io di averla conosciuta.